lunedì 28 dicembre 2015

Tecniche di distrazione di massa

La tecnica di Ugo, meglio conosciuto come Grissino, è oramai chiara a tutti nella Soccer Kids: pur di distrarre l’attenzione da suo figlio che non è un fenomeno, trascorre il tempo a fare casino e a provocare tensioni a destra e a manca prendendo di mira con battutacce una dopo l’altro i genitori e gli altri ragazzi della squadra. La scorsa settimana, per esempio, ha afferrato per un braccio il papà del portiere e gli ha detto con il suo fastidioso vocione che si sente a chilometri di distanza: “Tuo figlio non mi è piaciuto. Non ha giocato bene. Mettilo a posto. Si è cagato sotto. Si è fatto prendere dalla paura ed è stato incapace di parare per tutta la partita. Gli devi fare un bel discorsetto, altrimenti inizieremo a perdere tutte le partite”. 
L’altro genitore, che è anche un po’ timido e balbuziente, era in evidente difficoltà e incapace di accennare un minimo di reazione. Ugo allora ha rincarato la dose continuando a mortificarlo per tanto tempo intervallando le sue battutacce con risate ed energiche pacche sulle spalle a qualche stupido sodale. 
Nessuno è intervenuto. Alla fine, mi sono preso di coraggio, come quando ai tempi della scuola si affrontava il bulletto di turno, e gli ho detto: “La smetti. Andrea ha giocato benissimo ed ha anche fatto delle parate eccezionali. Se riesci a essere obiettivo, devi ammettere che se esiste qualche problema bisogna guardare più avanti della porta. Nelle ultime partite spesso uno o più avversari si sono ritrovati con troppa facilità da soli davanti al portiere. Evitiamo poi i commenti contro i ragazzi, che non fanno bene a nessuno. Anzi sosteniamoli quando sono in difficoltà”. Non lo avessi mai detto. Indirettamente ho spostato l’attenzione su suo figlio (che secondo lui nella peggiore delle ipotesi diventerà il più grande giocatore della nazionale). Il richiamo a Ugo mi è costato settimane di rottura di scatole, battutacce volgari e attacchi gratuiti contro mio figlio, la mia persona e perfino la mia famiglia. (Continua)

lunedì 21 dicembre 2015

Ugo Grissino e il Natale

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Cari amici di seduta, oggi vi voglio parlare del Natale. Si racconta che in questo periodo dell’anno bisogna essere particolarmente buoni e felici. Non è più così da un pezzo. Molta gente per mille ragioni non regge la patinata atmosfera natalizia, è arrabbiata e spesso anche con la bava alla bocca. Ringhia e ridurrebbe volentieri a brandelli il prossimo anziché abbraccialo con affetto. Anche i campi di calcio del settore giovanile non sono immuni da questa tendenza, anzi la cattiveria natalizia emerge con forza tra alcuni genitori che, perfino nelle ultime partite prima della pausa natalizia, riescono a dare il meglio del loro peggio.  Uno che ha perso completamente la trebisonda è Ugo, un uomo magrissimo e alto quasi due metri. Una sorta di grissino gigante tanto antipatico e inarrestabile che in questo periodo più del solito sciorina ad alta voce tutta una serie di giudizi negativi e cattivissimi contro i compagni di squadra del figlio, le scelte del mister, gli altri genitori. Lo conosciamo come un tipo spontaneo ma puntualmente a Natale esagera e diventa più aggressivo, volgare e seminatore di zizzania. Se fosse un cane rabbioso andrebbe soppresso, ma essendo almeno all'apparenza un essere vivente di forma umanoide la lobotomia potrebbe essere una valida alternativa. (continua)

lunedì 14 dicembre 2015

Quando sale il magone

Degli anni già trascorsi nel mondo del calcio giovanile ho già archiviato tanti ricordi. Quasi sempre le situazioni belle superano di gran lunga le spiacevoli. I momenti di aggregazione per seguire le trasferte della squadra sono stati di certo le migliori, soprattutto quando si è trattato di tornei di più giorni disputati in altre regioni italiane. Ragazzi e genitori insieme come una grande famiglia e con l’atmosfera rilassante che ricorda tanto le gite fuoriporta in gruppo. Noi genitori tossici del pallone ogni tanto ci ritroviamo a sfogliare le foto delle stagioni passate e nel vedere come sono cresciuti i nostri ragazzi e i volti di vecchi amici di campo ci sale il magone. Ma la palla continua a girare e bisogna andare avanti settimana dopo settimana, almeno fino a quando i pargoli avranno voglia di praticare questo sport. È tutto per questa seduta.

mercoledì 2 dicembre 2015

Questa è la maglia che ho sempre sognato

Luca gioca a fare il duro ma forse si lega troppo ai colori della squadra e ai suoi compagni. Ci tiene veramente. Non so dirvi se è un bene o se è un male. Quando lo scorso anno un suo compagno di squadra con cui ha giocato per 4 anni di fila ha lasciato la squadra per seguire la famiglia all'estero, mi ha fatto tanta tenerezza. Durante i saluti alla festa organizzata per l’occasione si è comportato normalmente, sorridendo e scherzando con tutti. Non appena siamo entrati in macchina per andare via, ha tirato in alto il colletto della giacca per nascondere le lacrime. È fatto così. Deve ancora abituarsi all'idea che da una stagione all'altra possono cambiare squadra e società, può cambiare veramente tutto. Ogni anno c’è chi resta e c’è chi parte, bisogna farsene una ragione. Altri suoi compagni che nel tempo sono andati altrove non hanno tradito alcuna emozione. Forse è meglio così. In fondo pensando alla Serie A, quanti sono i giocatori professionisti che ogni anno cambiano la squadra e all'inizio della stagione dichiarano spudoratamente sempre la stessa cosa: “Questa è la maglia che ho sempre sognato indossare”. (Continua)

