lunedì 30 dicembre 2013

Calcio e persone cattive dentro

I genitori della specie “seminatori di zizzania” sono cosa brutta e cattiva. Spesso cambiano più società di calcio per divergenze insanabili con altri genitori e/o la dirigenza. Nei casi estremi arrivano a creare così tanti problemi da fare salire la tensione e provocare la rissa. Hanno sempre ragione. Sono gli altri a commettere errori sempre e in ogni caso. Sbagliano i genitori dei compagni di squadra del figlio, sbagliano gli altri baby giocatori, sbaglia il mister, sbaglia tutta la Soccer Kids. Sono convinti che il loro bambino sia un campioncino in erba, perfetto, infallibile, inarrestabile. Lodano continuamente le sue grandi qualità e soprattutto sfiancano mister e dirigenti con racconti non richiesti sulle sue prodezze giornaliere. Ogni pretesto può diventare utile per creare inimicizie o dissapori insanabili. Godono a sparlare anche i singoli bambini della squadra con giudizi che spesso lasciano senza parole: quello gioca più degli altri e fa quello che vuole perché suo papà è un facoltoso imprenditore; l’altro è negato per il calcio ma lo tengono in campo perché i genitori sono amici degli amici; la squadra non sta girando bene per colpa di quel bambino; il mister non capisce nulla; quel papà chissà chi si crede di essere; quella mamma si veste e si comporta in maniera equivoca. Gli esempi potrebbero essere infiniti. Ma bastano questi. I seminatori di zizzania sono persone cattive dentro che avvelenano l’ambiente del calcio giovanile, a volte in maniera capziosa come un gas nocivo di cui non si avverte l’odore. Agiscono lentamente senza rilevare la vera natura. Nelle società non strutturate o più oratoriali non si contengono, seminano zizzania a iosa e fanno esplodere litigi per ogni cosa. Nelle realtà più strutturate, competitive e selettive invece stanno più attenti ma prima o poi colpiscono (continua).

mercoledì 25 dicembre 2013

I seminatori di zizzania

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio, nelle file della storica Soccer Kids. Una delle piaghe più brutte del calcio giovanile sono i “seminatori di zizzania”, quella particolare specie di genitori che vivono solo per creare dissidi tra componenti della squadra, per rompere la positività dei rapporti spontanei che si creano tra adulti che per seguire i figli ogni settimana trascorrono molte ore insieme. È nella loro natura, esistono per creare contrasti. Prima o poi colpiscono e non guardano in faccia nessuno. Non si fermano neanche davanti a un bambino di otto anni che se necessario fanno a pezzi con commenti velenosi sfruttando ogni occasione utile per metterlo in cattiva luce. Sono torbidi anche nella vita privata fuori dal campo: i seminatori di zizzania litigano con il proprio medico di base, con il postino, con i parenti, con i genitori dei compagni di classe del figlio, con il prete dell’oratorio, con i vicini di casa e se avessero l’occasione litigherebbero anche con i marziani. Visto che in questa terapia si parla di calcio, posso dirvi con sicurezza che questa specie di genitori è bravissima a scatenare le risse tra gli spalti. Roba da meritare un oscar se si trattasse di un film. (continua) 

venerdì 20 dicembre 2013

Altro che Bale, calciatore da 100 milioni

Nell'ultima partita il papà che si crede un esperto di calcio ha superato se stesso. Sin dal primo tempo ha iniziato a lamentarsi del Mister: “Che sta facendo? Non ha messo in campo la squadra migliore. I ragazzi non riescono a salire. Dovrebbe cambiare i due davanti. Allora? Vuole perdere la partita?”. È inutile rilevare che qualsiasi formazione va benissimo a prescindere quando dentro c’è suo figlio che lui vede già come un futuro professionista conteso dai club più importanti. Altro che Gareth Bale, il giocatore che il Real Madrid ha acquistato sborsando 100 milioni di euro, la cifra più alta nella storia del calcio. Nonostante la partita fosse stata discreta e chiusa con un netto vantaggio della Soccer Kids (4 a 1), l'espertone non è rimasto contento delle scelte dell’allenatore. Inoltre, per lui i figli degli altri hanno giocato malissimo, tanto da dire ad alta voce senza mezzi termini che qualcuno meriterebbe di finire in panchina per il resto della stagione o addirittura di esser cacciato dalla squadra. Ci vuole pazienza e anche una buona scorta di scatole di Malox di fronte all'insostenibile pesantezza di certi papà. Ho terminato. Vi racconterò altre esperienze alla prossima seduta di terapia. 

martedì 17 dicembre 2013

L’insostenibile pesantezza dell’espertone

Il papà che si sente allenatore dentro vorrebbe decidere come organizzare gli allenamenti, quali baby calciatori mettere in campo in occasione delle partite, chi selezionare e chi invece addirittura mandare a casa senza pensarci due volte. Lo vedi sempre attaccato alla rete, con la faccia che preme contro le maglie di ferro che gli lasciano dei segni rossi. Urla, si agita e infastidisce tantissimo. Sulla fronte inutilmente spaziosa, in cui scende a seconda del vento il residuo di un ciuffo di gioventù, si dovrebbe incidere la scritta di avvertenza: “Soggetto socialmente dannoso perché può provocare seri danni alla serenità altrui”. Con la faccia seria di chi vuole darsi un tono, affonda le mani nel cappotto e lancia strali a destra a manca. Nessuno capisce niente, lui invece è il super esperto di calcio, uno che se volesse potrebbe dispensare consigli anche alle squadre di Serie A. Un tipo così non s’incontra neanche nel peggior bar di Caracas. (continua)

venerdì 13 dicembre 2013

Il papà che ne sa più del Mister

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio, nelle file della storica Soccer Kids. In questa seduta di terapia voglio condividere con voi la storia del genitore - allenatore, quello che qualunque cosa faccia il Mister non va bene. Questo espertone è convinto di sapere tutto, di poter dare consigli tecnici indispensabili per rendere la squadra più forte e competitiva. Ricordo sempre che stiamo parlando della categoria Pulcini, di bambini di otto anni che hanno la passione del calcio e cercano di fare del loro meglio per crescere e imparare le tecniche basilari. Questo papà “che sa tutto lui”, è pesante come una palla di piombo, disturba gli altri genitori, lascia commenti e consigli non richiesti, critica continuamente mister ma anche i singoli giocatori, tranne suo figlio. Ai suoi occhi gioca sempre bene e anche se dovesse commettere qualche errore, la colpa sarebbe sicuramente di un altro compagno di squadra da usare all’occorrenza come capro espiatorio. (continua) 

lunedì 9 dicembre 2013

Una bruttissima giornata di calcio

Piero, il giovane difensore strattonato e offeso da due genitori invasati è rimasto immobile in mezzo al campo tra i propri compagni di squadra, tutti ammutoliti e con la faccia bianca per la paura. Prima che i due pazzi fossero raggiunti e bloccati da un nutrito gruppo di allenatori, dirigenti e qualche genitore, sono riusciti a riempire di schiaffoni il compagno di squadra dei loro figli. In campo poi sono arrivati i genitori di Piero, la madre si è diretta verso il figlio in lacrime e il marito come un treno merci verso i due aggressori. È stata dura riportare la calma, tra insulti, spintoni, sputi e le facce sconvolte dei giovani calciatori e degli altri genitori presenti in campo e negli spalti.  È stato necessario l’arrivo dei carabinieri per sedare gli animi. I genitori del ragazzino picchiato hanno sporto querela per lesioni personali. Un’altra giornata di sport è stata rovinata da due adulti idioti, violenti ed esaltati che non hanno esitato ad aggredire un ragazzino perché in campo non avrebbe fatto il suo dovere compromettendo l’esito della partita. È stato un evento molto traumatico per tutti e ci vorrà del tempo per superarlo. Ci aggiorneremo alla prossima seduta

venerdì 6 dicembre 2013

Padri che irrompono in campo

Quando l’arbitro ha fischiato il termine della partita, si è sentito un boato. La finale degli esordienti è terminata 1 a 4. I genitori della squadra vincente hanno iniziato a gridare, sventolare striscioni, intonare cori da stadio. Mentre quelli della squadra sconfitta sono rimasti in silenzio e con la testa bassa, tranne due papà di circa 30 anni che con la faccia rossa, gli occhi a palla e un ghigno sinistro si sono diretti con decisione verso la rete di protezione del campo. Luca ed io siamo stati gli unici a notarli perché ci sono passati davanti. Uno era magro e alto, l’altro un brevilineo di almeno un quintale. Li abbiamo seguiti con lo sguardo attonito. Hanno percorso tutto il perimetro del campo a ridosso della rete fino a trovare un varco.  Sono entrati dentro e correndo si sono diretti indisturbati verso i ragazzini chiamando Piero, il difensore con la magia numero 4 della squadra dei loro figli. Tutto è accaduto troppo in fretta. Il papà più grosso l’ha afferrato per la maglietta agitandolo come un peluche e gridando: “Maledetto! Ci hai fatto perdere la partita. Sei negato! Ti sei fatto saltare come un birillo”. (continua) 

martedì 3 dicembre 2013

Volano ceffoni per chi gioca male

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Non potete immaginare che cosa è accaduto questa settimana. Sono ancora traumatizzato e mi riesce difficile trovare le parole giuste per iniziare questa seduta. Nei giorni scorsi ho portato Luca a vedere le finali di un torneo prestigioso riservato a diverse categorie delle giovanili. Tutto è andato bene e dopo una lunga serie di partite ci siamo presi una pausa, il tempo di mangiare l’immancabile panino con salamella e sorseggiare una bibita. Con calma siamo poi tornati sugli spalti a seguire l’ultima finale, quella della categoria esordienti. A disputare il primo posto due squadre molto toste e competitive, conosciute e apprezzate nel mondo del calcio giovanile. Il primo tempo è stato equilibrato ed è terminato con un pareggio, un secco uno a uno. Con la ripresa i giocatori della squadra di casa hanno iniziato a innervosirsi, a incepparsi sbagliando anche cose elementari e facendo gonfiare più volte la propria rete dagli avversari. Tutto avrei immaginato, tranne che poco dopo dei genitori invasati avrebbero preso a ceffoni un compagno di squadra dei loro figli, ritenuto reo di aver giocato male e della sonora sconfitta. (continua) 

