mercoledì 12 dicembre 2018

Adulti incompetenti, presuntuosi e insoddisfatti

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Il tempo scorre veloce e questi ragazzoni che spesso superano i 180 centimetri di altezza tardano a maturare. Sono in quel limbo bastardo in cui non sono né carne, né pesce. 
È una fase molto delicata. Eppure, i genitori, facendosi ingannare dalla stazza e dalle false sicurezze ostentate dai pargoli, non li seguono più come quando erano bambini e alti un metro e basta. Un grosso errore considerando che proprio perché si tratta di una fase di crescita molto delicata, possono verificarsi i peggiori danni a livello psicologico per colpa di adulti incompetenti, presuntuosi e insoddisfatti. 
Brutte storie che si verificano in particolare in quelle realtà di provincia, dove mancano i controlli e ognuno fa un po’ quello che gli pare. Ragazzi in piena tempesta ormonale, più confusi che persuasi, lasciati nelle mani di incompetenti che, me li immagino così, preparano programmi, allenamenti e strategie societarie in cinque minuti seduti sulla tazza del cesso o affondati tra i tavoli di qualche bar mentre ingurgitano un panino ipercalorico che cola di salse colorate. (continua)

giovedì 29 novembre 2018

Ai giovani servono adulti responsabili

Ogni giorno da qualche parte in Italia, dai mega centri urbani alle più isolate periferie, un padre o una madre consegna il proprio figlio agli allenatori con la massima fiducia perché provvedano a formarli attraverso la pratica sportiva. 
Lo sport è sano per principio, ma anche in questo modo si possono nascondere delle insidie. Ci possono essere degli adulti con problemi (violenti, deviati, complessati) che vengono a contatto con i ragazzini. Può accadere. Non è il caso di fare allarmismi ma bisogna sempre vigilare, un compito questo che spetta in primis alla dirigenza di ogni società sportiva. 
È nell'interesse della direzione che l’ambiente sia sano, basta qualche episodio di una pecora nera per fare scappare gli iscritti e chiudere i battenti. C’è il caso, per esempio, del mister frustrato con delirio di onnipotenza che sfoga sui ragazzi in modo negativo i suoi insuccessi o comunque il suo malessere quotidiano. 
C’è quello “psicopatico” che a primo impatto potrebbe addirittura apparire piacevole, tosto, carismatico e che invece come un gas inodore inquina lo spogliatoio con comportamenti e linguaggi scorretti che non dovrebbero mai usarsi davanti a minorenni. E poi ovviamente ci sono i casi più gravi di vere e proprie molestie e abusi. 
Il mister è un punto di riferimento importante, spesso una figura sostitutiva di quella paterna. Ha anche un grande potere: per esempio decide chi gioca e chi siede in panchina anche per più partite, chi gioca l’intero incontro e chi solo pochi minuti. 
Anche nelle situazioni normalissime, quando gli allenatori giustificano una non convocazione o emarginano un ragazzo in panchina, spesso scelgono per simpatia o per ottenere altro (in positivo o in negativo). 
Insomma, a dispetto di quello che dicono, spesso le scelte non sono dettate da motivazioni tecniche, impegno durante gli allenamenti, frequenza settimanale. 
Negli ultimi anni, grazie alle denunce dei genitori, si sono moltiplicati gli episodi di abusi o addirittura di molestie sessuali nello sport ai danni di minorenni. Ancora oggi l’ambiente sportivo è uno degli ambiti meno vigilati e questo non è più tollerabile. Alla prossima seduta.

giovedì 15 novembre 2018

Regola numero 1: ambiente sano per tutti

C’è del marcio nel calcio? Sicuramente sì, come accade in ogni contesto di aggregazione sociale, politica o economica. È l’eterna lotta tra il bene e il male e ogni tanto una forza riesce a prevalere sull'altra. 
Il mondo dello sport è per antonomasia il luogo sano, dove lasciare con serenità i propri figli. Il luogo in cui i figli vengono educati secondo sani principi, imparano a fare gruppo e soprattutto a confrontarsi con sé stessi. Insomma, il luogo ideale per una crescita armoniosa. 
C’è un esercito di volontari che ogni giorno fa la sua parte e in modo sano a vantaggio dei ragazzi. E poi ci sono le pecore nere? Quello che non dovrebbero avere nessun contatto con i giovani. Alcune di queste pecore brune fanno danni perché sceme e incompetenti, altre perché pericolose e da più punti di vista. 
Ecco perché prima di ogni cosa, prima della tipologia di allenamento, delle convocazioni alla partita del campionato, del calcolo del minutaggio giocato in campo, si dovrebbe fare una sola domanda: mio figlio sta frequentando un ambiente sano circondato da adulti seri e responsabili? (continua)

mercoledì 7 novembre 2018

Servono più controlli nel settore giovanile

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Da quando ho iniziato questa “terapia via web” sono entrato in contatto con centinaia di realtà sportive, professionisti e soprattutto genitori sull'orlo di una crisi di nervi. 
Il calcio è uno sport bellissimo, il più amato in assoluto e per questa ragione richiama tantissimi bambini che poi anno dopo anno diventano ragazzi. Attira, però, anche tanti adulti: alcuni buoni, altri cattivi, pochi cattivissimi. 
Chi gestisce direttamente i “giovani calciatori”, ha davvero una grandissima responsabilità, deve essere in primis persona equilibrata da ogni punto di vista, preparata e moralmente sana. Non esiste però una selezione seria e rigida del personale, soprattutto nelle realtà calcistiche minori che si reggono essenzialmente sul volontariato. 
Come auspicano da tempo formatori ed esperti, servirebbero almeno degli organismi di controllo dei settori giovanili di ogni disciplina sportiva, quindi non solo nel calcio. Tra dirigenti, mister, aiutanti e altri organismi spesso mononeurone, si possono nascondere persone pericolose o semplicemente frustrate che arrivano nello spogliatoio facendo danni che poi segnano per tutta la vita. 
Pensate, ad esempio, al grande potere che ha un mister e ai danni che può fare se usato male o peggio con la volontà di danneggiare appositamente un minore per allontanarlo, fargli perdere la fiducia in sè stesso, umiliarlo. 
Escludendo i casi estremi di abusi, di cui purtroppo il mondo dello sport non è immune, l’argomento è davvero molto serio ma ancora non affrontato in maniera adeguata dalle autorità competenti. (continua