martedì 24 novembre 2015

C’è chi viene e c'è chi va

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Sono trascorsi sei anni da quando Luca ha iniziato a tirare calci al pallone. Si sono incrociate molte vite e molte storie. E inizio a non ricordare più tutti. Ogni anno, anche quando si rimane nella stessa società, le formazioni si rinnovano, si perde per strada qualche ragazzo perché ha deciso di cambiare, di smettere o ancora è stato cortesemente invitato ad andarsene. Ne arrivano dei nuovi con la propria chiassosa ciurma di sostenitori: genitori, nonni, zii e perfino vicini di casa. La bellezza del calcio giovanile è che ti fa incontrare tanti genitori, alcuni diversamente simpatici, altri con cui si innescano spontaneamente grandi amicizie. Non sempre però durano nel tempo, soprattutto a causa di forze maggiori. Luca, per esempio, aveva legato in particolare con tre suoi compagni di squadra che adesso non sono più in squadra: uno ha cambiato società e due si sono trasferiti altrove e precisamente in Germania e in America. Le loro famiglie per motivi di lavoro si sono dovute trasferire all'estero, sono emigrate. I social aiutano a mantenersi in contatto, a scambiare ricordi e nuovi momenti di vita ma non è la stessa cosa. Non si è più insieme campo dopo campo per i 10 mesi che dura una stagione calcistica. Non si è più insieme a condividere emozioni, birre e salamelle. Ma i contatti si perdono anche quando un ragazzo si trasferisce in un’altra società calcistica della stessa città. È inevitabile, si entra in un altro girone infernale che detta tempi e regole con nuovi ragazzi, dirigenti e genitori. (continua)

martedì 17 novembre 2015

Come ti drogo il pupo

Quando un ragazzo si infortuna ogni genitore reagisce in maniera diversa. Il denominatore comune, una volta assicurato che non si tratta di nulla di grave, è il dispiacere per il periodo di riposo forzato ma necessario. Si interrompono abitudini e tutto quello che ogni settimana riserva il pazzo circo del calcio giovanile. È vero che magari il ragazzo, se le condizioni lo permettono, potrà andare a seguire le partite e stare in panchina con i compagni di squadra. Ma non è la stessa cosa, anzi forse  è peggio. Lui freme, vorrebbe essere in campo, partecipare all’azione. Ci sono genitori che capiscono la situazione, rispettano le indicazioni del medico e cercano di rendere tutto il meno pesante possibile per il pargolo. Altri assatanati invece pur di fare tornare il più presto possibile il figlio in campo, in barba alle indicazioni mediche e soprattutto al buon senso, drogano il proprio figlio nel senso che lo riempiono di antidolorifici, creme, unguenti misteriosi, cerotti speciali e ricorrono anche a riti magici, benedizioni divine o a consulenze mediche dei marziani. Il risultato? Se va bene il ragazzo riprende l’attività normalmente, in caso contrario peggiora il suo stato con l’aumento del periodo di fermo questa volta obbligatorio di almeno un mese. È vero, certi genitori dovrebbero essere lobotomizzati. Vi ho detto tutto per questa seduta. Alla prossima cari amici di terapia.

giovedì 5 novembre 2015

Ecco i primi infortuni

In campo i bambini di 11 anni alti 180 centimetri fanno paura. Sembrano uomini ma hanno ancora la vocina. Qualcuno per fortuna ha una corporatura normale ma in ogni modo con questi scatti di crescita iniziano anche i guai fisici, gli infortuni in partita e durante gli allenamenti. Anche Luca ha avuto il suo primo infortunio in allenamento ed è rimasto fermo 20 giorni. Durante un esercizio si è stirato un muscolo della gamba. Stop immediato e serie di visite dallo specialista con esercizi progressivi per favorire la ripresa. Ho così scoperto che questa è una fase delicata per i ragazzi, il loro corpo è in continua crescita e soprattutto i più sviluppati si devono scaldare bene per non correre rischi. Il problema è tenere a bada un mostriciattolo di 180 centimetri abituato ad allenamenti intensi e partite ogni settimana. Il pupo a casa si sente in gabbia. Non scarica energia, diventa matto e fa disperare tutta la famiglia. Bisogna avere tanta pazienza e chiedere l’aiuto della Madonna e di tutti i santi per andare avanti e superare il periodo di riposo forzato. (continua)

giovedì 29 ottobre 2015

Una generazione di giganti

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Anche se oramai è inappropriato chiamare bambino un organismo pluricellulare di sesso maschile di 11 anni che mi ha superato in altezza di una spanna. Le nuove generazioni fanno paura. I genitori possono anche essere dei puffi ma loro diventano lo stesso delle stanghe di almeno 180 centimetri. Crescono a vista d’occhio. Non si fa in tempo a comprare un paio di scarpe per la stagione calcistica che dopo un mese saltano un numero e bisogna tornare in negozio. Lo stesso discorso per l’abbigliamento. È un problema, anche per le tasche dei genitori. L’unico modo per fare durare gli acquisti e contenere le spese è prendere sempre taglie comode, almeno una misura in più. La domanda sorge spontanea: ma che cosa hanno messo nel cibo con cui in questi anni abbiamo nutrito i nostri figli? Roba chimica che trasforma i pargoli in giganti? (continua)

sabato 17 ottobre 2015

La mamma più buona del mondo

Ricordo il caso particolare di una mamma di un ragazzo che ha lasciato un vuoto incolmabile nello stomaco dei componenti della squadra, allenatori genitori e dirigenti compresi. Ad ogni occasione si presentava con manicaretti irresistibili. Preparava torte e pizze di una bontà estrema. Una mamma/moglie così ognuno la vorrebbe per sempre. Il problema per assurdo è stato il figlio, un discreto giocatore che ad un certo punto ha detto basta a scarpette e pallone. Abbiamo fatto l’impossibile per non farlo andare via (ed egoisticamente per non perdere le delizie che ci preparava la madre). Siamo riusciti a trattenerlo fino al termine della stagione ma dopo l’estate come previsto ha voluto cambiare sport. Ancora oggi, quasi ci commuoviamo quando parliamo di lui, dei suoi passaggi perfetti al centro del campo per servire le fasce. Ma soprattutto si bagnano le nostro papille gustative nel ricordare le delizie che ci preparava la madre. La mamma più buona del mondo. È tutto per questa seduta. Alla prossima.