domenica 1 dicembre 2013

La festa azzurra ed i soliti idioti

Siamo entrati al Meazza e abbiamo raggiunto il nostro settore. Con le facce gongolanti ci siamo goduti per la prima volta lo spettacolo, la bolgia dei tifosi incitare la nazionale italiana. Tutto emozionante ma niente paragonato a quello che accade in occasione delle partite di Serie A, che ho imparato a conoscere nei mesi successivi. La partita contro la Danimarca è stata piacevole e per la gioia del piccolo è terminata 3 a 1 a favore degli azzurri, grazie alle reti di Montolivo, De Rossi e Balotelli. Tutto molto bello. L’unica nota stonata è stata suonata da un gruppo di tifosi che, pur essendo prossimi a un settore pieno di famiglie con bambini, per tutto il tempo della partita hanno cantato cori offensivi e volgari contro diversi giocatori della nazionale, in particolare prendendo di mira la rappresentanza bianconera. Hanno ripetuto infinite volte un ritornello che parlava di un certo Pessotto che finiva sul cruscotto. Essendo un neofita ho chiesto chi fosse questo Pessotto a mio figlio che, in questi anni di attività calcistica nella Soccer Kids è diventato un’enciclopedia vivente sul calcio. Ci ha pensato un attimo e poi mi ha riposto che è stato un giocatore che si è formato nelle giovanili del Milan per chiudere la carriera con la Juventus con cui ha vinto tutto e di cui adesso dovrebbe essere un dirigente sportivo. Dopo la partita ho fatto una ricerca con il mio smartphone ed ho scoperto il dramma di questo giocatore: quello che ha fatto nel 2006 quando tenendo un rosario in mano si è lanciato da una finestra della sede della Juve a Torino atterrando su un’auto posteggiata. È sopravvissuto, di quell'evento non ricorda completamente nulla e oggi conduce una nuova vita come dirigente sportivo. Ho ritenuto non opportuno raccontare questi particolari a Luca e il vero motivo del ritornello sentito allo stadio. Non è ancora il caso di spiegargli fino a che punto possa spingersi l’idiozia di certi (presunti) tifosi. Il vero calcio è un’altra cosa. Non ho voluto rovinare la magia della sua prima partita in uno stadio, per giunta per vedere gli azzurri. Adesso sono stanco, continuerò a raccontarvi altre storie alla prossima seduta.

mercoledì 27 novembre 2013

Conto alla rovescia per la nazionale

Il primo ostacolo è stato trovare i biglietti per vedere allo stadio giocare l’Italia, perché ci siamo mossi un po’ in ritardo. Dopo il fallimento di diversi tentativi on  line, ci ha salvato la biglietteria di un grande centro commerciale. Luca era al settimo cielo. Il suo (e il mio) battessimo in uno stadio sarebbe avvenuto vedendo scendere in campo gli azzurri contro i danesi. In attesa del grande giorno è iniziata tutta la fase preparatoria, dal possibile percorso per raggiungere lo stadio e posteggiare l’auto a cosa fare in caso di situazioni di pericolo. Poi è arrivata la data e ci siamo trovati davanti al Meazza di Milano immersi in un fiume di persone con il tricolore e altri gadget anche molto rumorosi. La prima cosa che ho notato con piacere è stata la presenza di tanti bambini; la seconda i gruppi dei tifosi danesi con i colori della loro squadra aggirarsi ridendo e cantando tra le bancarelle con in mano grandi bottiglie di birra. Pur bevendone quantità industriali restavano innocui e simpatici da vedere. (continua)

domenica 24 novembre 2013

La prima volta a San Siro

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Da quando sono stato contagiato da questa “malattia” sportiva ho imparato a resistere a tutto tranne che alle tentazioni. Ancora una volta mio figlio Luca ha fatto la sua parte e come la goccia scava la pietra (gutta cavat lapidem) è riuscito insistendo, giorno dopo giorno, a convincermi a fare una cosa che non avevo mai fatto prima: acquistare dei biglietti per andare a vedere una partita allo stadio Meazza di Milano e seguire dal vivo una partita di calcio di professionisti. Il piccolo avrebbe voluto vedere la grande sfida tra Milan e Juventus ma in questo caso la mia riposta è stata negativa perché lui non è milanista ed io sono un neofita degli stadi. La sicurezza prima di tutto. Basta poco per finire nel mirino di qualche tifoso esagitato, succede già con molta frequenza perfino durante le partitelle che i bambini giocano in oratorio. In ogni modo, alla fine abbiamo trovato una buona soluzione acquistando i biglietti per vedere “una partita tranquilla”, quella della nazionale italiana contro la Danimarca, valevole per le qualificazioni ai mondiali che giocheranno a Brasile nel 2014. (continua)

martedì 19 novembre 2013

Tutta colpa di tuo figlio!

Anche se oramai da anni mi sono perso nel tunnel del calcio giovanile per seguire il mio Luca, capita sempre qualcosa di assurdo che mi sconvolge. Non tutti hanno accettato che la Soccer Kids abbia avuto un lieve e generale calo di prestazione. Per alcuni i baby giocatori dovrebbero essere sempre al top per conquistare la vetta della classifica. Altre situazioni non sono ammesse. La cosa positiva è che la maggioranza dei genitori ha concordato sul fatto che presto i piccoli torneranno in piena forma. Ho visto però in un angolo del campo un papà scuotere continuamente la testa in segno di negazione, con la faccia rossa e lo sguardo fisso a terra. Gli ho chiesto che cose avesse e lui mi ha risposto: “È vero che la nostra squadra non sta giocando ai soliti alti livelli, soprattutto in questa partita. Abbiamo vinto anche di misura, ma è stata una bruttissima prestazione. Da dimenticare”. Ho capito che non aveva detto tutto perché continuava a tenere lo sguardo basso e a scuotere la testa, allora gli ho detto: “Non ti devi preoccupare. Il mio Luca e molti altri della squadra non hanno dato il massimo ma può accadere. Sono sempre dei bambini. Non è il caso di farne un dramma”. A questo punto lui ha alzato la testa e con tono accusatorio: “Non è vero! Non tutti avranno dato il massimo ma il problema è che quando il tuo Luca non è in forma non gira la squadra. La colpa di quello che sta succedendo è di tuo figlio”. Sono rimasto basito a guardarlo senza riuscire a ribattere. Per fortuna qualche altro genitore è intervenuto al mio posto e gli ha replicato: “Che cazzo stai dicendo? È tutta la squadra a non aver giocato bene. Anche mio figlio, il tuo e altri oggi hanno passeggiato in campo. Sono stati distratti e svogliati. Nonostante ciò, abbiamo vinto cinque a zero e proprio grazie alle poche giocate di Luca. Non credi?”. Il tipo che aveva addossato la colpa a mio figlio è diventato più rosso in faccia, ha borbottato qualcosa di incomprensibile e poi si è allontanato dal gruppo. Non appena suo figlio è uscito dallo spogliatoio, è andato via senza salutare nessuno. Tutto questo mi stanca e a tratti mi rende anche un tantino triste. Sono un papà nel pallone e vi racconterò altre storie la prossima seduta. 

sabato 16 novembre 2013

Non dire mai che bisogna saper perdere!

Una partita si può vincere anche giocando male e l’ultima prestazione della Soccer Kids non è stata eccezionale. Apriti cielo! Non avete idea di che cosa abbia scatenato questa situazione subito dopo la partita incriminata. Molti dei genitori sono entrati subito nel panico, qualche mamma con gli occhi lucidi e la voce strozzata ha detto: “Perché? Cosa sta succedendo ai nostri ragazzi? Se continuano così rischiano di essere raggiunti o superati e perdere il primo posto in classifica”. Altri, tra il serio e il faceto: “Per punizione stasera li manderemo a letto senza cena e gli toglieremo la playstation per una settimana. Cazzo!”. Per fortuna io e altri genitori abbiamo tentato di riportare le cose alla normalità, spiegando che se da un lato è vero che la squadra non ha giocato bene, dall'altro ha vinto lo stesso la partita. Non si tratta della Champions League. Sono soltanto dei nani con le scarpette che stanno imparando a giocare a pallone. Gli alti e i bassi sono normali, succede anche alle più blasonate squadre professionistiche. A me però è scappato qualche commento di troppo perché mi hanno tutti fulminato con lo sguardo quando mi sono permesso di dire: “Non farebbe male ai nostri ragazzi perdere qualche partita. Servirebbe a temprare meglio il loro carattere. Vincere sempre non è positivo. Bisogna anche perdere per imparare ad accettare la sconfitta e ripartire con più carica”. Non è piaciuto proprio questo mio discorso perché, giriamola come vogliamo, per la maggioranza dei genitori anche nel calcio giovanile l’unica cosa che conta è vincere. Non esiste l’opzione sconfitta. E per alcuni genitori ottenere un pareggio è già un evento funesto che provoca una forte depressione per una settimana. (continua)

mercoledì 13 novembre 2013

Con la testa nella classifica

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Ci sono situazioni che non si riescono a comprendere e a superare, neanche con tutte le terapie del mondo ma io voglio continuare a provarci. La cura è fondamentale. Il campionato è avviato e lentamente sta salendo la tensione, ovviamente soltanto tra i genitori. I ragazzini invece se ne fregano della competizione e del posto che occupa la squadra in classifica. A loro interessa soltanto giocare bene, prendere a calci quella maledetta sfera. E probabilmente grazie a questo approccio corretto stanno macinando vittorie, una dopo l’altra. È vero che ogni tanto anche qualcuno dei baby calciatori chiede di conoscere l’andamento della squadra ma così per avere un’idea. I genitori invece sono al settimo cielo perché la Soccer Kids per ora è in testa alla classifica, inseguita a tre punti da distanza da altre due squadre molto competitive. Annotano tutto, raccolgono risultati e dati e qualcuno più schizzato arriva perfino a elaborare delle statistiche generali e individuali. Seguono il campionato dei loro Pulcini con la stessa passione ed esasperazione, con cui sono abituati a seguire quello di Serie A o di B. È un atteggiamento troppo serio e fuori luogo ma è quello che può accadere anche nel mondo del calcio giovanile! (continua)

domenica 10 novembre 2013

Adesso basta!