giovedì 1 novembre 2018

Come nel campo, così nella vita


La scorsa domenica al campo ho davvero trascorso una bella e intensa giornata. I ragazzi della “Football Storm” mi hanno emozionato, stupito. Sono cresciuti. Stanno per compiere un grande passo in avanti verso la maturità. 
Hanno perso la partita, ma fino all'ultimo secondo non hanno mollato comportandosi da vera squadra, cercandosi con lo sguardo, incitandosi a vicenda, non risparmiando energie e facendo tremare gli avversari. 
Sono usciti dal campo a testa alta e a me, cari amici di terapia, è venuta in mente una frase che mi ripetevano spesso quando ero ancora un ragazzo: “Come ti comporti nel campo, così sarai nella vita e questo vale per ogni sport”. 
Loro si sono comportanti da squadra. Da soli, anche quando si hanno grandi capacità, non si va da nessuna parte. Alla prossima seduta.

mercoledì 24 ottobre 2018

Rilassati, siediti e goditi la partita

Sono ovunque. Li trovi nei bar della società di calcio, sulle tribune in modalità corvo, nel parcheggio e perfino dentro la tazza del cesso quando alzi la tavoletta per fare quello che devi fare. Di chi vi sto parlando? 
Dei papà che sono ancora assolutamente convinti di avere creato, attraverso atto riproduttivo istintivo con organismo pluricellulare di sesso opposto, un futuro campione del calcio mondiale. Posso capire quando un papà nel pallone si trova all'inizio del tunnel del calcio giovanile. 
Non ha ancora esperienza e non riesce facilmente a controllare le emozioni, le colossali aspettative e soprattutto quella irresistibile voglia di dire cazzate. Ma dopo 5 o 10 anni che segue suo figlio, che pur girando come una trottola da una società all'altra causa presunta incomprensione dei vari mister non è emerso, deve farsene una ragione, stare calmo e rilassarsi. 
Suo figlio non è un campione, non ha neanche talento e da un po’ di tempo sembra più interessato ad andare a trovare la compagna di scuola (quando i genitori di lei non sono in casa), piuttosto che andare al campo a tirare calci al pallone. 
Dopo tutto questo tempo, il povero papà nel pallone dovrebbe avere capito che, anche nel caso in cui effettivamente suo figlio dovesse avere talento e testa, difficilmente riuscirebbe ad andare avanti, a fare carriera. 
Per “esplodere” dovrebbe essere un fenomeno eccezionale veramente o come dicono le persone educate “avere una grandissima botta di culo”. Quindi a questo papà diamo tutti una affettuosa pacca sula spalla e diciamogli in coro: “Rilassati, goditi le partite e smetti di raccontare di quanto sia bravo tuo figlio a giocare a pallone”. (continua)   

mercoledì 17 ottobre 2018

Non avvicinatevi al rognone

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Nella seduta di oggi mi voglio soffermare sulla fauna che vive e si riproduce nei campi delle società di calcio. È un’analisi quasi scientifica, a tratti sociale. In ogni ambiente ci sono diverse tipologie di organismi pluricellulari, per esempio se passeggiando in un bosco spostiamo un sasso quasi sempre sotto ci troviamo dei vermi di struttura consistente che ondeggiano nervosamente per essere stati disturbati. Ecco qualcosa di simile succede nelle diverse sedi calcistiche: ci sono i più disparati esseri che vivono in loco, giocano a carte, bevono vino e parlano di una gioventù ormai lontana passata tra le braccia di bellissime donne (che poi magari in realtà erano inguardabili, ma meglio non indagare). Fanno parte del pacchetto calcio e a vario titolo svolgono qualche mansione per la società (gratis o dietro simbolico compenso, poi subito “bevuto” al bar, magari affettando salami nostrani). E tra questi c’è chi si occupa della biglietteria, dei campi di gioco, della pulizia degli spogliatoi e di molto altro ancora. È immancabile, però, il “rognone”, quello che si lamenta, bestemmia per ogni minima cosa, ha da ridire sugli allenatori, società, dirigenti, calciatori e odia il resto del mondo. Basta mettersi in fila, ne ha per tutti. (continua) 

mercoledì 10 ottobre 2018

Sono arrivate le ragazze

È stata solo una questione di tempo. Prima o poi sarebbe successo. È inevitabile, come il sorgere del sole. Sono arrivate le ragazze, le prime fidanzatine dei nostri calciatori, conosciute a scuola o attraverso i social. 
Stanno fuori dal campo, saltellano cariche di adrenalina dietro la rete. Sono le morose con i loro look improbabili copiati dalle riviste on line di moda e armate di smartphone. Alcune hanno ciocche di capelli di color verde vomito, come quello di Linda Blair nel film “L’Esorcista”. 
Incitano i nostri giocatori, sorridono e scattano foto a ripetizione. E poi all'uscita alla fine della partita, ognuna corre verso il proprio ragazzo aspirante calciatore. E si stringono e si baciano come negli “happy end” delle commedie americane. 
Tutto molto bello. Tutto molto interessante. Anche se viene da sorridere a pensare che queste ragazzine fino a ieri giocavano con le bambole e i nostri giocatori con le figurine Panini. Il tempo passa, dentro e fuori dal campo. Alla prossima seduta.