martedì 6 ottobre 2015

A MasterChef Italia nel post partita

Le mamme che preparano i manicaretti sono capaci in una frazione di secondo di montare un campo base, dove fare degustare le pietanze a pargoli e papà. Non ha importanza se si tratta dello spogliatoio, della sala riunioni della Soccer Kids o di una striscia di terra a ridosso del rettangolo verde. Sono bravissime. 
Prima iniziano con i biscottini e il thermos pieno di the, poi passano alla torta e dolcini vari, poi nel corso dell’anno aggiungono pizze e nei casi estremi un pasticcio di pasta al forno. Anche perché qualche mamma giura di aver sentito su Sky che i giocatori della serie A dopo le partite vengono nutriti con piattoni di pasta fumante. 
A volte le mamme si organizzano anche in squadre e competono come i concorrenti di MasterChef Italia, quelle che si specializzano sulle torte e quelle sulle pizze o altro. 
La sensazione nel corso dei mesi della stagione calcistica è che nessuno uscirà affamato dal campo. Anche in questo caso seguire un figlio a calcio permette di testare certe abitudini italiane. Ai pargoli in scarpette, dopo un allenamento o una partita, basterebbe veramente poco per fare recuperare energie, come un succo di frutta o una merenda possibilmente non industriale. Ma le mamme sono le mamme e devono poter dare sfogo a tutta la loro frenesia culinaria. (continua)

lunedì 28 settembre 2015

Houston, abbiamo un problema

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Cari amici di terapia ci sono dei meccanismi mentali che non bisogna assolutamente innescare.
Durante la stagione bisogna restare vigili altrimenti è un problema. Mai assecondare e complimentarsi con le mamme che improvvisamente decidono di preparare dei manicaretti per i ragazzi della squadra.
I pretesti possono essere tanti, inizialmente anche validi, come un compleanno, la cresima o qualsiasi festività segnata in rosso nel calendario. Può capitare che alla fine della partita qualche organismo pluricellulare di sesso femminile si presenti con teglie di pizza, bevande, croccanti patatine, dolci fatti in casa e altre allettanti pietanze. Le quantità possono essere tali da sfamare tutto il pubblico di San Siro in occasione del derby Milan - Inter, figuriamoci i ragazzi della squadra con rispettivi genitori.
La situazione si complica se queste mamme volenterose ricevono i complimenti perché in automatico scatta un’assurda competizione in puro stile MasterChef Italia. Non riesce a fermarli più nessuno ed è il proprio il caso di urlare: “Houston, abbiamo un problema” come gli astronauti dell’Apollo 13. (continua)

mercoledì 23 settembre 2015

Altro giro, altra corsa

Tornando agli allenamenti il passaggio alla categoria esordienti non sembra indolore. Il campo è più grande e si gioca in nove. I ragazzi dovranno prendere bene le misure, capire dove stare, come e quando muoversi. Non è facile ma l’allenatore è in gamba ed ha molta pazienza.  Ai primi allenamenti la tendenza costante dei ragazzi è stata di stringersi tutti verso il centro del campo di gioco, per stare vicini come burro e marmellata. La squadra si è anche allargata con l’ingresso di nuovi ragazzi che dovranno prendere confidenza con i compagni e lo stile di gioco della Soccer. Insomma, altro giro, altra corsa. La nuova stagione è iniziata. Non mi resta che prenotare settimanalmente le sedute di terapia per raccontarvi queste storie. Alla prossima.

lunedì 14 settembre 2015

La creatura perfetta

Se al rientro delle ferie, che oramai sono un lontano ricordo, i commenti dei papà riguardano le presunte eccezionali doti fisiche e calcistiche dei propri pargoli, la musica cambia passando in rassegna le mamme. Cari amici di terapia mi ha colpito in particolare una che ha iniziato a raccontare, senza che nessuno glielo avesse chiesto, le grandi imprese del figlio durante l’estate. Ha parlato per circa 15 minuti senza interruzioni descrivendo il figlio come una sorta di superman: un ragazzo che ogni giorno di vacanza si è allenato duramente con la palla, si è divertito mostrandosi un abilissimo nuotatore (roba da fare impallidire i campioni della nazionale), nonché un carismatico leader di gruppo che ha fatto perdere la testa a tante ragazzine in spiaggia e, infine, si è rilevato anche uno studente modello. In una settimana ha esaurito tutti i compiti per le vacanze ed ha poi chiesto dei libri extra per tenere allenata la mente.  Praticamente, un figlio modello da clonare in milioni di esemplari per rilanciare la nazione, creare la classe dirigente del futuro e cancellare per sempre la parola crisi dal vocabolario.  (continua)