Il tifoso mezzo uomo, mezzo scimmione, non si era ancora calmato. Non trovandomi più a tiro ha puntato l’arbitro, colpevole a suo avviso di avere penalizzato la squadra del figlio. Non gli è bastato avere quasi provocato una rissa. Ha di nuovo perso la testa. Al giudice di gara ha detto l’impossibile, perfino parole (molto probabilmente offese) in una lingua a me sconosciuta. Poi si è attaccato alla rete iniziando a scuoterla con forza e a urlare. Un animale, una bestia furiosa. La partita è stata sospesa per un quarto d’ora dall'arbitro che ha chiesto espressamente di allontanare l’esagitato dal campo, se necessario anche con l’intervento delle forze dell’ordine. Altrimenti avrebbe assegnato la partita a tavolino alla squadra della Soccer Kids. Diversi genitori e dirigenti della società si sono offerti volontari per convincere bonariamente lo scimmione ad andare via. Non è servito a nulla. I ragazzini hanno seguito tutta la grottesca situazione restando immobili in mezzo al campo, vicino ai loro allenatori. Poi uno di loro si è staccato dai compagni per raggiungere la rete. Con gli occhi lucidi e balbettando si è rivolto allo scimmione e gli ha detto: “Adesso basta! Ti prego papà! Ti prego, lasciaci giocare in pace. Stiamo già perdendo se fai così potrà andare solo peggio”. Quell'essere minaccioso ha scosso la testa e senza emettere più un suono si è diretto barcollando a destra e a manca verso l’uscita dello stadio. Le squadre hanno così potuto riprendere il gioco e terminare la partita. Un’altra brutta giornata di cattivo calcio giovanile ma sempre e solo per colpa degli adulti. Una giornata da cancellare. Non ho più voglia di parlare, vi racconterò altre storie alla prossima seduta.

giovedì 7 novembre 2013

Lancio della sedia

Quella maledetta domenica non ho saputo resistere. Una sorta di figura mitologica ha iniziato a insultarmi con frasi molto volgari ed io non sono rimasto indifferente. Gli ho risposto per le rime alzando progressivamente il tono della voce e gesticolando. Il tipo, sempre più frustato perché nel frattempo la sua squadra aveva preso un altro goal, ha afferrato una sedia di plastica lanciandomela contro. Non mi ha colpito ma la situazione è precipitata. Io ho iniziato a chiamarlo animale, cavernicolo e poi cerebroleso. Un fiume in piena. Lui rosso come un pomodoro stava per saltarmi addosso quando è stato placcato e messo violentemente a terra come nel rugby da un gruppo di genitori che hanno cercato di calmarlo. Secondo me sarebbe stato necessario anche sedarlo con qualche potente sostanza chimica. Una scena vergognosa. A quel punto mi sono reso conto di tutta la tristezza della situazione e con la testa bassa sono andato via verso il bar, ad aspettare che finisse la partita. (continua)

lunedì 4 novembre 2013

Tre passi indietro

Certi tifosi ricordano il film "Il Pianeta delle Scimmie"
Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Voglio iniziare questa seduta confessandovi con dispiacere che ho fatto qualche passo indietro nel tunnel. Nei giorni scorsi ho perso la pazienza durante una partita ed ho litigato con un altro genitore. Il bello è che non stava neanche giocando la squadra di mio figlio. Lui era nello spogliatoio a cambiarsi e poco dopo sarebbe sceso in campo con i suoi compagni. Per ingannare il tempo ho quindi deciso di avvicinarmi alla rete e seguire i movimenti di Andrea, un ragazzo più grande e promettente che conosciamo perché abita nel nostro quartiere e anche lui gioca nella società Soccer Kids. Troppo bravo. Ha segnato in rapida successione tre goal, esaltando i tifosi (me compreso) ma facendo infuriare i genitori della squadra avversaria, in particolare uno così brutto da ricordare uno dei personaggi del film “Il pianete delle scimmie”. Questo essere, mezzo uomo, mezzo orangotango, ha iniziato a bestemmiare contro l’arbitro, poi si è voltato verso di me in maniera minacciosa ed io ho capito troppo tardi di essermi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. (continua)

venerdì 1 novembre 2013

L’uomo che filmava tutto

Alla fine dell’ultima partita del torneo del week end, i nostri bambini sono stati premiati e poi sono andati di corsa negli spogliatoi. Ne ho approfittato per dirigermi al bar e prendere un caffè, ma sono stato bloccato da un papà palestrato, con il corpo pieno di tatuaggi coloratissimi e piercing. Un soggetto davvero inquietante, credetemi. Mi ha guardato fisso negli occhi e poi: “Bravi! I vostri ragazzi giocano molto bene, sembrano di un altro pianeta. Un altro livello, cazzo! Li riprendente vero?”. Gli ho risposto: “In che senso li riprendiamo?”. E lui: “Io riprendo sempre mio figlio. Faccio dei video durante gli allenamenti e le partite. Poi con calma gli faccio rivedere tutto, così insieme commentiamo le cose giuste e le cose sbagliate da correggere. Questa cosa però la faccio solo io, così non funziona. Dovrebbero essere fatta per tutti in modo da correggere e fare girare bene la squadra come la vostra. Il problema è che gli altri genitori non mi danno retta. Dicono che così si perde troppo tempo e che comunque non è il caso”. L’ho guardato con un sguardo incredulo per poi rassicurarlo: “No! Non filmiamo niente. Non c’è bisogno. È tutto frutto di un buon piano di allenamenti e delle doti dei singoli ragazzini”. Lui c’è rimasto un po’ male e prima di andare via ha borbottato: “Non è possibile! Non fanno errori. Non ci credo che non fate i filmini”. Adesso sono stanco. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta

martedì 29 ottobre 2013

La tipa diversamente intelligente

Durante la partita sono stato preso di mira da una mamma tifosa e diversamente intelligente della squadra avversaria della Soccer Kids. Ha iniziato a richiamare la mia attenzione dandomi del tu e invitandomi urlando a spostarmi prima a destra, poi a sinistra, poi ancora avanti e infine indietro. Sosteneva che le coprivo la visuale. In realtà la signora ci vedeva benissimo ma non voleva nessuno davanti. Avrebbe anche potuto salire di un gradino degli spalti e cambiare sedile per seguire meglio la partita ma ha preferito infastidirmi. Ricordo ancora le sue parole: “Senti bello, ti togli davanti?”, “Tu con la giacca marrone, spostati”, “Allora? Hai sentito o sei sordo? Ti devi togliere subito, anzi dei proprio andare via. Non vedo niente”. E poi alla fine con eleganza ha sbottato: “Fai il bravo e togliti dai coglioni”. Ho evitato di risponderle e lentamente mi sono spostato dall'altra parte del campo, lontano anni luce pur di non sentirla più (continua).

giovedì 24 ottobre 2013

Lamentela contro il numero 11

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Ho appena superato un week end turbolento e stancante. La Soccer Kids ha disputato quattro partite ed è successo di tutto. Ma sono rimasto particolarmente colpito da un gruppo agguerrito di mamme, che ha provocato interrottamente dall'inizio alla fine del torneo, coprendo d'ingiurie alternativamente i figli e i genitori delle squadre avversarie. Una di loro, più larga che alta, con capelli ricci, gonfi e disordinati come se in testa le fosse scoppiato un petardo, improvvisamente si è alzata per attaccarsi alla rete. Ha roteato la testa un paio di volte (come si fa in palestra) e poi assumendo un’espressione sinistra ha iniziato a ripetere rivolgendosi a un giocatore della Soccer Kids: "Numero 11 ti devi vergognare, ti devi vergognare. Numero 11, ti devi vergognare. Sei un macellaio. Numero 11 ti devi…". Il bimbo a suo modo di vedere era colpevole di giocare in maniera troppo cattiva, aggressiva. Non smetteva di lamentarsi e di muovere come una gallina impazzita avanti e indietro la testa. Sembrava di ascoltare una fastidiosa nenia. Se avesse indossato uno scialle nero avrebbe ricordato un personaggio dei film vecchi e grotteschi sul Sud e precisamente una di quelle donne che piangono disperatamente accanto alla bara del defunto. (continua)

lunedì 21 ottobre 2013

Sindrome ossessivo - compulsiva

Ci sono i genitori che scattano centinaia di fotografie o girano filmati brevi durante le partite dei figlioletti. A volte lo faccio anche io, ma senza esagerare. In ogni cosa servirebbe un minimo di buonsenso, questo sconosciuto. È bello poter condividere certi momenti, anche facendo ricorso ai social network che oramai sono le uniche piazze (virtuali) dove la gente si incontra (e scontra). Voi non ci crederete ma c’è un tipo che per ogni partita della squadra del figlio pubblica, in maniera ossessiva - compulsiva, minimo venti foto e altrettanti video, con tanto di commenti da ultrà. Neanche nei profili ufficiali delle squadre di Serie A o delle tifoserie organizzate si arriva a tanto. Credetemi, non capisco cosa possa spingere un genitore a eccedere in questo modo? Frustrazione? La speranza che almeno il figlio combini qualcosa di buono nella vita? La semplice carenza di neuroni? Non ho idea. Adesso devo andare. Sono sempre un papà nel pallone. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta.

venerdì 18 ottobre 2013

Spezzategli le ossa!

L'altro giorno, cari amici di terapia, per ingannare il tempo durante l’allenamento di mio figlio ho seguito una partita dei 2001 che si stava disputando nel vicino campo. Gara combattuta e vivace ma pretesto di comportamenti allucinanti tra le tribune. Mamme che incitavano la propria squadra con frasi assurde del tipo: “Spezzategli le ossa” o “Colpite duro. Devono piangere”. Per un attimo ho pensato alle popolane, rozze, sudice e mezze nude che nelle arene urlavano e si eccitavano davanti al terribile spettacolo di sangue che era la lotta tra gladiatori. Ma siamo nel 2013 e questi sono ragazzini che stanno correndo dietro a una palla, ognuno cercando di fare bene la propria parte. Ho pensato a chissà come reagirebbero queste sciagurate se il loro “campione” avesse un incidente in campo, se fosse lui a spezzarsi le ossa. Lo ammetto, sono stati pensieri molti cattivi ma è  quello che succede quando perfino in un centro sportivo di periferia si respira nell'aria violenza gratuita allo stato puro. È qualcosa di sporco che ti entra dentro inquinandoti l'anima anche se stai zitto e buono in un angolo, cercando di restare indifferente a certi comportamenti estremi. (continua)

martedì 15 ottobre 2013

Granitiche certezze

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. La stagione è iniziata e già non mi sento bene. La Soccer Kids ha deciso di investire di più nel settore giovanile ma anche di rendere più rigidi i criteri di selezione dei piccoli atleti. Tutto questo dovrebbe servire a formare progressivamente delle squadre più competitive. Il discorso fila ed è in parte condivisibile. Resta il problema di fondo dei genitori, della ricerca di un metodo efficace per tenere a bada l’esaltazione eccessiva di uomini maturi che vedono nel proprio pargolo un futuro campione del calcio italiano. Non hanno dubbi, solo granitiche certezze. Non oso pensare come reagiranno quando questi sogni crolleranno come castelli di sabbia, come spesso accade nella realtà. Il problema è che a volte con le loro esternazioni (ai confini della realtà) diventano pesanti, come un polpettone della domenica che non si riesce a digerire. (continua)

venerdì 11 ottobre 2013

Se non uccide fortifica

Come spesso accade siamo passati dall'estate direttamente all'inverno. Il tempo è molto instabile, così come la salute dei nostri bambini che corrono dietro al pallone nel campetto di allenamento. Le società sportive devono arrangiarsi con quello che hanno. Non possono fare miracoli. Spesso non dispongono di adeguate strutture coperte, dove far giocare i bambini in caso di maltempo o temperature rigide. La Soccer Kids, per esempio, non ha neanche un campo coperto. I piccoli atleti giocano sempre all'aperto secondo la filosofia che quello che non uccide fortifica. Adesso sono stanco, il raffreddore non mi dà tregua. Sono sempre un papà nel pallone. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta. 