mercoledì 3 ottobre 2018

Ragazzi brufolosi e cazzuti

Non lo avrei mai detto. La Football Storm in campo sembra davvero una squadra cazzuta, anche se molti dei ragazzi non ci sono ancora con la testa. Sono in quella fase critica e pseudo allucinogena di transizione adolescenziale che tra catastrofi vere o presunte, momenti di euforia, sfoghi ormonali come se non ci fosse un domani dovrebbe portare tra qualche anno al conseguimento della maggiore età. Nel frattempo, giocano ancora a pallone. Allenamenti duri, provano schemi, ragionano con il mister su come affrontare ogni partita del campionato regionale. Hanno già vinto qualche incontro e subito anche una dura sconfitta. Vanno avanti e insieme crescono brufolosi e cazzuti. E almeno questo mi sembra normale. (continua) 

mercoledì 26 settembre 2018

È solo un maledetto gioco

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Il campionato regionale è iniziato e già non mi sento molto bene.
In campo è più dura di quello che pensavo. A ogni partita si lotta fino all'ultimo secondo disponibile, servono fiato e fisico e ancora testa. Per i ragazzi non sarà più un gioco da ragazzi.
Le cose si sono fatte più serie. E il primo passo è diventare una entità unica, una macchia compatta che si muove in maniera fluida lungo il campo. Una sola testa e due sole gambe, in altre parole una vera squadra. Si può fare.
I genitori fuori dal campo soffrono. I dirigenti dentro soffrono. Tutti soffrono ed io provo una grande pena per loro. Le partite si possono vincere, pareggiare o perdere.
Ogni tanto qualche adulto, quando i due neuroni che ha in testa si incontrano e connettono, ha un raro momento di lucidità e guardando verso gli altri papà nel pallone, come si guarda una cacca di cane appena schiacciata sul marciapiede grida: “State calmi, è solo un maledetto gioco in cui si rincorre una palla piena di aria”. (continua).

giovedì 20 settembre 2018

Una strada in salita verso il futuro


È inutile, in questi anni di vita ammorbata dal calcio giovanile ho avuto la conferma che la differenza la fanno le persone, la capacità di fare squadra e di elaborare un efficace sistema di allenamento per la crescita mentale e tecnica a vantaggio dei ragazzi. 
Ogni stagione l’asticella delle difficoltà si alza di qualche centimetro e aumenta di conseguenza l’impegno richiesto ai giocatori da ogni punto di vista. Non è facile tenere il passo e, infatti, in molti mollano il colpo, smettono di giocare a pallone. 
I ritmi sono veramente alti e bisogna ogni giorno dimostrare di meritarsi la convocazione, di sapere stare in campo come squadra e fare le cose che sono state insegnate.  
Adesso i giocatori della “Football Storm”, colossi di 14 anni con il cervello di un "bimbominkia", devono compiere il grande passo nel calcio e nella vita, ossia diventare ragazzi più responsabili, capire quando si può scherzare e fare “casino” e quando invece serve disciplina e serietà, stringere i denti e correre a perdifiato avanti verso il loro futuro. Raccontata così, cari amici di terapia, sembra quasi una cosa seria. Alla prossima seduta.

giovedì 13 settembre 2018

Allenamenti, corse e distrazioni

L’estate è finita in un baleno. Non c’è stato neanche il tempo di gustare fino in fondo le giornate trascorse in riva al mare, spesso con in mano una buona birra artigianale e in buona compagnia. Il calcio per la prima volta non ha concesso tregue. 
Luca durante le vacanze ha dovuto seguire un intenso programma giornaliero di preallenamento. Tutto questo perché la sua squadra deve disputare un competitivo campionato regionale. I primi giorni, come hanno fatto altri papà nel pallone, ho tentato di seguirlo per fargli compagnia e motivarlo ma è impossibile stare dietro a questi mostri di 14 anni, a questi ragazzini che sembrano colossi. 
È stato un piacere vederlo correre allenarsi con impegno lungo la spiaggia o sulla pista ciclopedonale che attraversava una scogliera mozzafiato. E non era solo, bensì sempre circondato da tanti sportivi, soprattutto tante bellissime ragazze. 
Lo ammetto. Il dubbio è venuto anche a me. Il boy che è in piena tempesta ormonale adolescenziale si è allenato molto volentieri ogni giorno perché ne aveva veramente voglia o perché ha trovato un’altra motivazione, scriviamo in maniera soft “il possibile sviluppo di relazioni sociali con organismo pluricellulare di sesso opposto”? 
In ogni modo, ha fatto il suo sporco dovere di calciatore e il primo giorno della ripresa ufficiale degli allenamenti si è presentato in formissima, pronto a iniziare la sfida regionale. (continua)  

giovedì 6 settembre 2018

È nata la tempesta del calcio

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Ho superato le 100 sedute di terapia e ancora non mi sento molto bene. 
Dalla prima seduta, che risale al gennaio del 2013, ho visto girare molti palloni e non sono riuscito ad uscire dal tunnel del calcio giovanile. Cinque anni buttati nel water? Non direi. Ho imparato molte cose positive, per esempio a convivere con questa malattia mentale del pallone. Mentre degli aspetti più negativi di questo circo pseudo sportivo me ne farò una ragione. 
Intanto è iniziata la stagione con tante novità: nuovo mister, tanti innesti di calciatori, allenamenti intensivi e un campionato regionale di alto livello che richiederà sangue e sudore ma soprattutto tanta pazienza. 
Perfino in società ci sono stati cambiamenti. Hanno fuso due vecchie realtà calcistiche, un tempo accese rivali, ed ecco la “Football Storm”. Un nome forse un tantino presuntuoso, ma è meglio non contraddire il presidente. In ogni mondo, andiamo avanti con nuovo giro di giostra (continua).

sabato 30 giugno 2018

Provino dopo provino ti esaurisci

A fine stagione un papà nel pallone è esaurito, stanco fisicamente e soprattutto mentalmente. Ha uno sguardo inquietante e si muove a scatti come certe creature dei film horror. 
Con la bava alla bocca si ritrova a decidere se il pargolo deve restare il prossimo anno nella società oppure se cambiare volontariamente, a parte i casi di non conferma. 
Nel primo caso non gli resta che sbrigare a tempo debito solo i documenti necessari e staccare la spina fino alla ripresa della stagione e cercare di riprendersi. Nel secondo caso, cambiare per scelta o perché obbligato, le situazioni di stress non si arrestano. 
Inizia, infatti, il giro vorticoso in diverse società, ovviamente iniziando dalle più blasonate, con provini su provini per il pargolo sotto il sole estivo, fino a quando non si trova la sistemazione più adeguata. 
Una fase questa che a volte si protrae fino a luglio avanzato ma che cosa non si fa per i figli e soprattutto per inseguire i propri sogni di avere un figlio campione. Alla prossima seduta.