lunedì 7 settembre 2015

Come al mercato del bestiame

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Esaurito il conto alla rovescia è iniziata (puntuale come un orologio svizzero) la stagione calcistica 2015 - 2016. Salto di categoria per i ragazzi della Soccer Kids, che passano da Pulcini a Esordienti, giocheranno in nove in campo più grande. Sono cresciuti fisicamente e sembrano gli unici a essere in ogni senso con i piedi per terra. 
Per il resto, come sempre, i genitori sono già su un altro pianeta e riescono a trasformare anche il rientro in campo per gli allenamenti in un grande e grottesco circo della vita. Tutti abbronzatissimi si scambiano baci, sorrisi e pacche sulle spalle come fratelli ritrovati. 
Ma la carrambata dura soltanto qualche minuto e poi subito a guardare i ragazzi che si allenano per scoprire chi è diventato più alto degli altri, chi ha messo qualche chilo o al contrario chi si è asciugato come una acciuga, il taglio di capelli, le scarpe nuove, il portamento e tanto altro ancora. Sembra di essere al mercato del bestiame, ci manca solo qualcuno che come che come per i cavalli apra la bocca del piccolo giocatore per controllarne la dentatura. 
Poi c’è il papà talebano, quello che: “Mio figlio durante le vacanze non si è staccato un attimo dal pallone. Si è allenato tre ore al giorno e ha disputato un sacco di partire in spiaggia e nel campo del villaggio turistico. Una macchina da guerra. In questa stagione non lo fermerà nessuno”. Che Dio abbia pietà di lui.(continua)

venerdì 21 agosto 2015

Papà che parlano da soli

Insomma, un vero “papà nel pallone” in astinenza durante le ferie si fa riconoscere e compatire ovunque. La crisi si calma solo quando, magari nel max schermo del bar del villaggio turistico, iniziano a mandare in onda le partite amichevoli di preparazione delle squadre di Serie A. Un palliativo che lo placa per qualche ora, anche se ogni tanto cercando di coinvolgere il figlio gli urla: “Vieni, guarda e impara le tecniche di gioco. Da settembre sarai un esordiente. Giocherete in nove in campo più grande. La prossima stagione sarà decisiva. Dovrai fare la differenza, altrimenti sarai fuori. Hai capito?”. Solo a questo punto capisce che sta parlando da solo. Il figlio si è già spostato in piscina con gli amici. Si tuffa e ride di gusto. Giustamente si gode l’estate. Mentre il padre a occhi aperti continua a sognare di avere allevato un campione. Va bene così cari amici di terapia. Alla prossima seduta.

martedì 11 agosto 2015

Guardate che bravo mio figlio

Ci vuole poco a fare scattare l’astinenza: un pallone che rotola sulla sabbia, una notizia sul calciomercato della Serie A in televisione, rivedere nel telefonino una foto del proprio pargolo in azione sul campo. Gli unici che riescono a staccare veramente sono i figli che si godono la pausa con gli amici, tra piscina, escursioni e mare. Non sentono la mancanza del pallone, a parte qualche sporadica partitella. È in queste occasioni che i loro papà trovano un attimo di sollievo e si godono ogni azione come se fosse la finale del campionato del mondo. Non ha importanza se i figli stanno giocando in spiaggia, in un cortile o in un qualsiasi campo di patate di un qualsiasi villaggio turistico. Allora ecco che i neuroni si spengono e risale la bestia e iniziano commenti ad alta voce non richiesti: “Guarda che bravo mio figlio, si vede che ha il calcio nel sangue. Gli altri sono dei brocchi” o “Forza dai, saltali tutti e segna, fai vedere chi sei, un calciatore della Soccer Kids” oppure “Passategli la palla che mio figlio vi fa vedere come si gioca a pallone” e altre amenità del genere. I genitori normali iniziano a guardare questi esaltati, spesso in costume e ciabatte e la panza bene in evidenza, come se fossero dei pericolosi malati di mente. Qualcuno, infatti, impaurito richiama il proprio pargolo sussurrando: “Vieni andiamo via. Smetti di giocare con la palla. Non vedi che c’è gente strana in giro?”.  (continua)

martedì 4 agosto 2015

Papà in astinenza estiva

Trainspotting Movie
Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Per i “papà nel pallone” i due mesi della pausa estiva dovrebbero servire per disintossicarsi da una stagione calcistica trascorsa a seguire ovunque la squadra tra campionati e tornei. Invero, le prime settimane riescono a resistere. Tutto è chiuso. I figli sono stati confermati per la stagione successiva, sono state fatte le iscrizioni ed è stato versato in largo anticipo il conquibus. Non resta che godersi le vacanze. 

Il problema è che, come succede ai drogati, prima o poi scattano gli effetti deleteri dell’astinenza, anche nei papà più resistenti. Le ragioni sono facili da intuire. Ogni settimana e per dieci lunghi mesi, da settembre a giugno, hanno trascorso giornate intere dietro gli aspiranti calciatori professionisti, tra allenamenti e partite. Ogni giorno si sono scambiati decine e decine di messaggi con lo smartphone. Poi dall'inizio di luglio, il nulla assoluto. Poveretti si ritrovano soli e spaesati investiti dalla vita normale. Qualcuno ogni tanto manda la foto del proprio pargolo da una località turistica di mare o di montagna o qualche battuta per tentare di innescare una pioggia di messaggini ma non sempre funziona e comunque il botta e risposta si esaurisce in poco tempo. (continua)

sabato 25 luglio 2015

Stati di paranoia collettiva

Un ragazzo che viene escluso dalla rosa della squadra ci resta sicuramente male ma una volta collocato in un’altra società ricomincia con voglia di riscatto e dimentica tutto in fretta. Non è la stessa cosa per i genitori che invece entrano in uno stato di grande paranoia collettiva. In particolare, nell'attesa del responso cominciano a chiamarsi e a messaggiarsi via sms decine e decine di volte al giorno, nella speranza di sapere qualcosa di nuovo, che da qualche parte dell’universo trapeli una notizia sulle conferme, gli addii e i nuovi arrivi da integrare nel gruppo. 

La sensazione di tutti, anche di quelli più razionali che solo apparentemente si contengono, è di stare sulla graticola. Non sanno che fine faranno i propri pargoli aspiranti campioni. Le domande che frullano nelle menti deviate di questi adulti fanatici del pallone sono sempre le stesse: “Mio figlio sarà confermato? E se la società lo dovesse mandare via? Riuscirò a comunicargli la mesta notizia nel modo corretto? Possibile che ancora non si sappia niente? Come accadrà il domani? C’è vita su Marte? Il pallone è il gioco più amato del sistema solare?”. 