martedì 8 ottobre 2013

Nessuno può fermare la Soccer Kids

Luca è a letto con la febbre alta da qualche giorno. Aver giocato sotto la pioggia intensa per ore ha decimato più della metà della sua squadra. Filippo, l’allenatore argentino, si augura che possano riprendersi in tempo per le nuove partite del week end ma la vedo dura. Capisco la carica e la passione ma spesso si dimentica che si tratta di bambini di circa otto anni che frequentano la scuola e che se si lasciano giocare sotto il diluvio è facile che poi prendano un accidenti. Tanto i nani in scarpette pur di giocare a calcio non si tirerebbero mai indietro, neanche se il campo fosse pieno di mine antiuomo, mostri alieni o coccodrilli affamati. Se a questo si aggiunge che molti genitori non fanno prevalere il buon senso è la fine. (continua) 

venerdì 4 ottobre 2013

Il diluvio universale

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Sto ancora tentando di asciugarmi le ossa. Non è facile. Mi sono preso tanta di quell'acqua che soffrirò di reumatismi anche nell’aldilà. I pulcini della Soccer Kids hanno praticamente disputato un torneo sotto il diluvio universale. La cosa divertente, caro gruppo di terapia, è che io sono stato fortunato. Gli ombrelli non sono serviti a molto ma poi noi genitori abbiamo trovato riparo sotto la micro tettoia del bar del centro sportivo sprovvisto di gradinata coperta. Decine di adulti vicini, vicini, stretti come sardine. I nostri piccoli invece hanno continuato a giocare sotto l’acqua in mezzo al fango. Una scena apocalittica. A un certo punto il campo si è così allagato che sarebbe stato possibile passare dal calcio alla pallanuoto e nessuno ci avrebbe fatto caso. La società organizzatrice non ha sospeso il torneo per una semplice questione economica. Questo evento tra iscrizioni, pranzi, consumazioni al bar e varie permette introiti per migliaia di euro che in tempi di crisi è meglio non perdere. E un rinvio non sarebbe stato possibile. (continua)

lunedì 30 settembre 2013

La prima dei Pulcini

Domenica Luca ha giocato la sua prima partita da pulcino, un’amichevole che è terminata 4 a 0 per la sua Soccer Kids. Esordio positivo. La nuova squadra sembra girare bene sotto la guida dell’allenatore argentino. I bambini sono particolarmente alti, reattivi e dinamici. Fuori dal campo non sono mancate le solite situazioni grottesche con genitori attaccati alla rete come scimmie che urlavano come disperati. Mi ha invece colpito in particolare un signore distinto che dopo essere stato seduto e immobile per quasi tutta la partita, quando si è reso conto che la squadra del figlio non avrebbe più recuperato lo svantaggio, si è alzato di scatto. Mancavano cinque minuti alla fine, che ha utilizzato fino all'ultimo secondo per coprire di improperi il suo ragazzo definendolo prima imbecille e poi una signorina che dovrebbe fare danza o dedicarsi al ricamo, anziché tirare calci al pallone. Ci risiamo. Mi aspetta sicuramente un altro fantastico anno di gioie, incazzature ed effetti speciali. Sono sempre un papà nel pallone. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta. 

mercoledì 25 settembre 2013

L'allenatore argentino

È arrivato Filippo, il nuovo allenatore che dal primo impatto non ha destato alcuna emozione, né negativa, né positiva. Un tipo taciturno, alto e largo come un armadio a due ante, una specie di Marcantonio con un accento argentino che ricorda tanto Papa Francesco. Presto vedremo come lavorerà in campo. Intanto, la squadra è stata completamente rinnovata. Alcuni giocatori non hanno voluto rinnovare l’iscrizione preferendo dedicarsi ad altre discipline, altri sono stati invitati con delicatezza a rinunciare al pallone. Insomma, della vecchia formazione sono rimasti soltanto in tre. La società sta iniziando a fare un minimo di selezione, per affrontare il campionato in maniera dignitosa. Se son rose pungeranno. (continua)

sabato 21 settembre 2013

Di nuovo in campo

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. La pausa è finita. Luca è cresciuto e nella stagione 2013 - 2014 farà anche un salto di categoria passando dai Piccoli amici ai Pulcini della Soccer Kids. Gli allenamenti sono iniziati qualche settimana prima della scuola. Da un lato è cosa buona e giusta perché il bambino in casa si stava così annoiando e iper caricando di energia che presto avrebbe iniziato a camminare nervosamente lungo le pareti come l’uomo ragno. Dall'altro è negativo perché, dopo aver tirato un sospiro di sollievo durato tutta la pausa estiva, presto mi troverò di nuovo completamente immerso in quello che è il grande circo del pallone con la consapevolezza che nessuno verrà a salvarmi. (continua)

martedì 9 luglio 2013

Non fermarsi mai

Ci sono quelli che dieci mesi di dosi massicce di calcio non bastano. In questo periodo il figlio si è allenato due volte a settimana indipendentemente dalle condizioni atmosferiche (e spesso anche di salute) e ha giocato oltre 50 partite girando come una trottola nei campi di tutta la provincia. Il loro ragionamento: siccome “mio figlio” è un potenziale campione è giusto che trascorra qualche settimana estiva in uno dei tanti costosi campi organizzati dalle società calcistiche, da quelle più blasonate a quelle che utilizzano le strutture fatiscenti degli oratori. I prezzi a settimana variano da 100 euro a circa 800 euro a iscritto. Una giornata tipo (dalle 8.30 alle 17.30 circa) prevede allenamenti, nozioni teoriche di calcio, momenti di socializzazione, pasti e merende, piscina (dove disponibile) e in alcuni casi perfino ore dedicate allo studio (compiti delle vacanze). Sarebbe meglio staccare e dare “ossigeno” ai bambini (e ai genitori) o al massimo (se è il bimbo a chiederlo) fargli fare una sola settimana di campo (possibilmente evitando di spendere cifre astronomiche). Credo che una pausa assoluta sia la scelta migliore, ma le sensibilità sono diverse. Adesso sono stanco. Sono un papà nel pallone. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta. 

giovedì 27 giugno 2013

La grande grigliata

L’ultimo atto della stagione è stato una festa con grigliata. I nani in calzoncini corti hanno trascorso ore a rincorrere la palla, ridere e a bere fiumi di bibite con le bollicine. I genitori invece, tra un bicchiere di birra e una salamella, a ricordare i momenti salienti del campionato, le grandi imprese nel campo di calcio (spesso iniziando con la fatidica frase “mio figlio…”). In ogni modo, il bilancino è stato positivo. Tirando le somme, la Soccer Kids ha vinto quasi tutte le partite disputate. È stata una specie di macchina da guerra ma sottovalutata (e in parte ignorata) dalla società che, come spesso accade, è più attenta solo alle categorie superiori. Pertanto, se vinci, perdi o pareggi è relativo. Diversi bambini il prossimo anno non ci saranno più: alcuni cambieranno società; altri si dedicheranno a sport più tranquilli (da ogni punto di vista); in pochi sceglieranno di trascorrere il tempo libero evitando qualsiasi attività fisica magari per dedicarsi agli scacchi o a qualche strumento musicale (chitarra e pianoforte, in primis). È normale: ogni anno la squadra si rinnova. Ne rimane soltanto l’ossatura, formata dai quattro - cinque bambini che hanno la vera passione del pallone. Al momento non c’è ancora alcuna selezione da parte della società. A settembre sicuramente arriveranno dei nuovi bambini e tutto ricomincerà (continua).

domenica 23 giugno 2013

Il bilancino

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. È finita. Ultima partita, ultimo torneo, grande vittoria e i piccoli amici della Soccer Kids possono finalmente godersi le meritate vacanze estive. Qualcuno dei genitori prova ad abbozzare un bilancino della stagione 2012 – 2013. Ci sono quelli che “mio figlio è stato bravo ed ha trainato la squadra”, praticamente un fenomeno (incompreso). Quelli che “si potrebbe fare meglio” e quelli che “va bene così”. Quelli che “tuo figlio Luca dovrebbe migliorare ed essere più costante”, anche se ha segnato più goal in assoluto e assicurato un numero infinito di assist vincenti. Credetemi quello che pesa non è il gioco del calcio o l’impegno grandissimo che è richiesto a un genitore per seguire il pargoletto che corre per 10 mesi dietro alla palla, bensì i fastidiosi effetti collaterali come commenti e giudizi non richiesti (soprattutto sui figli degli altri). Pesa anche che i “grandi” spesso dimenticano che il calcio è un gioco di squadra, dove le individualità sono un valore aggiunto ma bisogna avere sempre la mentalità di insieme, di appartenenza a un gruppo. Speriamo che l’estate porti consiglio. (continua)

mercoledì 19 giugno 2013

Lazzaro e il figlio incompreso

Durante l’ultima partita ho incontrato Lazzaro, un papà esaltato e mezzo delinquente. Ha urlato tutto il tempo che il figlio è stato in campo. Non è riuscito a contenersi fregandosene del fatto che vi erano circa 35° gradi e i baby giocatori stavano boccheggiando. Povero figlio. Avreste dovuto vederlo. Sudato, con il viso rosso fuoco e le gambe che tremavano. In prossimità dell’estate le partite dovrebbero giocarsi nelle fasce serali e non di primo pomeriggio. Il bimbo, a prescindere dal caldo non ha mai giocato bene. Secondo Lazzaro, però, la colpa è sempre stata dell’allenatore, della società, del tipo di campo, della crisi economica e perfino degli alieni. Per questa ragione, continua a farlo girare come una trottola da una società sportiva all'altra. Solo negli ultimi sei mesi ha cambiato tre squadre. Qualcuno abbi pietà e salvi questo fanciullo perché vedendolo giocare in campo una cosa è certa: non si diverte più, anzi sembra soffrire. Ci aggiorneremo alla prossima seduta. 