venerdì 22 giugno 2018

È un mondo troppo difficile

Un ragazzo che gioca bene a pallone sta solo facendo il suo sporco lavoro, al servizio della squadra. Con un buon mister e tanto sacrifico può crescere e potenziare il suo talento e sperare prima o poi di compiere il grande salto o almeno maturare qualche importante esperienza calcistica. 
Al genitore che crede di avere un figlio campione consiglierei prima di tutto di lasciarlo in pace, di smettere di essere ossessivo compulsivo e di fare la cozza attaccata alla vita del pargolo, insomma gli direi di essere adulto e responsabile
Occorre lasciare giocare il ragazzo senza pressioni e aspettative. Questo però è un mondo difficile. Ci sono ancora genitori che si fanno ingannare e che arrivano a sborsare migliaia di euro da consegnare a qualche approfittatore, pur di dare una chance in più al figlio. 
I peggiori sono quelli che in realtà hanno come figlio un giocatore normalissimo ma loro vedono in lui cose che gli altri non vedono. L’augurio è che poi non inizino anche a sentire voci che gli altri non sentono. 
Ecco questi papà li prenderei per la mano per accompagnarli in diversi campi di società professionistiche o anche dilettantistiche di buon livello. Tutto questo per fargli vedere chi sono i ragazzi veramente bravi che mettono tutto il loro talento al servizio di una squadra competitiva. È un colpo basso ma magari riuscirebbero per la prima volta a notare le differenze e a ridimensionare le loro aspettative. (continua) 

mercoledì 13 giugno 2018

Quelli che hanno generato fenomeni

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. È terminata una delle stagioni calcistiche giovanili più pesanti di sempre, in cui come sempre molti adulti hanno dato il peggio di sé. 
L’ultimo atto è quello portato in scena da una piccola tribù di ominidi dall'encefalogramma piatto che, nonostante anni trascorsi attaccati alla rete del campetto di calcio a guardare migliaia di partite, non hanno ancora capito nulla e continuano a credere di avere originato con il loro prezioso seme il migliore dei migliori talenti del calcio mondiale. Hanno fatto un dono all'umanità che però tarda ad emergere.
 È inutile provare a ragionarci, tempo perso. Mettiamo il caso che effettivamente un ragazzo sia molto talentuoso o addirittura un fenomeno tale che quando gioca tutti si fermano a guardarlo con la bocca aperta. È un buon punto di partenza ma occorrono anche testa, pazienza, sacrificio e un mega pizzicone di fortuna perché viviamo in un Paese dove non si conosce il concetto di meritocrazia, bensì il grande sport dei calci nel sedere per andare avanti. (continua)   

mercoledì 6 giugno 2018

Quando i papà giocano a passami il neurone

Nel mondo del calcio giovanile ci sono tanti papà del pallone che sono diventati grandi professionisti nel gioco del neurone. 
Allo stato normale ognuno di loro ne possiede nel cervello uno solo, che si muove sconfortato in uno spazio vuoto ribaltando contro le pareti della scatola cranica. Questa situazione comporta uno stato di rincretinimento tipico da tifoso di stadio, azioni istintive e prive di senso a volte anche violente. 
Il gioco consiste nel mettere a loro disposizione una scatola speciale contenete un neurone. Chi riesce a pronunciare il proprio nome, ricordarsi il giorno del compleanno della moglie o del matrimonio oppure a scoprire il colore del cavallo bianco di Napoleone, si accaparra per un giro il neurone che mettendosi in connessione con l’altro che possiede già, gli fa provare l’ebrezza di pensare e di esprimere un concetto sensato che non necessariamente riguarda il calcio. 
Il più fortunato alla fine si porta il neurone a casa e nel tempo inizia a ragionare e a comportarsi bene in occasione delle partite (e in generale nella vita) come dovrebbe fare un genitore serio e responsabile. Alla prossima seduta.

venerdì 25 maggio 2018

Il DNA non c’entra niente

Cari amici di terapia, in questo periodo in cui anche il settore del calcio giovanile non è esente da smanie di calcio mercato, con società che cercano a vicenda di fregarsi i giocatori migliori per la prossima stagione, c’è una domanda che mi assilla. Una domanda importante come quelle che riguardano l’esistenza di Dio o di altre forme di vita nell'universo. Ecco il quesito: perché le società professionistiche sono convinte che se un ragazzo è talentuoso a giocare a pallone automaticamente lo deve essere anche il fratello? 
Se ne prendono uno fanno subito scattare la caccia a eventuali fratelli più piccoli o più grandi che praticano la stessa disciplina. Ho visto società anche famose scannarsi tra loro per accaparrarsi un fratellino, a suon di proposte economiche e uno stile borderline che ricorda gli scontri tra bande di delinquenti per il controllo di un quartiere. 
Se il ragazzo Pinco è molto bravo a giocare a pallone, non è detto che il fratellino Pallo lo sia altrettanto. Salvo che il talento si trasferisca tramite DNA e che ciò sia dimostrato scientificamente, lo spettacolo è grottesco. Bisogna farsene una ragione o cambiare programma. (continua)

