giovedì 28 aprile 2016

I momenti più brutti per un papà nel pallone

Qual è stato il momento più brutto in questi anni di dipendenza di genitore tifoso? È una bella domanda e rispondo che ce ne sono stati diversi, tra questi ricordo: ogni volta che ho visto mandare via dalla squadra dei bimbetti perché non ritenuti abbastanza talentuosi; ogni volta che non sono stati motivati i ragazzi in difficoltà; ogni volta che un papà (o un mister) ha umiliato un piccolo giocatore; ogni volta che ho sentito adulti prendere pesantemente in giro e demotivare un singolo da loro eletto capro espiatorio delle sconfitte; ogni volta che non sono state riconosciute le qualità e l’impegno di un ragazzino, spesso a vantaggio di qualche altro meno talentuoso ma raccomandato o figlio di persone influenti e ricche. Potrei fare ancora mille esempi ma preferisco fermarmi.
In questi sei anni di dipendenza, comunque, c’è stato un momento più brutto degli altri: quando mio figlio per la prima volta si è infortunato durante gli allenamenti ed è rimasto fermo per cinque settimane. Può accadere e accadrà ancora ma non è questo il problema.
La cosa che mi ha fatto male è stato il comportamento di un gruppo dei genitori dei suoi compagni di calcio, meglio conosciuto come la “cricca”, che è stato davvero molto cattivo, non lesinando battute che tuttora non riesco a credere di averle sentite.
Battute che spesso sono state fatte davanti a mio figlio. Qualche esempio: “È proprio sicuro che Luca deve rientrare? Non è meglio lasciarlo a casa ancora un po’ così i nostri giocano di più?”; “Da quando è tornato dall'infortunio non ha ripreso subito il suo ritmo”. “Perché non lo porti in un’altra società oppure in oratorio oppure ritiralo che è meglio?”; “Mister! Luca non sta girando bene, tiralo fuori e fai giocare mio figlio che così vinciamo la partita”.
In realtà, dopo l’infortunio mio figlio, che all'epoca aveva 11 anni, ha impiegato solo due settimane di allenamenti e qualche partita per rientrare in piena forma. Nel frattempo, però, entrambi abbiamo dovuto subire continue e pesanti prese in giro che soprattutto al ragazzo non hanno fatto bene. Ha iniziato a perdere fiducia in se stesso, con tutte le conseguenze del caso. Si è bloccato e non è stato facile recuperare. Tutto questo, come se sempre, per colpa di adulti senza senno. È proprio vero che la mamma dei cretini è sempre incinta. Bisogna farsene una ragione. Alla prossima seduta.

mercoledì 20 aprile 2016

Il bimbo si diverte ancora?

È maturato molto, ha imparato cosa significa impegnarsi e lavorare in squadra e si è attaccato tantissimo ai colori della Soccer Kids. A Luca è sempre interessato solo giocare e poi ancora giocare a pallone e vincere. E devo dire che la sua squadra è stata nel tempo una macchina da guerra, anche quando si sono alternati mister e periodi non troppo favorevoli come la perdita di compagni che per diverse ragioni sono andati via. Le cose sono poi cambiate già dai 10 anni. I ragazzi di oggi sono più svegli e tecnologicamente avanzati e purtroppo  precocemente capiscono come girano le cose attorno a loro e al pazzo mondo del calcio giovanile. Si fanno delle idee ben precise sul comportamento degli adulti (genitori, mister e dirigenti vari). Non riesci più come padre a prenderli in giro, a smontare situazioni, comportamenti e decisioni non corrette che li hanno sorpresi o comunque emotivamente traumatizzati. In questo momento mio figlio di certo non si diverte più come prima ma l’amore per il pallone è ancora forte. (Continua)

sabato 9 aprile 2016

Domande e Risposte

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. L’altro giorno a fine partita un altro papà nel pallone, con gli occhi, il volto e soprattutto il cervello segnati da anni di allenamenti e partite dietro il pargolo mi ha fatto delle domande cui inizialmente non ho dato il giusto peso. Non gli ho risposto preferendo borbottare qualcosa per sviare il discorso e poi sono scappato subito via non appena il mio Luca è uscito dagli spogliatoi. 
Mentre ero in macchina guidando verso caso le domande mi sono tornate in testa e ho capito che erano importanti. 
Di cosa si tratta vi starete chiedendo? Adesso vi racconto tutto: l’altro papà mi ha chiesto prima se mio figlio si diverte ancora a giocare a pallone e poi qual è stato il momento più brutto in questi anni di dipendenza di genitore tifoso. Luca ha 12 anni ed ha iniziato a tirare calci a pallone dal primo anno di scuola primaria. Fare in pochi minuti il punto su sei anni di storia non è stato facile. Ecco che cosa ho pensato. Mio figlio è passato troppo presto da una squadra normale senza troppe pretese a una squadra più blasonata e competitiva e già dall’età di 7 anni, cioè da quando era ancora un microbo, ha dovuto fare i conti con selezioni spietate, ritmi elevati e dosi massicce di combattività iniettate nella corteccia celebrare dal modello di allenamento. 
Ricordo ancora con un certo stupore quando giunto al primo anno della categoria Pulcini sono stati mandati a casa 9 suoi compagni di squadra perché non ritenuti adeguati. 
Tradotto: non ci servite più, non siete abbastanza competitivi, toglietevi gentilmente dalle palle. In teoria tutto questo non potrebbe accadere ma l’Italia è il Paese dei se, dei ma e anche dei forse. Detto questo non posso negare che mio figlio si è comunque sempre divertito e le sue naturali doti naturali si sono raffinate nel tempo. (Continua)

sabato 2 aprile 2016

Verso il cambiamento

Quando le cose non girano o non sembrano girare nel verso giusto c’è sempre qualche papà simpatico che riesce a strappare un sorriso. A volte basta una battuta o una calorosa pacca sulla spalla e tutto si rimette in moto con ottimismo. Per qualche ora impegni e problemi si dimenticano e si riesce di nuovo a godersi fino in fondo le partite e gli allenamenti dei propri figli. Ancora qualche anno in compagnia e poi le selezioni si faranno più rigide. Aumenteranno pure le richieste da parte di altre società calcistiche antagoniste. Qualche ragazzo farà un salto di qualità in avanti, altri indietro. In altre, parole prima o poi inevitabilmente in molti prenderanno strade diverse e un po’ mi dispiace. Con alcuni sono stati condivisi anni di dura vita di papà nel pallone. Guardando le foto della squadra nelle diverse annate ci si accorge di quanto siano cresciuti i pargoli. Sono arrivati in campo a sei anni, qualcuno a cinque, e sembravano dei puffetti con le scarpette di calcio e adesso sono diventati dei giganti pur avendo ancora 12 anni. Questa seduta e finita amici miei. A presto.