domenica 16 giugno 2013

Nessuna pietà

La Soccer Kids può farcela. La finale è a portata di mano e la tensione sale. Il caldo è micidiale e in campo si fatica non poco. Qualche genitore esagera: “Muoviti, sei fermo! Non puoi giocare così! Scatta adesso! Tira, corri, forzaaaaa”. Nessuna pietà. Cari amici di terapia i genitori di bambini che giocano a calcio non hanno nessuna pietà. Sono cattivi e frustrati dentro. Se ne fottono dello sport come momento di crescita condivisa. Vogliono che la squadra del figlioletto vinca e basta. Le parole d’ordine sono: correre, segnare ed esultare. Altre alternative non sono concesse. Ho visto genitori dopo una “terribile” sconfitta prendere a parolacce il proprio figlio: “Sei peggio di un cane morto. Se non sei capace di giocare lascia stare il pallone e datti alla danza, femminuccia”. La pressione di certe tipologie di genitori, probabilmente con carenza grave di neuroni, è qualcosa che lascia senza parole. (continua)

mercoledì 12 giugno 2013

Io bevo, tu corri

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. L'estate tarda ad arrivare ma vi
posso assicurare che nelle poche giornate di tempo stabile il sole picchia che è una bellezza. 
La temperatura passa nel giro di qualche ora dai 14 ai 30 gradi e per i bambini stare in campo diventa ancora più difficile. Stanno disputando le ultime partite. Solitamente loro e gli avversari giocano bene i primi 15 minuti, poi iniziano a rallentare e a sudare vistosamente come se avessero ricevuto delle secchiate d'acqua in faccia. 
A molti genitori seduti comodamente sugli spalti, all'ombra e magari con in mano una granita o una lattina di birra gelata, non frega niente del caldo e incitano con foga i piccoli a darci dentro. I giocatori ci provano ma non c'è niente da fare, anzi a tratti sembrano muoversi a rallentatore. Stanno in piedi solo perché in gioco c'è l’accesso alle finali del torneo. (continua)

giovedì 6 giugno 2013

Allo stadio senza vergogna

Ora vi racconto che cosa ha fatto questa mamma. È andata fuori di matto. Si è alzata dal suo posto per raggiungere il gruppetto dei genitori della squadra avversaria e vincitrice del torneo. Ha messo le mani ai fianchi e si è piegata verso di loro iniziando a inveire come se al posto della bocca avesse un altoparlante super amplificato: «Siete delle merdacce come i vostri figli. Non meritavate il primo posto. Ci sono stati troppo falli e nessuno ha detto niente. Quel grassone del numero 4 ha quasi spezzato una gamba a mio figlio. Vi siete comprati il torneo? Dite la verità e vergognatevi. Merde! Fottutissime merde…». A questo punto c’è stata una timida reazione da parte di un’altra mamma: «La metta. Non è questo il modo di comportarsi. Si vergogni lei. Sono solo bambini e una partita si può vincere o perdere perché…». Non ha avuto il tempo di finire che mamma Tsunami le si è lanciata addosso con tutto il peso del suo corpo. È scoppiata una rissa generale tra alcuni genitori con pugni, calci, sputi e parolacce. È dovuta arrivare la Polizia locale per sedare gli animi, non senza difficoltà. Sono un papà nel pallone molto stanco. Ci aggiorneremo alla prossima seduta.

lunedì 3 giugno 2013

Mamma Tsunami allo stadio

La mamma è sempre la mamma ma quando è esperta nel provocare risse meglio perderla che trovarla. Tsunami vista da lontano, seduta sulle gradinate con le gambe unite e i capelli raccolti a coda con un elastico rosa, all'inizio sembrava una perpetua, una creatura insignificante come un pasto insipido. È bastato il fischio di inizio gara per vederla trasformare in un mostro, agitarsi e urlare tutte le cattiverie possibili contro i bambini della squadra avversaria e contro i loro genitori seduti a poca distanza da lei. È stato come vedere versare un tanica di benzina sul fuoco. Le prime partite sono andate bene. La pazienza dei presenti ha prevalso evitando il peggio ma quando la squadra del figlio di Tsunami è stata battuta e pesantemente due volte di seguito è iniziata la tragedia. (continua).

mercoledì 29 maggio 2013

Laureata in provocazione di massa

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. È iniziato il conto alla rovescia per chiudere la stagione. Mio figlio Luca è stanco, come lo sono tutti i suoi compagni di squadra. Per i bambini e per noi genitori resta ancora da affrontare qualche estenuante torneo e poi basta perché partirà la pausa estiva. Per almeno due mesi usciremo tutti dal tunnel del pallone, almeno lo spero. Intanto, stiamo raschiando il fondo del barile per raccogliere le ultime energie e andare avanti. I tornei, a cui sta partecipando la Soccer Kids, sono stati finora davvero pesanti, incredibili, grotteschi. In un torneo giornaliero ho osservato dagli spalti il comportamento impetuoso di una madre, subito da me ribattezzata Tsunami, molto probabilmente laureata a pieni volti nell'arte della provocazione di massa per scatenare risse violente negli stadi.  (continua)

venerdì 24 maggio 2013

Partite ad alta gradazione


Al torneo dei Piccoli Amici di sabato scorso ho visto cose a dir poco grottesche. Sono rimasto particolarmente sconcertato da un gruppo di padri, che hanno iniziato a bere birra a litri dalle 10 del mattino. All'ora di pranzo erano già ciucchi e incontrollabili (in ogni senso). Inutile il tentativo delle mogli di porre un freno. Dalla birra sono passati al vino iniziando a ridere senza motivo, poi a litigare furiosamente tra loro senza ragioni apparenti. Il tutto reso ancora più esasperato da gare di rutti e commenti volgari rivolti alle ragazze più avvenenti presenti al torneo. Un branco che poi si è spostato dal bar alle tribune per seguire le partite dei loro figli. Questa volta potete immaginare benissimo con quale esito. Uno spettacolo indecente. Sarebbe meglio vietare categoricamente il consumo di alcolici alle partite, soprattutto se coinvolgono i bambini. Sono un papà nel pallone. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

martedì 21 maggio 2013

La bolgia infernale


Basta poco per trasformare un torneo di calcio in un girone dell’inferno. Creature dai volti deformi che urlano e litigano. Marmocchi in campo che bruciati dal sole corrono dietro a un pallone e a ogni goal mimano i gesti dei più famosi giocatori della Seria A. Allenatori super agitati e altri in stato di catalessi. Code infinite al bar e al chiosco dei panini. Pargoletti che piangono disperati perché inchiodati nei passeggini, altri più grandi che corrono a destra e a manca facendo disperare le giovani mamme. In mezzo a questo caos si svolgono, una dopo l’altra, dalla mattina presto al tardo pomeriggio, le partite del torneo (continua).

mercoledì 15 maggio 2013

Le utilità dei tornei

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Sono iniziati i tornei primaverili per i Piccoli Amici della Soccer Kids. Maratone di calcio che spesso impegnano figli, genitori e staff della società per intere giornate. È in queste occasioni che si socializza di più e che si manifesta il meglio e il peggio del calcio (seppur giovanile). I tornei fondamentalmente servono per due cose: alla società che organizza l’evento per far cassa; agli osservatori per individuare i piccoli giocatori più dotati e cercare di rubarseli a vicenda. Un torneo è un groviglio di urla, puzza di salamelle e fiumi di birra e vino. La domanda sorge spontanea: non sarebbe meglio vietare l’uso di alcolici in eventi calcistici che coinvolgono bambini e decine di famiglie?  (continua)

lunedì 13 maggio 2013

La mamma che non dorme


La scorsa settimana la squadra di Luca ha disputato una partita. È finita con un pareggio (2 a 2) interrompendo così una lunga serie di vittorie. Dopo qualche giorno una delle mamme si è avvicinata e facendo una faccia truce mi ha confidato: “Non sono stata bene. Il pareggio della squadra non mi ha fatto dormire per due notti di seguito. Pensa come starei in caso di una sconfitta”. L’ho guardata con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, come se avessi davanti una creatura mostruosa di un altro pianeta. Le ho solo risposto di riprendersi e di non preoccuparsi. Avrei voluto aggiungere di farsi controllare con urgenza il cervello da uno specialista ma sarei stato un tantino eccessivo. Meglio evitare e andare avanti. Tutto questo è sconvolgente ma Luca si diverte, corre dietro al pallone ed è il bambino più felice del mondo. Ed io non posso farci nulla. Alla fine per resistere mi sono affidato a voi, a questa terapia di gruppo. Sono un papà nel pallone. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

mercoledì 8 maggio 2013

Quando non basta vincere


Tutti felici e soddisfatti per la vittoria del torneo, poi si avvicina un tipo dell’organizzazione e dice: “La vostra squadra è la prima classificata ma sono rimasto molto deluso dalla prestazione dei ragazzi. Dovevano segnare di più, stracciare completamente gli avversari”. In un primo momento ho pensato che scherzasse, poi che avesse fatto un uso smodato di stupefacenti e alla fine che fosse semplicemente un deficiente. La Soccer Kids di Luca ha disputato e vinto cinque partite: la prima, la seconda e la quinta vinte 3 a 0, mentre la terza 11 a 0 e la quarta 8 a 2. A parte che per vincere una partita basta una sola rete di differenza, non riesco a spiegarmi il commento idiota. Perché avrebbero dovuto segnare più goal? Oramai dovrei averci fatto il callo ma non sono di gomma. Ancora oggi certi modi di vedere i marmocchi sul campo mi fanno smuovere lo stomaco, soprattutto quando partono da adulti che dovrebbero essere più responsabili. (continua)

lunedì 6 maggio 2013

Il post torneo

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. In questi giorni ho avuto un leggero sbandamento. Mi sono chiesto per quale ragione continuare a farsi del male seguendo il pupo nel fantastico mondo del pallone. Non riesco più a sopportarne le mille sfumature negative e le situazioni grottesche. Lo scorso week end la squadra di Luca ha vinto un torneo importante, classificandosi al primo posto. Dopo la premiazione, le foto, il giro del campo dei bambini con la coppa, noi genitori ci siamo ritrovati nel bar della struttura sportiva per bere qualcosa e commentare l’esito degli incontri. (continua)