giovedì 17 maggio 2018

Uno bravo lo è anche in strada o in oratorio

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Ho fatto un altro giro di boa, l’ennesimo.
 La stagione sta chiudendo i battenti. I genitori sono ridotti a stracci per il pavimento, tra ansie per la prestazione dei figli calciatori, attesa spasmodica di conoscere se il pargolo verrà confermato oppure accettato in una società più prestigiosa, quintali di salamelle e fiumi di birra. Sono infatti le ultime settimane di passione, tra amichevoli e tornei
Dopo si potrà staccare la spina per qualche mese. I più agitati sono quelli che non riescono a stare fermi più di un anno nella stessa società e costringono il figlio “campionissimo” e “mai compreso abbastanza” a cambiare alla fine della stagione. 
Questi poveri papà nel pallone non hanno ancora capito che non serve saltare da un post all’altro come se avessero una molla sotto il sedere, indipendentemente dal prestigio di una società. Ha senso solo se a richiedere un ragazzo è una professionistica. Quando un ragazzo è bravo può essere notato e contattato anche se sta giocando in strada o nel cortile di un oratorio di provincia. A parte i millantatori e truffatori di professione che pullulano nel mondo del calcio giovanile, le società professionistiche, se il ragazzo ha talento, prima o poi si faranno avanti da sole. È poi vero che in ogni cosa serve sempre un pizzico di fortuna. (continua)

mercoledì 9 maggio 2018

La storia di mister Modestino

In questi anni mi è capitato di tutto, ma non nel mondo del calcio giovanile le sorprese non finiscono mai. Mi hanno raccontato di un mister, detto ironicamente “Modestino”, convinto di essere allo stesso livello di Guardiola, Conte, Mourinho o Allegri, pur allenando una squadra di marmocchi nell'estrema periferia romana. 
Un mister coatto, creativo e capace di cambiare tutto ogni settimana, di fissare regole che poi è il primo a non rispettare perdendo di credibilità. Un mister che è certo di fare carriera e che i ragazzini sono esclusivamente il mezzo per raggiungere questo obiettivo. Un mister che fa differenze, emarginando completamente alcuni giocatori che non vede nei suoi disegni astratti di squadra. Un mister che mette un ragazzo contro l’altro, nello spogliatoio e nel campo. 
Un mister che rimprovera, offende, causa disagi piscologici e non incoraggia mai. Insomma, uno a cui dovrebbero vietare di mettere piedi in una società di calcio (e non solo) e soprattutto di affidargli dei ragazzini. Alla prossima seduta.

mercoledì 2 maggio 2018

Sempre più grandi

La stagione volge al termine. E anche nella squadra di mio figlio c’è chi parte e chi arriva. Gli osservatori sono alla costante di ricerca di nuovi giocatori da inserire nelle proprie squadre, possibilmente dotati di un minimo di livello tecnico su cui poter lavorare. 
Più avanti si va, più il gioco si fa duro e bisogna attrezzarsi per essere mediamente competitivi. Ogni giocatore sarà chiamato a fare la sua parte al servizio della squadra, con più professionalità, come maggiore senso di responsabilità
A 12 o a 14 anni, i nostri figli, sono già giocatori dalla stazza imponente e con un discreto bagaglio tecnico. Sul campo non è più come agli esordi. Si lotta, si fanno e si subiscono falli, si gioca con una mentalità diversa. 
Si seguono schemi, si gioca per vincere o comunque per uscire dal campo a testa alta. E i papà nel pallone più recidivi continuano a stazionare nervosamente nelle tribune vedendo i figli crescere sull'erba. (continua)

mercoledì 25 aprile 2018

Il bene della squadra prima di tutto

Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. È incredibile quanto il comportamento di un mister possa influire sull'andamento generale della squadra. Accade nel professionismo con giocatori adulti, grandi e grossi, figuriamoci con dei ragazzini. 
Nel bene o nel male, molto dipende dalle scelte del tecnico, dalle sue capacità di comunicare e di saper tirare fuori il meglio da ogni elemento della squadra. La regola dovrebbe essere: la squadra prima di tutto
Il mister dovrebbe sempre anteporre il bene della squadra a se stesso, ai propri interessi, alla carriera personale. Anche perché chi lavora bene alla fine è premiato. Ci sono dei tecnici che riescono a trasmettere positivamente la loro passione, altri che fanno danni irreparabili che nei casi più gravi fanno perdere autostima e voglia di giocare a qualche ragazzo, fino all'abbandono dell’attività calcistica. 
Poveri ragazzi. Vogliono solo giocare a pallone, imparare, crescere e invece si ritrovano spesso sopraffatti da adulti frustrati e pazzoidi che rendono tutto assai pesante portando la pressione alle stelle e non insegnando nulla. 
Ci sono genitori invadenti, politiche societarie deficitarie, nani e ballerini che fanno leva sulle aspettative smisurate di avere un grande campione in famiglia per guadagnarci. 
La cosa peggiore resta un mister incapace di comunicare nel mondo corretto e di formare. È quello che accade anche nelle scuole o nelle università.
Magari si tratta di figure molto preparate ma incapaci di insegnare o di allenare. Questo è un mondo difficile. (continua)

mercoledì 18 aprile 2018

Le chiacchiere sui vivai

Se ne parla tanto ma di concreto ancora nulla. Di che cosa sto parlando? Dei fiumi di parole consumati sul rilancio dei vivai, sula necessità di scommettere sui propri ragazzi, per farli crescere e salvare il calcio italiano che da troppo tempo ha smesso di brillare, come dimostra la brutta e pesante esclusione dai prossimi mondiali. 
Ci sono delle società professionistiche che rispetto ad altre investono davvero sui propri giovani, categoria dopo categoria li fanno crescere con l’obiettivo di portare poi i più talentuosi in prima squadra. Dovrebbe essere la normalità, anche per favorire il necessario ricambio generale. 
Con il business delle scuole di calcio, i furbastri pronti a lucrare sulle aspettative dei genitori nel pallone, l’invasione di ragazzi stranieri, arrivare al professionismo è al momento molto difficile, probabilmente impossibile. 
La cosa più assurda è che non sembrano emergere nuovi campioni del livello di Totti, Pirlo, e Del Piero. E anche se ci fossero rischierebbero di essere esclusi, non valorizzati perché le logiche e gli interessi sono cambiati. Alla prossima seduta.