Insomma, un logorio continuo e doloroso del tessuto celebrale che si placa quando arriva il fatidico giorno, quello della comunicazione ufficiale da parte delle società di calcio giovanile delle rose di ogni squadra per la prossima stagione. Come a scuola quando espongono i quadri riguardanti ammessi e bocciati o come nel programma televisivo “Il Grande Fratello”, dove si viene nominati con il rischio di essere cacciati via, si provano emozioni forti, anzi fortissime: tensione, paura, sudorazione eccessiva; pallore in volto; tachicardia. Qualcuno inizia anche a balbettare o a svenire ripetutamente sbattendo la faccia contro il freddo pavimento. 

Da questo stato paranoico si passa immediatamente alla felicità estrema, quando si apprende della conferma del proprio ragazzo. In caso negativo, invece, si lascia la sede della società trascinandosi a testa bassa. Scatta il “de profundis” e sul cofano della propria macchina come per magia in bella mostra si materializza anche un mazzo di garofani. Neanche a un funerale di un parente si prova così tanta tristezza. Non serve a molto la solidarietà, le sentite condoglianze espresse dagli altri genitori i cui figli sono stati invece confermati. 

Basta, sono stanco. La stagione è finita. Il mio Luca è stato confermato e tutti in famiglia abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Sono un papà nel pallone. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta.

mercoledì 15 luglio 2015

La selezione naturale nel calcio

Finita la stagione, per circa 30 giorni, giocatori e rispettivi genitori restano nella spasmodica attesa di conoscere il proprio destino, la conferma o l’eventuale esclusione dalla squadra. Tutti sono consapevoli del fatto che il proprio pargolo potrebbe essere mandato via, per fare spazio ad altri giocatori che la società ha individuato altrove tramite chi si occupa di scouting e poi reclutato. A volte non basta per un ragazzo avere giocato bene, perché se arriva un giocatore che per i tecnici è più bravo di lui, è fatto fuori senza troppi giri di parole. Punto e basta! È la legge della selezione naturale nel calcio, anche se non estranea a qualche margine di errore. A volte il presunto fenomeno che è entrato in squadra facendo saltare qualcuno, potrebbe poi rilevarsi nel tempo non all’altezza delle aspettative. Evitare questo dipende dal grado di competenze del comparto tecnico. Ora immaginate la pressione cui sono sottoposti i calciatori in piena fase di preadolescenza? Un anno di fatiche e sudore dietro al pallone per poi a fine stagione correre il rischio di non essere confermati. Gli esperti spiegano che così va anche nel mondo del calcio giovanile. (continua)

mercoledì 8 luglio 2015

La prova di nervi finale

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Quando la stagione è finita e i ragazzi appendono le scarpe al chiodo per iniziare a godersi l’estate, i genitori devono affrontare l’ultima ed estenuante fatica, soprattutto se la società dilettantistica è di buon livello. Uno scoglio da superare che mette a dura prova i loro nervi e li debilita anche nel fisico, in alcuni casi provocando insonnia, nausea e nelle situazioni più estreme stati di allucinazione. Il sonno di chi riesce a dormire spesso viene interrotto da incubi della peggiore specie. Quei brutti sogni in cui un papà nel pallone si solleva di scatto dal letto fradicio di sudore gridando: “Nooooo! Mio figlio noooo!”. Cari amici di terapia vi state forse chiedendo dove io voglia andare a parare? Cercherò di essere sintetico e diretto, voi sapete che cosa accade nel mondo del calcio professionistico a fine stagione? Inizia il calcio mercato con giocatori in ingresso e in uscita da ogni squadra. Occorre rinforzare e ottimizzare la rosa in vista dei nuovi campionati. Ecco in piccolo succede la stessa cosa anche nel settore del calcio giovanile, a partire dalle dilettantistiche. (continua)

giovedì 25 giugno 2015

Questo giocatore è scarso

Nell'ultimo torneo disputato dalla Soccer Kids c’è stato un altro colpo di scena. Nel girone finale un papà di una delle squadre avversarie si è attaccato alla rete di protezione del campo, a poca distanza dal nostro portiere. Dopo un goal subito per una sfortunata serie di rimpalli, questo genio di adulto ha iniziato a fare spiacevoli commenti ad alta voce proprio per farsi sentire, sia dal nostro portiere, sia dagli altri in campo: “Tirate! Hanno un portiere scarso, forza che li battiamo. È cotto dal sole, sfondategli la rete. Forza, è scarsissimo”. A parte l’idiozia di farsi sentire apposta dal ragazzo che c’è rimasto molto male, questo genitore non ha messo in conto di poter avere vicino il papà “dello scarso”. Conosco quest’uomo che è solitamente persona mite e silenziosa, ma probabilmente aver sentito offendere in quel modo il figlio gli ha fatto scattare qualche meccanismo nella parte più selvaggia del cervello. È successo tutto nel giro di pochi secondi. Ha afferrato l’idiota per i capelli e gli ha sbattuto ripetutamente la faccia contro la rete, fino a quando siamo intervenuti per fermarlo. Adesso sono stanco. Vi racconterò altre storie alla prossima seduta.