lunedì 22 aprile 2013

Gli assenteisti e la squadra


Il calcio richiede molti sacrifici. Non bisogna esagerare ma nel rispetto della squadra è importante non saltare allenamenti, per affiatarsi, imparare, correggere gli errori e crescere insieme. Tutti devono mantenere lo stesso ritmo perché altrimenti l’effetto è quello del musicista che sbaglia nota in un concerto compromettendo l'esibizione dell'intera orchestra. 
Non sempre è possibile raggiungere questa armonia di gioco. E così, come spesso è accaduto in questi anni che seguo Luca, ci sono dei bambini che non hanno continuità. Spariscono per settimane, a volte per valide ragioni, altre semplicemente per noia o per evitare il freddo dell’inverno. Alla fine gli assenteisti ricompaiono (soprattutto con l’arrivo della primavera). 
Il punto è che gli altri nel frattempo sono andati avanti, hanno fatto progressi. Qual è l’effetto? La squadra ne risente, è costretta a rallentare per trovare un nuovo equilibrio e di conseguenza regredisce. Magari state pensando che sono un matto a raccontarvi queste storie. 
Credetemi, non è una questione di calcio. La squadra nel lavoro, nella vita, nello sport, è fatta di elementi che devono muoversi in sintonia, con un corpo e con una mente sola, contribuendo ognuno con le proprie qualità a raggiungere il medesimo obiettivo. Quando si raggiunge questo equilibrio si lavora bene e non ha importanza il risultato ottenuto in campo. 
La responsabilità comunque è sempre dei genitori. I figli sono piccoli e spetta agli adulti fare in modo che rispettino gli impegni con gli altri, con la squadra. In alternativa, ci sono sempre gli sport individuali. Adesso devo andare. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

mercoledì 17 aprile 2013

Un gioco di squadra

Il calcio è un gioco di squadra. Non bisogna mai dimenticarlo. Richiede il rispetto di se stessi e degli altri. Ho capito che i bambini devono fare non pochi sacrifici, seppur nel rispetto della loro età. Devono allenarsi all'aperto due volte a settimana indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, poi disputare la partita del week end ed essere pronti per i numerosi tornei di primavera che li impegnano giornate intere e per più incontri. Vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta. Lo sanno i genitori e lo sanno i bambini. Nella pratica poi si accetta anche che, indipendentemente dal risultato, i bambini giochino bene, mettano a frutto tutto quello che hanno imparato negli allenamenti aggiungendo le proprie qualità individuali e tanta allegria. Quando questo non accade, in particolare nei momenti di bassa, non ha importanza se si vince con una goleada o si perde pesantemente perché comunque vada, si assiste solo a delle brutte partite. (continua) 

domenica 14 aprile 2013

Alti e bassi nel pallone


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Vi ho sempre raccontato che seguirne l’attività è davvero molto impegnativo ma tutto si dimentica in un attimo quando da dietro la rete, a ridosso del campo di gioco, vedi la squadra di tuo figlio crescere, giocare bene e divertirsi. Questa è la situazione ideale. Nel corso del tempo, però, alti e bassi si alternano. Ed è normale che accada così, altrimenti ci sarebbe qualche serio problema da risolvere. Per genitori e baby calciatori i momenti di bassa sono ovviamente i più difficili. Basta che un singolo giocatore o la squadra nel suo complesso non giri bene e magari anche un pizzico di sfortuna e mesi di allenamenti, sacrifici e progressi sembrano evaporare nel vuoto provocando uno sconforto generale. (continua)

mercoledì 10 aprile 2013

Ti faccio un provino

La famosa settimana grottesca di cui vi ho parlato, sono stato tempestato dalle telefonate in particolare di un osservatore. Un certo Alessandro Garavaglia. Aveva recuperato il mio numero di telefono privato. Voleva a tutti che Luca facesse un provino in un’importante società calcistica. Ho verificato. Era un personaggio affidabile. In genere è meglio fare attenzione ai talent scout perché ci sono in circolazione tanti millantatori che contattano le famiglie per vendere fumo e spillare denaro. Tornando a Luca, ho rifiutato anche questo provino. Ho risposto definitivamente all'allenatore di tornare a farsi vivo tra qualche anno per riparlarne. Luca è ancora troppo piccolo per certi discorsi. Garavaglia non l’ha presa bene ma sinceramente non mi interessa. Adesso devo andare. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

domenica 7 aprile 2013

Quelli che ti selezionano i pargoli


Non sono un esperto del settore ma credo che sia sbagliato avviare una rigida selezione sui baby calciatori prima del decimo anno di età. Ci sono società che invece la fanno già a partire dai sei - sette anni. Non è troppo presto per prevedere future evoluzioni? Mio figlio Luca è stato già convocato da diverse società professionistiche, insieme con altri piccoli selezionati a livello provinciale e regionale. Non si è trattato di veri e propri provini, bensì di allenamenti particolari e intensi, probabilmente per vedere dal vivo chi magari è finito nel mirino di qualche osservatore. Queste situazioni per ora non mi piacciono, sia perché le ritengo premature, sia perché ho ravvisato che spesso una buona percentuale di bambini è selezionata per ragioni che palesemente esulano dalle capacità di coordinamento, tecnica e visione di gioco. Ma ci vuole pazienza, miei cari. (continua)

venerdì 5 aprile 2013

La spintarella nel pallone


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Ricordo una settimana molto grottesca in cui il piccolo Luca era diventato oggetto del desiderio di diverse società. Immagino cosa state pensando: come si fa a contendere un bambino di sette anni che corre dietro una palla? 
Non sono rimasto felice per questa situazione. Mio figlio non è un fenomeno. In ogni modo, più tempo passa più comprendo che anche nel calcio diventa molto relativo essere bravo o averne tutte le potenzialità per diventarlo. Tradotto: fioccano le raccomandazioni. C’è chi riceve qualche calcio (non al pallone ovviamente) sin dalla categoria piccoli amici. Ci sono padri ricchi e influenti pronti a tutto per dare più opportunità ai loro figli nel dorato mondo del pallone. 
Agli altri, i figli di persone normali, per emergere non resta che essere dei fenomeni o se promettenti sperare in un pizzico di fortuna. Questa è l’Italia bellezza! E voi non ci potete fare niente. (continua)

lunedì 1 aprile 2013

Rissa nel post partita


Una volta dopo una partita ci siamo ritrovati in pizzeria. Al nostro tavolo si sono uniti anche Yuri e suo padre Lino. I primi 30 minuti sono filati lisci come l’olio. Soliti argomenti generali: dalla crisi economica mondiale alla classifica di serie A. Poi abbiamo iniziato a parlare della Soccer Kids, degli allenamenti, delle partite e dei bambini. 
Lino alla quinta birra media ad alta gradazione bevuta come se fosse acqua ha iniziato a dare cattivi segni di cedimento neurale, muovendosi a scatti e a parlare in maniera agitata. Molto agitata. “Yuri è troppo bravo ma in questa squadra non è capito. - ha tuonato - Non va bene. È tutta colpa di tuo figlio, il principino. Secondo me non vale un cazzo. Mio figlio è mille volte meglio del tuo”. Poi ha guardo con odio il mio Luca ed io ho provato un brivido di rabbia. A tavola siamo rimasti tutti interdetti. 
Da una tranquilla pizzata con moglie e figli nel post partita si è trasformata in uno sfogo contro mio figlio, colpevole di avere qualche qualità. Lui ha continuato: “Tuo figlio però piace di più e mette in ombra il mio che è più bravo. Quindi o lo porti in un’altra squadra o porto via il mio. Non possono più giocare insieme”. 
A questo punto del suo grande discorso ha iniziato a battere i pugni con forza sul tavolo e ad alzare la voce cercando la rissa con me. Sono dovuti intervenire il gestore, due camerieri e un nutrito gruppo di genitori per farlo uscire dal locale. Sembrava di assistere alla scena finale del film “Gli Intoccabili”, mentre in tribunale viene portato via con forza un agitatissimo Al Capone interpretato magistralmente da Robert De Niro. 
Non ho più visto Lino e il suo piccolo Yuri. Mi hanno detto che continua a comportarsi molto male e a cambiare società ogni tre mesi perché nessuno capisce il grande talento calcistico del figlio. Adesso devo andare. Buona terapia a tutti. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

venerdì 29 marzo 2013

Come finisce l’amore per il calcio


Il papà di Yuri è molto pittoresco soprattutto durante le partite. Lino, infatti, si appende alla rete e urla a squarciagola dal primo all'ultimo secondo dell’incontro. Quando qualcuno ha provato gentilmente a chiedergli di moderarsi è stato malamente sollevato in aria come un fuscello, agitato e buttato da parte. Noi ci vergogniamo un po’ e cerchiamo di starne a distanza ma non sempre è possibile e poi il suo Yuri gioca in squadra con i nostri ragazzi. 
Il bambino a differenza del padre ha modi molti gentili e un viso angelico. Sicuramente avrà preso dalla madre. Io non l’ho vista. Mi dicono che sia venuta solo una volta agli allenamenti accompagnata da una scorta di 5 marmocchi molto vivaci. A Lino probabilmente non hanno spiegato che esistono i contraccettivi. 
Tornando al pallone questo genitore condiziona, soffoca e confonde molto il figlio urlandogli ordini di gioco durante le partite. È veramente insopportabile. Il bambino reagisce male e invece di crescere continua a regredire provocando le ire di Lino. Potrebbe essere un buon centrale nel gioco ma è evidente che oramai per colpa del padre si è disinnamorato del calcio. Gioca solo per farlo contento. Non si diverte più. (continua)

martedì 26 marzo 2013

Prima regola: non contraddire il papà di Yuri



Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Uno degli eventi più traumatici che ho subito in questi anni di dipendenza è stato causato da un altro genitore. Un tizio che rappresenta un mix perfetto tra l’uomo di Neanderland e il più cattivo stereotipo dello scaricatore di porto. Si chiama Lino, gestisce una piccola ditta di pulizie sfruttando immigrati irregolari e si presenta al campo durante gli allenamenti sempre con qualcosa di nuovo (e di dubbia provenienza) da vendere: notebook, cellulari, pentole e videocamere. Vi dico subito che abbiamo sempre ringraziato ma evitato di acquistare, anche per non correre il rischio di commettere il reato di ricettazione. Lino è pieno di tatuaggi, con una brutta cicatrice sul lato sinistro del viso e la barba spesso incolta. Insomma, è un tipo che è meglio non incontrare di notte per strada. Per una ragione a noi incomprensibile ha chiamato il figlio Yuri. È convinto che sia un campione, un bambino di sette anni destinato a giocare in Serie A. Noi non l’abbiamo mai contraddetto, anche se il piccolo in campo ci sembra un tantino impacciato. (continua)