mercoledì 11 aprile 2018

Calcia ovunque tu sia

In ogni angolo di strada, nel campetto di un oratorio, in un prato in montagna oppure in riva al mare, ci sarà sempre qualcuno pronto a dare due calci al pallone. 
Una sfera gonfia di aria che fa restare ragazzi per sempre. Puoi avere 10, 20 o 60 anni ma a questa tentazione di calciare non si resiste, come accade nella simpatica scena del film “Tre uomini e una gamba” del 1997 con Aldo, Giovanni e Giacomo in cui si improvvisa una partita sulla spiaggia. 
Questa è la bellezza del calcio, che il sistema che gli ruota attorno per fare business continua a compromettere. Il calcio è prima di tutto divertimento, poi anche sacrificio. (continua)

mercoledì 4 aprile 2018

Il grande circo del pallone

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di Luca, un ragazzo di 14 anni che gioca a calcio. Amici di terapia in queste sedute vi ho raccontato che attorno al pallone si è creato un circo che non smette mai di stupire, spesso in negativo. 
Da qualche anno, però, si è iniziato a ragionare su quando sia importante che gli adulti esercitino un ruolo positivo, che siano un valido punto di riferimento per i ragazzi. Il problema è che, nonostante gli sforzi, genitori, dirigenti, mister non ci riescono proprio, anzi fanno l’esatto contrario. Così capita che i figli debbano interrompere la partita per correre a separare i loro genitori che si stanno picchiando di santa ragione in tribuna oppure accade che una madre si conceda al mister di turno per fare in modo che il pargolo aspirante campione venga convocato in partita. 
È vero, quello del calcio è diventato un circo di nani, ballerine, furfanti (e a volte anche di zoccole). Mi conforta comunque il lato positivo, quella magia del pallone che provoca vibrazioni di massa che fanno stare bene.  (continua) 

giovedì 29 marzo 2018

Quelli che lavorano e poi i furbetti del palloncino

In questi anni di cammino nell'oscuro tunnel del calcio giovanile ho incontrato diverse categorie di genitori dirigenti. Ci sono quelli super operativi e organizzati che pianificano tutto, delle vere e proprie macchine da guerra efficienti e indistruttibili. 
Probabilmente hanno delle cartelle con documenti e statistiche dettagliate sul il trend di ogni ragazzo, quello della squadra e quello delle altre squadre coinvolte in un campionato o in un torneo. Sanno tutto e per certi aspetti fanno davvero paura. 
Poi ci sono quelli professionalmente più soft, che svolgono bene i loro compiti ma senza farsi prendere da particolari manie, sono positivi e collaborativi, segnalano eventuali criticità e danno dei pareri se richiesto. 
E infine ci sono i furbetti, quelli che accettato l’incarico per non pagare il biglietto di ingresso o soprattutto per seguire fino allo spogliatoio e poi dentro il campo il proprio pargolo. Cercano anche di favorirlo in qualunque modo, influenzando le scelte del mister al momento di preparare le formazioni o di effettuare delle sostituzioni in partita o quando si devono fare delle selezioni per gare o tornei particolare che possono diventare una buona occasione per mettersi in vetrina. 
Conoscevo un genitore che con questo sistema era riuscito a piazzare il figlio, che non era particolarmente talentuoso, in eventi organizzati da società professionistiche o in importanti selezione di livello provinciale e regionale. Si è fatto tardi, devo andare. Alla prossima seduta.

mercoledì 21 marzo 2018

Il ruolo delle formiche operaie

È dura la vita dei dirigenti accompagnatori, dei genitori che mettono volontariamente a disposizione del loro tempo per svolgere diverse funzioni al servizio di una o più squadre. Non sono né carne, né pesce. Non sono considerati dai genitori dei loro pari e non sono presi in considerazione nelle scelte della dirigenza. 
Svolgono un semplice ruolo di formiche operaie e di parafulmine tra genitori e società. Devono lavorare, tacere e mediare ove possibile tra sensibilità diverse. In effetti, si occupano di un sacco di cose, delle maglie, della pulizia, delle distinte, delle previsioni meteo. 
Nelle realtà più serie si evita accuratamente che un genitore svolga la funzione di dirigente per la squadra dove gioca il figlio, al fine di evitare favoritismi veri o presunti e quindi sterili polemiche. Insomma, può accadere la stessa situazione negativa che si verifica nelle scuole, dove ci sono delle mamme che si strappano le vesti per fare le rappresentanti di classe, ma con il solo scopo egoistico di curare gli interessi del proprio pargolo e di fare le super ruffiane con le insegnanti. 
Come al solito, c’è sempre qualcuno che non agisce per la squadra, un gruppo o una comunità, bensì solo per pensare ai propri fattacci. 
Il problema è che nella maggioranza delle società calcistiche giovanili, la scelta è di nominare dirigenti di una squadra i genitori di ragazzi che ne fanno parte. E tutto così può diventare più complicato. (continua)

mercoledì 14 marzo 2018

Alla ricerca del senso civico perduto

Ciao, mia chiamo Greg e sono il padre di un ragazzo che gioca a calcio. Ogni stagione è caratterizzata da altri e bassi, anche sotto il profilo dei rapporti sociali. Come si usa scrivere nei social ci sono anche relazioni più o meno complicate tra i genitori, tra dirigenti accompagnatori e mister, tra mister e dirigenza della società. 
È ovvio che quando le cose vanno bene si procedere con più leggerezza, quando invece sorge un problema o peggio una serie di problemi tutto diventa più pesante di una pietra che affonda in uno stagno nero e melmoso. Basta un granellino di sabbia per inceppare un grande meccanismo. 
Ecco perché ogni società, dilettantistica o professionistica che sia, dovrebbe garantire una buona gestione, una serie di regole che tutti dovrebbero rispettare dal primo all'ultimo della catena. Ognuno deve prendersi le proprie responsabilità, pensare e agire nell'interesse della società, del gruppo e soprattutto dei ragazzi. Come spesso accade, invece, gli adulti non danno esempi positivi. 
In Italia in particolare, ognuno pensa a sé stesso, al proprio figlio, alla propria posizione, alla cura del proprio orticello. Il punto è che senza un minimo di senso civico alla fine tutto va in rovina e anche chi sta meglio o è favorito prima o poi si troverà in fondo allo stagno.  (continua) 