giovedì 18 giugno 2015

La mamma cronometro

Nel torneo dei giorni scorsi i ragazzi della Soccer Kids si sono classificati terzi, ma non è questo che voglio raccontarvi bensì lo show di una mamma di una squadra avversaria. Durante la lunga pausa tra la sessione mattutina e quella pomeridiana, una signora bionda diversamente bella si è avventata contro il mister della squadra di suo figlio. Con gli occhi spiritati e un timbro di voce cavernoso gli ha urlato: “Non mi freghi più. Questa volta ho cronometrato tutto, il tempo giocato da ogni ragazzo. E lo sai che cosa ho scoperto?”. Il mister è rimasto fermo e bianco in faccia in evidente difficoltà. Lei allora gli ha quasi stampato un grosso cronometro in faccia e gli ha detto scandendo bene le parole: “Tredici minuti e quindici secondi. Hai capito bene? Hai fatto giocare mio figlio tredici minuti e quindici secondi in meno. Adesso basta. Non è diverso dagli altri. Non ci sono campioni. Tutti devono giocare lo stesso tempo. Hai capito imbecille?”. Nel frattempo attorno ai due si era formato un cordone di altri genitori incuriositi. Il mister ha provato a balbettare qualcosa: “Ma io! Ma veramente! Non faccia così e che…”. E la mamma lo ha interrotto: “Fottiti. Chiama il ragazzo che me lo porto via. Non lo vedrete più”. Nel giro di pochi minuti ha ritirato il figlio come un pacco ed è uscita dal campo indignata e con la testa alta. (continua)

mercoledì 10 giugno 2015

Caldo di fine stagione

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. L’estate è esplosa in largo anticipo con temperature che superano i 36°. In altre parole, cari amici di terapia, si schiatta. Adesso immaginate come possano sentirsi i ragazzi della Soccer Kids in campo per gli allenamenti o per le ultime partite dei tornei. Sudiamo e soffriamo noi genitori che stiamo seduti comodamente all’ombra e immobili come semafori. Figuriamoci loro che corrono da una parte all’altra del campo dietro alla palla. Ogni tre per due interrompono per bere o mettere la testa sotto il rubinetto. Sono gli ultimi colpi di coda della stagione. Ancora qualche settimana e si chiuderanno baracca e burattini. Anzi, no! Prima, in caso di conferma per la prossima stagione, ogni ragazzo dovrà compilare e consegnare i documenti per la nuova stagione, versare un acconto sulla quota di iscrizione e dare anche il nuovo certificato medico che solitamente è meglio farlo in idonei centri di medicina sportiva. Poi, dopo, forse, si potrà dire che la stagione è finita. (continua)

giovedì 4 giugno 2015

Come una grande famiglia

Dopo avere definito tutti i dettagli e versato le relative quote per il mega torneo in Toscana è iniziato il conto alla rovescia per la partenza. Il fatidico giorno è poi arrivato e in gruppo formando un lungo serpentone di auto ci siamo spostati dal Nord verso la Toscana, fermandoci spesso in autogrill per un caffè. Praticamente una festa, qualcosa di simile a una grande e allegra scampagnata. Almeno il clima è stato questo, ma i ragazzi si sono divertiti e affiatati ancora di più. 

L’albergo che ci ha ospitato è stato più che discreto come i pasti serviti. Noi papà in realtà spesso e volentieri abbiamo preferito cenare nelle trattorie toscane del livornese e in generale approfittare del torneo per qualche escursione turistica ovviamente nei momenti di pausa tra un ciclo di partite e l’altro. Con i ragazzi siamo anche riusciti (non tutti per la verità) a fare il primo bagno a mare nelle note spiagge bianche, lungo il litorale di Rosignano Marittimo. Poco sole e acqua un tantino fredda ma niente può fermare i ragazzi e i genitori della Soccer Kids. 

Come avete notato, cari amici di terapia, vi sto raccontando poco dell’aspetto agonistico del torneo.  L’ho fatto di proposito, anche perché la Soccer ha vinto facile conquistando il primo posto dopo tre giorni di partite contro squadre di livello fisico e tecnico assai inferiore. I ricordi che restano infatti riguardano le cose accadute fuori dal campo, come le chiacchierate nel salone dell’albergo fino a notte fonda, le mangiate in trattoria, le corse mattutine lungo il litorale toscano di qualche papà particolarmente sportivo e le risate dei nostri ragazzi. Anche questa esperienza, in questo caso molto positiva, è stata archiviata. È stato come andare in vacanza con una grande famiglia di 50 persone. Alla prossima seduta.

lunedì 25 maggio 2015

Il calcio fa miracoli

A un torneo ogni ragazzo deve essere obbligatoriamente accompagnato almeno da un genitore. Non è invece imposto che sia tutta la famiglia, fino alla settima generazione, a spostarsi in blocco. Alla fine, al torneo in Toscana, la nostra squadra della Soccer Kids ha partecipato con 50 persone, tra aspiranti campioni del pallone e famiglie al seguito con tanto di pargoletti appena nati e anziani nonni che appena riescono a stare in piedi reggendosi con un bastone. 

Non avete, però, idea dell’effetto galvanizzante di un torneo per un vecchietto. È meglio di qualsiasi programma alle terme e di qualsiasi eccitante, comprese le note pasticche blu. Un nonno che vede correre il proprio nipote dietro a una palla ringiovanisce di 20 anni, inizia a urlare per fare il tifo, a gettare il bastone lontano e ad appendersi alla rete muovendola come fanno le scimmie dello zoo. Il calcio fa miracoli, signori miei.

Altro punto nodale del torneo è stato decidere come suddividere i giocatori nelle stanze. Pur essendoci un forte spirito di squadra, ogni ragazzo ha qualcuno con cui lega di più e con cui spera di finire in camera per ridere e magari giocare insieme con qualche dispositivo elettronico (che in realtà sarebbe vietato). Non sempre però è facile accontentare tutti. In ogni modo, i ragazzi sono stati “distribuiti” in stanze da tre e da quattro. 