domenica 24 marzo 2013

Quelli che mio figlio è un campione


Vi raccontavo dei genitori che legano fra loro e altri che invece alimentano contrasti, invidie e antipatie. C’è il papà a cui non interessa niente di quello che succede in campo. Il figlio potrebbe fare danza classica o pugilato. Non fa differenza. Questo genitore è quasi invisibile. Lo si vede soltanto all'inizio e alla fine degli allenamenti. Difficilmente scambia una parola con altri genitori, perfino quando ci sono le partite resta zitto e in disparte. L’importante per lui è solo impegnare il pupo fuori di casa per qualche ora, due volte la settimana, in modo da poter sbrigare altre faccende con più libertà. Poi c’è il papà ultra tifoso che crede (o spera) di avere un figlio campione, un marmocchio che ha cresciuto esclusivamente a pane e partite. È il più pericoloso di tutti perché spesso con un comportamento esagitato e battutacce genera dissapori nel gruppo dei genitori. Se, indipendentemente dall'esito della partita, suo figlio gioca bene e segna qualche goal, la Soccer Kids è la migliore squadra del mondo. Se al bimbo capitano due o più giornate negative o scopre “drammaticamente” che non è portato per il pallone, inizia a lamentarsi urlando che tutta la squadra fa schifo (e soprattutto per colpa del cattivo gioco dei figli degli altri). E infine c’è il papà razionale, magari anche con la passione del calcio che ha trasmesso al figlio (nel mio caso è accaduto l’inverso), ma sempre con i piedi per terra. Lui riesce a vedere le cose per quello che sono: bambini bravi e meno bravi che giocano, si divertono e imparano (se ci sono i presupposti) a diventare dei potenziali baby calciatori. Adesso sono stanco. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

venerdì 22 marzo 2013

Scuola calcio o baby parking?


In una squadra di piccoli amici ci possono essere bambini molto portanti al gioco del calcio. Hanno delle qualità che possono essere adeguatamente sviluppate attraverso gli insegnamenti mirati di un buon allenatore, che a sua volta dovrebbe ricevere adeguate istruzioni dal dirigente sportivo della società. 
Altri bambini invece sono palesemente indietro e non riescono a tenere il ritmo della squadra. Quando sono così piccoli, soprattutto le società dilettantistiche non fanno un minimo di selezione. Anzi, molte realtà prendono tutti a prescindere, senza alcun criterio. L’unico obiettivo è di fare business con le iscrizioni. Più bimbi si iscrivono meglio è per le casse delle società. In questo modo però si creano situazioni strane, un calderone confuso che non serve a nessuno. 
Ci sono tanti bambini che hanno passione e talento, altri solo la passione. E altri infine che sembrano capitati nel campo di gioco per caso, quasi abbandonati. I loro genitori infatti hanno solo bisogno di posteggiarli da qualche parte. Non ha importanza l’attività svolta. Piscina, palestra, danza, calcio, sono per loro sono la stessa cosa. Spesso questi bambini “costretti e abbandonati” saltano gli allenamenti, spariscono per settimane e poi come se niente fosse rientrano in squadra con inevitabili effetti negativi. Gli altri sono cresciuti da più punti di vista, loro invece sono rimasti molto indietro e questa situazione compromette l’equilibrio generale della squadra. 
I bambini ovviamente non hanno colpa. I responsabili sono sempre i genitori che dovrebbero prestare più attenzione alle reali esigenze dei figli, cercando di trovare per loro l’attività più congeniale da svolgere nel tempo libero. Il calcio, bello o brutto che sia, è un gioco di squadra. (continua)

martedì 19 marzo 2013

Gioco di squadra e sacrifici

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Questa terapia di gruppo via web inizia a farmi sentire meglio. Avere un figlio che gioca a calcio è cosa molto impegnativa, nonché occasione per avviare delle relazioni positive ma non per tutti. Se i bimbi in campo (sviluppando lo spirito di quadra e di sacrificio) iniziano a diventare piccoli uomini, lo stesso non può dirsi per molti dei loro genitori che invece regrediscono. Alcuni riescono a fare gruppo e spesso nascono amicizie sincere e durature. Certe famiglie iniziano a frequentarsi anche fuori dal campo e continuano a farlo perfino quando, per mille ragioni diverse, uno dei bambini smette di fare calcio. Altri invece si lasciano prendere da invidie, gelosie, insomma dalle bassezze umane con il rischio di inquinare l’ambiente, di trasformarlo in uno sgradevole covo di vipere. (continua)

domenica 17 marzo 2013

Come allo stadio


Avete presente le scimmie rinchiuse nella gabbia di uno zoo? È quello che sembrano i genitori quando i loro figli disputano un torneo di calcio e lo stadio si riempie di famiglie come un uovo. In preda ad una crisi collettiva si appendono alla rete. E iniziano a fare il tifo suonando le trombe, aprendo striscioni, urlando cori. Tutto questo è davvero pittoresco per usare un eufemismo. 
Una volta un papà di una squadra avversaria aveva portato un altoparlante collegato a uno strano marchingegno. A ogni azione di un giocatore della sua squadra faceva partire un effetto sonoro ad un volume così alto da fare impallidire perfino l’impianto di amplificazione di un mega concerto di hard rock. Rumori così forti e fastidiosi da fare girare le palle non soltanto nel campo. 
Mi ricordo che in quell'occasione Luca alla fine del primo tempo di una delle partite si è avvicinato alla rete. Non l’avevo mai visto arrabbiato in quel modo. Accigliato e con le labbra strette piegare in basso. Ha guardato negli occhi il proprietario di quell'aggeggio infernale e gli ha intimato: “Lo spegni quel coso che ci dà fastidio. Non lo capisci? Basta per favore”. Lui e tutti gli adulti presenti si sono guardati in faccia e si sono vergognati. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

venerdì 15 marzo 2013

La palla gira, i bimbi crescono


Anche io sono finito appeso alla rete. Quando la dipendenza non aveva ancora preso il sopravvento, riuscivo a contenermi. Ogni tanto urlavo con un po’ di timidezza qualche frase di incoraggiamento come “Forza Luca” o “Dai Soccer Kids”. Il punto è che a ogni allenamento, a ogni partita i bambini crescono e anche se sono ancora dei nani con le scarpette la gara ti prende. Non corrono più in massa dietro alla palla che gira. Ognuno ha un ruolo ben definito in campo, secondo le direttive del momento dettate dall'allenatore. Inizia a prendere forma la bozza di un gioco di squadra. E tutto questo esalta. Impossibile resistere alla tentazione. Impossibile non fare il tifo. Poi come sempre c’è chi esagera ma fa parte del pacchetto. (continua)

mercoledì 13 marzo 2013

Il tifoso discende dalla scimmia

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. È inevitabile come la morte. Prima o poi deve accadere. Anche il più equilibrato genitore finisce appeso alla rete che separa gli spalti dal campo di calcio. La prima volta può accadere per puro istinto perché il figlio subisce un fallo o sta per segnare in rete dopo aver dribblato come birilli gli avversari. Poi una cosa misteriosa e incontrollabile lentamente nasce dentro, si ramifica nel cervello e prende possesso dei pochi neuroni attivi. Da questo momento non c’è più scampo. È come un terribile virus, infetta tutti. E i genitori si ritrovano automaticamente e perennemente appesi alla rete con gli occhi spiritati, a urlare come venditori ambulanti e ad agitarsi in preda a una crisi di nervi. Di fronte a un simile spettacolo è difficile contestare la teoria scientifica di Darwin, ossia che il tifoso (l’uomo) discende dalla scimmia. (continua)

domenica 10 marzo 2013

Assalto all'arbitro


L'arbitro richiama solo verbalmente l'allenatore della Soccer Kids e indica il dischetto. Il numero 10 si prepara a tirare il rigore. Libera un calcio potente e la palla si infila in basso, nell'angolino sinistro. Il portiere si è tuffato dal lato giusto ma non ci è arrivato. La squadra avversaria esulta. Faccia di Topo invece invade il campo, si scaraventa contro l'arbitro e lo riempie di pugni. Quando riescono a staccarglielo è troppo tardi, il giudice di gara è una maschera di sangue. Il topo è immediatamente licenziato dalla società. Oggi me lo ritrovo responsabile del settore giovanile di un'altra società calcistica. Vi rendete conto? Faccia di Topo è il responsabile dei ragazzini. Come avrà fatto? Un tipo così dovrebbe essere rinchiuso in un centro di cura mentale permanente. Invece, gli hanno affidato la gestione dei più piccolini. Questo è uno dei tanti misteri del calcio. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

venerdì 8 marzo 2013

Per un calcio di rigore


Le imprese di Faccia di Topo sono indimenticabili. Due anni fa durante una partita domenicale della categoria Juniores ha toccato il fondo. In campo ha sempre urlato, strapazzato i suoi giocatori, insultato pesantemente avversari, arbitri, genitori. In sintesi: chiunque gli capitasse a tiro. Spesso e volentieri è stato espulso dal campo, sospeso e perfino minacciato. Ma quella volta ha superato se stesso. 
Vi racconto il fattaccio. Un giocatore della squadra avversaria sta per ricevere un cross e si coordina per calciare al volo verso la porta. Non riesce a colpire la palla perché un difensore della Soccer Kids gli entra in scivolata con i piedi a martello facendolo saltare in aria. L’arbitro espelle il difensore e assegna un calcio di rigore. Faccia di Topo non ci sta e gli urla che il fallo è avvenuto poco fuori dall'area. Si agita, bestemmia, sbatte con violenza a terra la cartella con tutti i suoi appunti. Non si preoccupa delle decine di bambini dei Pulcini che stanno guardando la partita perché dopo toccherà a loro entrare in campo. (continua)