mercoledì 7 marzo 2018

Spendere migliaia di euro per tornei del kaiser

Un altro modo per fare soldi nel calcio giovanile è organizzare i tornei. Cari amici di terapia non faccio riferimento a quelli che ogni società che si rispetti organizza periodicamente per raccogliere fondi e restare in piedi, bensì a quei mega tornei che si giocano lontano da casa, in un’altra regione o addirittura all'estero. 
Che senso ha per una società dilettantistica per quanto blasonata, partecipare a questi eventi chiedendo ad ogni genitore di spendere anche qualche migliaio di euro per un torneo di pochi giorni (dipende dal numero di accompagnatori. Il ragazzo non può essere mandato da solo). Tutto questo quando a pochi metri da casa invece si organizzano tornei di livello che richiedono solo il costo di iscrizione. 
Diverso è poi il caso delle professionistiche che giustamente si sobbarcano le spese (o limitano la richiesta di contributi) e non obbligano i genitori a seguire la prole. Non posso dimenticare di aver conosciuto un modesto operaio che aveva speso 2500 euro per fare andare il figlio a un torneo all'estero, seguendolo con il resto della famiglia. 
È quanto può accadere quando si ha la testa nel pallone e si è disposti a tutto per dare qualche possibilità (spesso fasulla) al proprio pargolo di crescere e di mettersi in mostra. Davvero tutto molto allucinante. Alla prossima seduta, vado via, ho bisogno di relax.

mercoledì 28 febbraio 2018

Osservatori, cacciatori di talenti e cialtroni

Il mondo del calcio giovanile pullula di cacciatori di talenti, i cosiddetti “talent scout” o ancora “osservatori”. A volte si tratta di persone serie che, senza chiedere nessun compenso ai genitori, agendo già per conto di una o più società professionistica dietro retribuzione, individuano, seguono e poi contattano i giovanotti che scoprono seguendo ogni weekend decine di partite del settore dilettantistico o che si disputano nel campetto di qualche oratorio o perfino le partitelle in un parco pubblico. 
Spesso, purtroppo, si tratta di “commercianti” che, in cambio di qualche euro lavorano per strappare baby calciatori da una società dilettantistica e portarli altrove promettendo ai genitori l’impossibile. Nei casi più gravi chiedono anche “contributi” alle famiglie. In realtà, considerando che i talenti veri e propri non nascono come i funghi, l’obiettivo primario è fare numero e cassa a vantaggio di qualche società. Se il ragazzo è così bravo perché deve continuare a pagare l’iscrizione annuale, il trasporto (dove previsto) e tanto altro. 
Gli osservatori seri servono per fare selezione, ma spesso si tratta di gente squallida e pericolosa che gioca per proprio tornaconto con l’insana frustrazione di molti genitori che sperano di dare un senso alla loro vita attraverso l’ascesa calcistica del proprio pargolo.  (continua)

mercoledì 21 febbraio 2018

Offresi carriera calcistica a prezzi modici

Il calcio è diventato soprattutto business, una macchina da guerra per fare soldi a palate ed i contratti milionari dei calciatori professionisti sono solo la punta dell’iceberg. Grazie ad una sfera di cuoio riempita d’aria e presa a calci mangiano migliaia di persone e si muovono miliardi di euro. 
Non è esente il settore giovanile, dove tra l’altro si annidano non pochi pericoli come i furbetti che speculano sulle speranze di molti genitori di avere dei figli campioni. 
Ci sono quelli che in cambio di soldi riescono a fare avere al pargolo dei provini in società professionistiche, altri che se scuci dalle tasche qualche migliaio di euro (mica bruscolini) lo fanno andare avanti (se ha talento). 
Insomma, con i soldi puoi regalare a tuo figlio qualche opportunità di arrivare al professionismo, grazie a loschi personaggi senza scrupoli. Questo ovviamente è il lato oscuro e illegale che sta venendo fuori, anche grazie alle denunce di qualche genitore coraggioso e di qualche prima inchiesta giornalistica che ha già messo sull'attenti le autorità preposte a controllare. L’Italia si conferma un paese subnormale, da ogni punto di vista. (continua) 

mercoledì 14 febbraio 2018

Genitori, fatevene una ragione

In ogni modo, prima o poi finirà. Nel bene o nel male, ma finirà. Non mi sto riferendo alla vita che è una cosa abbastanza seria ma al calcio, alla dipendenza che devasta da sempre le sinapsi di genitori che credono di avere un figlio campione. Anni trascorsi a vedere un figlio crescere tra le palle, dai cinque anni fino all'adolescenza tra storie impossibili, crolli di nervi, speranze ed emozioni bellissime. Un giorno il ragazzo potrà smettere per tante ragione oppure continuare come semplice attività sportiva, ma in pochissimi (lo sappiamo tutti) arriveranno al professionismo. Perfino quelli che sono stati selezionati e allevati sin dalla tenera età nelle società professionistiche spesso e volentieri non raggiungono l’ambito traguardo. I papà nel pallone devono farsene una ragione. Anche nel calcio servono talento, testa e una buona dose di fortuna. E qualche volta un calcio in quel posto dove non batte mai i sole. Ci aggiorneremo alla prossima seduta.