Poi è toccato anche ai genitori. Ogni famiglia al completo (madre, padre e eventuali fratelli del calciatore) ha avuto una stanza. I nonni e i genitori singoli (mamma o papà) che hanno accompagnato il proprio ragazzo invece sono stati sistemati in singole o doppie. A me, per esempio, è toccato dividere la stanza con il papà del nostro portiere, un logorroico che continuerebbe a parlare senza mai fermarsi per intere settimane, anche se un terrorista islamico gli separasse con un coltello la testa dal corpo. Un incubo. (continua)

mercoledì 20 maggio 2015

In nome del Dio del Pallone

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. La ciliegina della stagione è stata un viaggio extra nella verde Toscana, una missione in nome del Dio del pallone. La dirigenza della Soccer Kids per la prima volta ha iscritto la squadra di Luca a un torneo interregionale lontano da casa, a una manciata di km da Livorno e a circa 500 Km da casa mia. È stata un’altra esperienza importante per i ragazzi e per i genitori, un modo diverso per trascorrere il ponte del primo maggio. I preparativi sono iniziati con un mese di anticipo. La società si è affidata a un’affermata agenzia specializzata anche nell'organizzazione di tornei di calcio giovanile sul territorio nazionale. A ogni genitore è stato consegnato il programma completo del torneo, albergo, campi di gioco, regolamenti vari e soprattutto le tariffe, circa 150 euro a testa tutto compreso. Nonostante la crisi economica che continua a mordere ovunque, nessuno si è tirato indietro anche al costo di fare qualche sacrificio come rinunciare a una settimana di vacanza estiva. (continua)

giovedì 14 maggio 2015

È tempo di valutazioni

I ragazzi della Soccer Kids sono pronti ad affrontare la sfida dei tornei primaverili? La risposta è affermativa. Ne sono certo. In fondo, per loro si tratta sempre di correre dietro a una palla e divertirsi. Tra alti e bassi continueranno a giocare le partite, a macinare il campo torneo dopo torneo, a tentare di arrivare sempre in finale possibilmente per vincere. Quindi, non è ancora finita. Solo quando si chiuderà la fase dei tornei si potranno rompere le righe, andare in vacanza per poi rivedersi per chi sarà riconfermato a settembre. Infatti, tra maggio e giugno arriva anche il responso della società per ogni singolo ragazzo. Dopo averne valutato attentamente il rendimento della stagione, il comportamento e le capacità di gioco acquisite, le assenze e molti altri fattori si tireranno le somme per poi comunicare in caso positivo la conferma per la prossima stagione o la fuoriuscita dalla squadra. Insieme possiamo farcela. Insieme possiamo resistere e cercare di sopravvivere a questi impegni. Uno per tutti, tutti per una. Alla prossima seduta. 

giovedì 7 maggio 2015

30 partite in 30 giorni

Ai ragazzi si chiede un ultimo sforzo che coincidenze con l’ultimo mese di scuola e lo svolgimento di cerimonie per comunioni e cresime. Allora non si finisce mai. 
I tornei primaverili sono il momento più impegnativo della stagione. Nell'arco di 40 giorni i ragazzi della Soccer Kids disputeranno oltre 30 partite, spesso e volentieri sotto un solleone che annunciando l’arrivo dell’estate farà sudare tutti dentro e fuori il campo. 
Alcuni tornei si esauriranno in mezza giornata, altri dureranno giornate intere e altri addirittura si articoleranno con due incontri a settimana. Un pesantissimo tour de force. 
Molti papà si ingozzeranno di salamelle e affogheranno nella birra tra una partita e l’altra. Qualcuno si stenderà sull'erba o dove capiterà per la prima tintarella ma soprattutto per recuperare energie. Qualche mamma esibizionista esagererà mettendo in mostra più del dovuto. Ma anche questo fa parte dello spettacolo del calcio giovanile. (continua)

mercoledì 29 aprile 2015

Tutti maalox per i tornei

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. La Soccer Kids è arrivata al secondo giro di boa della stagione. È terminato anche il campionato primaverile conquistando la vetta della classifica. Cari amici di terapia si respira un’aria più serena, quasi di vacanza estiva, ma è ancora troppo presto per tirare i remi in barca. Giustamente i ragazzi (guai a chiamarli bambini), il mister, il dirigente e tutta la tribù si vogliono godere il momento. Invero, la pausa sarà molto breve, anzi bisognerà fare scorta di maalox, camomilla e di ogni sorta di tisana antistress. Vi state chiedendo perché? Da maggio partiranno i tornei che amo definire, come sempre, mercati della vacche a cielo aperto perché servono alle società per rubarsi a vicenda i ragazzini più talentuosi. (continua)

giovedì 23 aprile 2015

Alzati e corri

In partita certi genitori cerebrolesi non risparmiano commenti duri e cattivi contro i giocatori della squadra che non stanno andando bene, anziché incitarli a prescindere come andrebbe fatto. Quante volte al primo sbaglio di un baby calciatore ho sentito qualche genitore urlare: “Mister buttalo fuori, cambialo. Oggi non c’è proprio” o “Allora stai giocando o passeggiando? Datti una mossa schiappa”.
Che conseguenze possono avere queste frasi su un ragazzino già in difficoltà in campo? Non credo proprio che possano essergli di aiuto. Solo il mister è autorizzato a riprendere un ragazzo in campo, a incitarlo e se è intelligente a spiegargli le motivazioni del richiamo sempre con il fine di aiutarlo a migliorare e crescere, a correggere eventuali errori.
A volte però un bambino è semplicemente “non in forma” o distratto per tante ragioni che spesso sfuggono al mondo degli adulti. Può accadere perché cosa normale. Tutto questo per molti genitori è invece inconcepibile. Ogni giocatore deve dare sempre il massimo, anche se dovesse ricevere un brutto fallo durante la partita e cadere a terra, dovrebbe alzarsi di scatto e continuare a giocare come se fosse Rambo o Terminator.  Vi racconterò altre storie, alla prossima seduta.

