lunedì 22 dicembre 2014

Professionista uno ogni 15 mila

Ci chiediamo se tra i tanti baby calciatori che conosciamo qualcuno riuscirà ad andare avanti fino a diventare un professionista. Sappiamo che è cosa davvero molto difficile, quasi impossibile. Le statistiche dicono che ci riesce uno ogni 15 mila. Eppure nel settore giovanile c’è tanto fermento. Molte società selezionano e allevano aspiranti professionisti come batterie di polli, alimentando a dismisura i loro sogni di gloria e soprattutto quelli dei rispettivi genitori. Le dilettantesche più organizzate in particolare si concentrano sulla fascia tra i 10 e i 15 anni, riuscendo a piazzarne periodicamente qualcuno in qualche squadra professionista, ovviamente dietro adeguato compenso economico. Spesso sono giovani italiani molto talentuosi ma per loro il cammino sarà sempre in salita e pieno di ostacoli. Non mancano poi i casi dei raccomandati, sin dalla tenera età, che giocano dove vogliono e quando vogliono grazie agli amici degli amici. Nonostante ciò, anche per loro restare poi nel mondo del professionismo non è facile, anche quando oltre a essere raccomandati possiedo delle qualità. In ogni modo, andiamo avanti e chi vivrà vedrà. Alla prossima seduta.

mercoledì 17 dicembre 2014

In Italia solo calciatori stranieri

Le squadre italiane traboccano di giocatori stranieri e questa tendenza si manifesta con virulenza già nei settori giovani, sia delle società dilettantistiche, sia delle professioniste. È il Paese del pallone ma i nostri ragazzi non interessano, non vengono premiati neanche quando con la formazione Primavera riescono a raggiungere importanti vittorie. Qualche talento italiano, ironia della sorte, viene invece valorizzato e fatto crescere soltanto all’estero, in squadre tedesche, inglesi o francesi. In Italia viene snobbato, non conta nulla, non interessa. Se gli va bene finisce a giocare nei campionati minori, se gli va male torna a casa dopo anni di sacrifici sui campi di calcio che tragicamente si rileveranno inutili. In Italia il talento italiano non trova spazio e perfino in nazionale aumentano i giocatori stranieri naturalizzati. Migliaia e migliaia di bambini italiani che giocano a calcio non avranno un futuro professionale in questo sport. (continua)

giovedì 11 dicembre 2014

Non è uno sport per italiani

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. È uno sport bellissimo che insegna molto ai ragazzi, dall’arte del sacrificio allo spirito di squadra per il raggiungimento di un obiettivo comune. Con gli altri genitori della Soccer Kids si discute tanto dello stato del calcio nostrano, delle opportunità di crescita riservate ai giovani italiani, insomma del futuro di questo sport. All’estero si sta investendo molto sul settore giovanile e con ottimi risultati, i professionisti vengono costruiti in casa. 
In Italia, anche su questo tema, si sta iniziando a parlarne solo adesso, in estremo ritardo. Il nuovo C.T. della nazionale azzurra, Antonio Conte, sta incontrando non poche difficoltà a selezionare nel campionato di Serie A dei giovani professionisti per ricostruire la squadra dopo la figuraccia dell’ultimo mondiale. Troppi stranieri, pochi italiani. (continua)

domenica 7 dicembre 2014

Tifosi idioti e strafatti

L’ultima esperienza allo stadio per i nostri ragazzi della Soccer Kids è stata traumatica. In occasione della partita Italia - Croazia al Meazza di Milano, la tifoseria croata ha portato in scena il solito squallido spettacolo misto di violenza e volgarità davanti a migliaia di bambini che erano lì solo per vedere una partita di pallone. 
Come se non bastasse, altri idioti ma questa volta italiani, utilizzando un linguaggio scurrile e violento, hanno iniziato a sollecitare il pubblico a fare un tifo energico non per sostenere l’Italia, ma più per contrastare le intemperanze della tifoseria croata. Le frasi più gentili sono state: “Bastardi pezza di merda alzatevi e urlate… Coglioni restate a casa se non sapete fare il tifo”. 
Il punto è che erano così esagitati e strafatti di fumo che, a parte a inneggiare al Duce e a fare il saluto fascista, non si sono accorti di essere praticamente seduti in mezzo a centinaia di bambini, a intere squadre di calcio del settore giovanile dilettantistico con tanto di divisa e bandiera dell’Italia in mano. 
E noi genitori in evidente difficoltà, di fronte alle intemperanze della tifoseria croata che sparava razzi in campo, e dei dementi fuori controllo e vogliosi di scontri al nostro fianco. Una cosa è certa: a queste condizioni non è pensabile portare le famiglie allo stadio. Adesso che mi sono sfogato, ci aggiorneremo alla prossima seduta.

lunedì 1 dicembre 2014

Ogni occasione è buona

I continui episodi di violenza da un lato, i caro - biglietto dall'altro, giustificano la paura delle famiglie di frequentare gli stadi. Andare allo stadio significa mettere in conto la possibilità che posso accadere qualcosa di brutto, mettere a rischio la propria incolumità e quella dei propri cari. Inevitabilmente, se in testa c’è un minimo di materia grigia, la razionalità spinge a restare a casa, seduti comodi e sicuri sul divano. 
Anche Luca e i suoi compagni della Soccer Kids hanno vissuto l’esperienza di seguire qualche partita allo stadio, campionato di Serie A o gli azzurri. Niente da fare, ogni volta, è successo qualcosa di negativo. Inutile cercare la partita più tranquilla perché c’è sempre qualche gruppo di idioti che fa degenerare la situazione. Idioti che se ne fregano se le platee sono piene di donne a bambini. Le teste vuote sono allo stadio per sfogare le loro frustrazioni ed ogni occasione è buona. (continua)