mercoledì 7 febbraio 2018

Vietato improvvisare

Niente è mai come sembra. A volte il mister che appare serio, preparato e professionale si rileva una grande fregatura. Mentre quello a cui non daresti neanche 10 centesimi di euro alla prova dei fatti risulta un allenatore bravissimo da ogni punto di vista. Non è facile gestire dei ragazzi. E ogni errore si paga o si fa pagare a caro prezzo, soprattutto durante la delicata fase dell’adolescenza. Ecco perché pure nel mondo del calcio giovanile, sport particolarmente amato e seguito da migliaia di ragazzini, non è possibile improvvisare. (continua)

mercoledì 31 gennaio 2018

Come una scatola di cioccolatini

Sono Greg, il papà di un ragazzo che gioca a calcio. “La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita”, amava ripetere il personaggio cinematografico Forrest Gump. Lo stesso concetto si potrebbe estendere anche alle società dilettantistiche di calcio, soprattutto per quanto riguarda l’assegnazione annuale del mister a una squadra. 
Qual è il problema? Nelle società più strutturate e professionali tutto avviene secondo rigidi schemi prestabiliti, elaborati da esperti tenendo conto di diversi e importanti fattori. Ogni mister ha un programma settimanale di allenamenti da seguire alla lettera. Deve segnare tutto, dal trend del singolo ragazzo ai risultati della squadra. Niente può essere lasciato al caso. Le verifiche sono continue e rigide. 
In molte altre realtà, purtroppo, non è così e, di fatto, ad ogni mister viene lasciata la più ampia libertà, in sostanza la facoltà di allenare come meglio crede i ragazzi. Ai genitori non resta che affidarsi alla Madonna e a tutti i santi e pregare senza sosta per intere settimane, per ottenere la grazia di avere assegnato un mister capace di educare e allenare. Quando questo non succede è un disastro. Le giovanili si reggono sul volontariato ma certi errori possono avere effetti molto negativi sulla crescita di un ragazzo. (continua)

mercoledì 24 gennaio 2018

Arbitri diversamente giovani in campo

Nei campi di calcio dispersi nella profonda provincia può accadere di tutto, come vedere arbitri diversamente giovani e più gonfi del pallone gestire una gara arrancando da una parte all'altra del campo. 
Fanno tenerezza ma destano anche non poca preoccupazione. Sono vistosamente in difficoltà e senza fiato, avrebbero bisogno di portare alla bocca il tubo di una bombola di ossigeno, anziché il fischietto di ordinanza. 
I genitori più sensibili in tribuna hanno spesso la tentazione di chiamare per sicurezza una ambulanza. La divisa è almeno di due taglie più piccole. Nonostante ciò, può anche accadere che gestiscono benissimo la gara e allora tutto il resto non conta. È quello che volte passa il convento e bisogna accontentarsi. Alla prossima seduta.

mercoledì 17 gennaio 2018

Il piacere di farsi coprire di insulti

Gli arbitri sono delle creature speciali. Non ho idea di cosa possa spingere adulti responsabili a scegliere questa strada, a farsi coprire puntualmente ad ogni partita di indicibili insulti. Devono essere dotati di grande controllo o forse sono soltanto dei masochisti. 
A volte ci mettono del loro per agitare gli animi tra le tribune, ma spesso fanno solo il proprio dovere facendo rispettare le regole.
Pubblico, mister, dirigenti e a volte perfino giovani calciatori li invitano ad andare in quel posto dove non batte mai il sole e protestano con veemenza e la bava alla bocca. Non c’è niente da fare. L’arbitro non è visto come un giudice di gara, ma come un nemico, l’avversario in più. (continua)

mercoledì 10 gennaio 2018

Un toro impazzito in campo

Sono Greg, il papà di un ragazzo che gioca a calcio. Ci lasciamo alle spalle le festività natalizie, in cui il piccolo pazzo mondo del calcio giovanile ha fatto la sua sporca e grassa brutta figura. 
A ridosso della vigilia di Natale è stata disputato un triangolare, un torneo amichevole organizzato per tenere in “forma” i ragazzi e rimediare in parte ai bagordi del periodo. Sulla carta tutto tranquillo ma sin dai primi calci al pallone si è intuito che qualcosa non sarebbe andata nel verso giusto. 
Il ruolo di arbitro è stato affidato, tra pacche sulle spalle e sorrisi di plastica, a uno dei dirigenti delle tre società coinvolte. Ma subito il pubblico formato da prevalentemente genitori, nonni, combattenti e reduci di guerra ha iniziato a rumoreggiare per le scelte dell’improvvisato giudice di gara, il quale in più occasioni ha perso la pazienza facendo anche brutti gesti verso le tribune. 
Il clima si è surriscaldato. In realtà, non stava arbitrando male ma tutti i parenti degli aspiranti calciatori sono nel pallone e basta poco per esprimere rabbia repressa nei meandri più scuri del loro stomaco, probabilmente sin dall'infanzia. 
Ad un certo punto, il mister di una delle squadre in campo, in completo sportivo rosso fuoco ha sbagliando iniziato anche lui a inveire contro l’arbitro. Adesso non so se la colpa è stata del colore sgargiante del suo abbigliamento, dall'improvvisa dipartita dei pochi neuroni presenti nel cervello, ma l’arbitro lo ha puntato e fissato con rabbia per qualche secondo. 
Poi come un toro impazzito ha iniziato a corrergli incontro a testa bassa. Il mister è rimasto paralizzato fino a quando gli è arrivata una testata in pieno volto così violenta che lo ha fatto rimbalzare all'indietro. Naso fratturato e inevitabile conseguenze. È stata proprio un’amichevole da dimenticare, un altro cattivo insegnamento per i ragazzi. (continua) 

mercoledì 3 gennaio 2018

Non fidatevi mai delle apparenze

Non bisogna fidarsi mai delle apparenze. Nel mondo del calcio giovanile l’ho imparato più volte a mie spese. Si conoscono genitori che sembrano persone distinte e poi invece durante le partite si rilevano i peggiori, si trasformano in cafoni violenti che bestemmiano e si agitano in modo innaturale come se fossero posseduti da un demonio.  
E ancora per fare un altro esempio, si incontrano mister, cui i ragazzi e le famiglie danno piena fiducia, capaci di predicare benissimo ma di razzolare molto male facendo tanto di quei danni ai ragazzi e all'ambiente societario, che poi è difficile porvi rimedio. Servono educatori, figure professionali certificate per formare ed educare gli adulti. Adesso vi saluto, alla prossima seduta.