martedì 5 marzo 2013

Il terribile Faccia di Topo


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Questa è la nona seduta di terapia. La scorsa domenica ho avuto un incontro poco piacevole. La Soccer Kids ha giocato una partita in un stadio sperduto della provincia. Una struttura imponente ma vecchia. Nell'attesa dell’ingresso in campo dei bambini per la fase di riscaldamento, sono andato al bar a prendere un caffè e mi sono ritrovato davanti il terribile “Faccia di Topo”, un ex allenatore della Soccer Kids. Un personaggio viscido, violento e pericoloso che per mia fortuna ha sempre allenato le squadre dei ragazzi più grandi. Un fisico asciutto, abbronzatura color aragosta anche in pieno inverno, qualche tatuaggio di troppo e quell'inconfondibile faccia di ratto con baffi lunghi e sottili. Insomma, un tipo che ricorda tanto gli sgherri disegnati da Walt Disney. Mi ricordo benissimo di lui e soprattutto che cosa ha fatto. (continua)

domenica 3 marzo 2013

Peggio degli ultras


Nello stadio è scoppiato il caos. In campo i bambini stanno disputando gli ultimi minuti della finale. Sugli spalti invece due mamme di opposti schieramenti si stanno azzuffando senza risparmiarsi borsate, parolacce e tirate di capelli. Luca segna un altro goal e chiude la partita. Evento questo che complica la situazione. I mariti intervengono per sedare le due donne, ma sono così carichi di adrenalina che a loro volta vengono alle mani.  Interviene un altro genitore urlando contro i supporter della squadra avversaria, poi un altro ancora. Non ci capisce più nulla. Peggio degli ultras. Soltanto l’arrivo della polizia locale riesce a sedare gli animi. Intanto, nel campo è iniziata la cerimonia di consegna dei trofei e delle medaglie. I bambini, almeno questa volta, non si sono accorti di nulla. Adesso devo scappare per accompagnare mio figlio all'allenamento. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

venerdì 1 marzo 2013

Mamme, risse e altre catastrofi


È la finale del torneo. La squadra di Luca è imbattuta. I palchi sono pieni di genitori esagitati. C’è un rumoroso gruppo dell’altra squadra che improvvisa cori da stadio, un papà che ogni tre per due suona un’assordante tromba e, non molto distanti dalla mia posizione, tre mamme all'apparenza molto tranquille rispetto al resto della comitiva. Sono sedute sui gradini in silenzio tenendo le ginocchia congiunte con la borsa sopra. È iniziato l’ultimo tempo. Le squadre sono in una situazione di parità. Bisogna vincere per conquistare il primo posto. Luca segna il goal del vantaggio. La situazione si surriscalda. Una delle tre mamme si volta verso di me e gli altri genitori della Soccer Kids. “Certo che i vostri figli sono troppo aggressivi”. Nessuno le dà retta, pur provando un certo senso di fastidio, qualcosa che si muove nello stomaco. Lei insiste. “Il numero 10 è proprio un animale, dovreste mandarlo a fare rugby. È ovvio che con un fisico così nessuno riesca a fermarlo. Lo riempite di anabolizzanti?”. Sta parlando di mio figlio, ma faccio finta di niente. Non voglio cadere nella provocazione. Lei insiste. “Il numero 5 invece sembra un paraplegico. Guardate che impacciato, ci vuole coraggio a farlo giocare in una squadra”. Sta parlando di uno dei difensori della Soccer Kids, la cui mamma ha sentito tutto. Infatti, si volta verso di lei e le urla: “Brutta stronza, ripeti ancora quello che hai detto. Paraplegico ci sarà tuo figlio”. L’altra afferra la borsa come un’arma, la ruota nell'aria e la colpisce a un fianco. È la fine. (continua)

martedì 26 febbraio 2013

Creature che scatenano l’inferno


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. In questa seduta terapeutica vorrei parlarvi di un altro trauma che spesso colpisce il genitore inconsapevole (che è entrato suo malgrado nel mondo del calcio giovanile). Ci sono delle creature di varie forme che si manifestano negli spalti dei centri sportivi, non solo in occasione delle partite. A volte sembrano inoffensive. Nei modi di fare, parlare e vestire. Addirittura ricordano tanto certe perpetue del profondo Nord. Altre invece appaiono subito trasgressive, cloni di star televisive dedite a eccessi. Non fatevi ingannare. Le più pericolose sono sicuramente le prime. Sto parlando delle mamme che seguono i loro pargoli aspiranti calciatori. Le mamme che non si contengono, dicono sempre la parola di troppo e innescano pericolose scintille. Non ha importanza se la categoria è quella dei piccoli amici. Il buonsenso dovrebbe prevalere sempre. Nessuno, per esempio, rischierebbe di accendere un fuoco all'interno di magazzino di esplosivi. Queste mamme lo fanno un attimo dopo il fischio d’inizio di una partita e scatenano l’inferno. (continua)

domenica 24 febbraio 2013

Il Mister Emotivo

Il mister emotivo è quello che vuole rispettare le regole ma non ci riesce. Ragiona più con la pancia che con la testa spesso commettendo degli errori, come fare delle differenze tra i bambini, in occasione degli allenamenti o delle partite. Per esempio, favorire i giocatori più bravi o che lui considera tali. È uno che durante la partita ci tiene così tanto che ogni volta rischia l’infarto. Avete capito che non è facile fare l’allenatore. Il mister è sempre sotto il mirino dei genitori che non sempre hanno ragione, è usato come capro espiatorio dalla società in caso di lamentele e problemi, è retribuito una miseria (spesso la paga non basta neanche a coprire il costo della benzina che spende per le trasferte che deve fare con l’auto privata). Eppure in tanti ci mettono l’anima e instaurano un bellissimo rapporto con i bambini, insegnano loro a crescere, a sviluppare una mentalità di gruppo, insomma a essere dei piccoli ometti. E i genitori? Non avete idea di quello che sono capaci di fare quando seguono un figlio che gioca a pallone. Competizioni, invidie, cattiverie gratuite. E molto altro ancora. Ma adesso sono stanco. Continuerò a raccontarvi le mie disavventure nel mondo del calcio giovanile alla prossima seduta.

venerdì 22 febbraio 2013

Il Mister Matematico

Il matematico è il mister che rapporta tutto al tempo. Spesso non ha un’idea precisa di gioco per i bimbi, degli schemi base da seguire nel corso di un allenamento. Improvvisa e va avanti come capita e quasi per inerzia. Solo quando ci sono le partite manifesta la sua vera natura, diventa più preciso di un orologio svizzero. Bravo o inadeguato, stanco o carico, con capacità motorie o completamente impacciato, per lui non fa differenza. Tutti i giocatori saranno convocati per la partita e avranno garantiti gli stessi minuti di presenza in campo, né un secondo in più, né un secondo in meno. Tutto questo sarebbe corretto, se oltre a non fare differenze sul tempo, il mister insegnasse loro anche qualcosa di concreto. Per esempio: come stare in campo, battere la palla, smarcarsi e fare due passaggi in croce. Sono cose elementari ma nella vita un piccolo amico non si può avere tutto, anche se paga e caro per imparare qualcosa sul gioco del calcio. (continua)

martedì 19 febbraio 2013

Amici piccoli e noiosi

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Nelle ultime sedute abbiamo parlato di alcuni allenatori che Luca ha avuto alla Soccer Kids. Il punto è che i primi anni sono stati i più difficili anche sotto il profilo dei mister. In teoria il settore dei piccoli amici dovrebbe essere quello più curato e in tutti i sensi, soprattutto tenendo conto dell’età dei bambini e delle loro fragilità fisiche ed evolutive. Invece, la maggioranza delle società amatoriali di calcio se ne frega e anche alla grande. La loro categoria è in assoluto la più bistrattata. La gestione dei piccoli è per molte realtà solo una noiosa incombenza. Ma servono per fare cassa e allora in qualche modo se ne occupano o fanno finta di occuparsene. Ci sono due tipologie standard di allenatore cui vengono affidati e di cui voglio parlarvi: il matematico e l’emotivo. (continua)  

domenica 17 febbraio 2013

Tu sei cattivo, non voglio giocare più!

Alla prima partita il sergente istruttore riesce appena a contenersi anche perché la Soccer Kids vince con un punteggio pieno di 6 a 0. Alla seconda sono sotto di due goal e lui perde il controllo, come sempre. Deve sfogarsi con qualcuno e prende di mira Luca. “Vai avanti. Fermo. Indietro. Gira. Passa. Cambia. Avanti. Indietro. Fermo”. Neanche fosse un giocatore manovrato con il controller della PlayStation. Dopo cinque minuti mio figlio è completamente in tilt. Non riesce più a muoversi autonomamente. Si volta sempre verso l’allenatore per aspettare il suo nuovo comando. Lui gli urla contro con il volto gonfio e rosso per lo sforzo. Luca sembra spaventato e inizia a fare uno sbaglio dopo l’altro. Non è da lui. Vi ricordo che stiamo parlando di un bimbo di sette anni. Il mister dell’altra squadra si avvicina al sergente e gli dice di calmarsi. Lui non la prende bene e inizia anche a bestemmiare. Luca a un certo punto si ferma in mezzo al campo e gli dice: “Tu sei cattivo. Non voglio giocare più”. Il sergente lo afferra per la maglietta e lo strattona bruscamente. “Come ti permetti. Moccioso. Tu fai quello che ti dico io, altrimenti ti prendo a calci nel culo”. Mio figlio è molto orgoglioso e sta facendo di tutto per non scoppiare a piangere. Non ci riesce e si lascia andare e questa cosa lo umilia. Sono sconvolto, riesco a entrare in campo. Sto correndo verso il sergente Hartman con la chiara intenzione di dargli una sonora lezione. Per sua fortuna, mi bloccano in due. Una scena riprovevole, che faccio quasi fatica a raccontarvi ma questa è una terapia. Vengo accompagnato fuori dal campo e calmato dagli altri genitori. Chiedo che mio figlio venga portato nello spogliatoio, che non voglio che continui a giocare sotto la guida di quel pazzo. Tutto questo avviene sotto gli occhi di centinaia di persone. Il sergente Hartman viene prelevato quasi di peso dagli organizzatori del torneo e portato fuori dallo stadio. La squadra viene affidata a uno dei genitori accompagnatori. È l’ultima volta che il sergente allenerà una squadra e per me l’ultima volta che perderò le staffe. Luca è tornato in campo. Lui e gli altri adesso sono più sereni, giocano meglio e si stanno divertendo. Alla fine, la squadra si classifica al terzo posto. I bambini sollevano in aria la coppa e sono felici. Sono sicuro che Luca ha già dimenticato il sergente Hartman. Almeno lo spero. Sono un papà nel pallone. Continuerò a raccontarvi le mie disavventure nel mondo del calcio giovanile alla prossima seduta.