lunedì 13 aprile 2015

Il livello schiappa

Ci sono genitori e allenatori che vedono i baby calciatori come infallibili macchine da guerra del pallone da schierare in campo con la certezza di vincere ogni partita. L’assurdo è che persino Lionel Messi o Cristiano Ronaldo possono sbagliare un passaggio o un tiro, anche se invero succede raramente. Invece, a un ragazzino di 10 anni che sbaglia non si perdona nulla. E così se fino all’altro ieri per lui si sprecavano tutti in complimenti, al primo errore è automaticamente collocato al livello schiappa. Dalle stelle alle stalle, da promettente calciatore che traina la squadra a totale incapace che rallenta il gioco e impedisce ai compagni di avere il giusto ritmo di gara. Un fenomeno questo che in campo può colpire senza pietà qualsiasi giocatore, dal portiere al difensore, dal centrale all'attaccante. (continua)

giovedì 9 aprile 2015

Rambo e Terminator in campo

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. È incredibile rilevare come nella Serie A del campionato ci siano giocatori pagati milioni di euro che attraversano lunghi periodi di basso rendimento o che hanno frequenti problemi fisici. Altri si rompono come grissini al primo scontro in campo. Mi hanno detto che rispetto al passato i ritmi del mondo del calcio sono cambiati diventando frenetici. Anche la pressione mediatica è aumentata a dismisura. Allora se questo è vero per i calciatori adulti e professionisti, perché tornando ai ragazzini di dieci anni che giocano a pallone si deve pretendere sempre il massimo indipendentemente dal fatto che appartengano a società dilettantesche o professionistiche? Non possono ammalarsi. Non possono avere un momento di basso rendimento. Non possono sbagliare. Non possono lamentarsi se subiscono un fallo. I ragazzi, però, non sono Rambo e neanche Terminator. (continua)

domenica 5 aprile 2015

La partita piace maschia

Come sempre in tutte le cose serve un minimo di equilibrio: un campo di calcio non può trasformarsi in un ring, dove i giocatori se le danno di santa ragione. Va bene lo scontro fisico. Va bene usare anche espressioni colorite e tribali come “è stata una partita maschia” o “si sono fatti valere e li hanno schiacciati”. Non ritengo giusto però esagerare, insegnare a colpire duro gli “avversari” per fare male. Non capisco una mazza di calcio ma questo modo di fare non mi piace. Il vero calcio è tutta un’altra storia, un mix di sudore, talento e sacrifici. Amici di terapia a volte penso a cosa farei se mio figlio Luca dovesse subire un brutto fallo? La risposta è che probabilmente reagirei molto male, soprattutto se fosse stato compiuto volontariamente? Farei un casino pazzesco. La colpa non è dei ragazzi, ma ancora una volta degli adulti che spesso portano dei piccoli giocatori sulla cattiva strada pur di ostacolare e fermare gli avversari, quando non ci riescono con le proprie capacità di gioco. In ogni modo, il mondo come il pallone sul campo continua a girare e quindi andiamo avanti. Alla prossima seduta.

sabato 28 marzo 2015

I primi infortuni in campo

Dall'inizio della stagione abbiamo avuto quattro infortuni, quasi sempre causati dai falli degli avversari. Rottura di un polso, distorsioni alla caviglia e stiramenti muscolari che hanno fermato per settimane alcuni elementi della squadra. Alcuni genitori, però si sono esaltati di più. Mi hanno spiegano che il calcio è un gioco maschio e che bisogna imparare anche a prenderle e a darle.  Non mi hanno convinto. Tenere botta è sicuramente importante, ma alla fine vincono sempre velocità, tecnica, grinta e visione di gioco. Tirarsi la maglietta, fare un’entrata troppo energica, dare qualche spallata fa parte del gioco e sono azioni accettabili. Non riesco invece ad accettare dei ragazzini che entrano da dietro a gamba tesa. Questi sono falli brutti che possono fare molto male. Uno di questi ha fermato un giocatore della Soccer Kids per un mese ed è anche andata bene. Il mister del cecchino non ha detto nulla, anzi quando ha visto compiere il fallo dal suo giocatore si è eccitato come una scimmia cocainomane. (continua)

giovedì 19 marzo 2015

Adesso sono ragazzi

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Faccio questa terapia di gruppo da qualche anno e a tratti funziona, nel senso che ogni tanto riesco a sentirmi pulito, disintossicato di calcio. Riesco a seguire con più distacco mio figlio Luca e la sua squadra, l’indomabile Soccer Kids. Ho anche definitivamente smesso a chiamarli bambini, oramai hanno superato il decimo anno di età e sono ragazzini a tutti gli effetti, in positivo e anche in negativo. Vorrebbero ancora più libertà che poi per loro significa fare tutto quello che vogliono. E ovviamente non va bene. Anche in campo le cose stanno cambiando, il gioco inizia a farsi più duro. (continua)

martedì 17 marzo 2015

Quel pugile di presidente

In campo è stato il caos. Mancavano pochi minuti al termine partita falchi Neri contro Soccer Kids con il risultato di 0 a 3 per i secondi. Genitori infuriati sugli spalti, mister della squadra avversaria acciaccato per terra dopo aver tentato di travolgere il nostro, ragazzi immobili in mezzo al campo ad aspettare un segnale qualsiasi sulla possibile esistenza del Dio del calcio per poter riprendere la partita. Nel campo è poi entrato un signore distinto di mezza età, poi identificato come il presidente della A.S.D. Falchi Neri. Ad ogni suo passo diminuiva la confusione attorno al campo fino a quando ha raggiunto nel silenzio assoluto il nostro mister. Tutti abbiamo ingenuamente pensato che fosse intervenuto per sedare gli animi e fare finalmente riprendere la partita e poi andare di corsa via. Invece, senza pronunciare verbo, ha prima fissato negli occhi il mister e poi, come se fosse un pugile navigato, gli ha mollato un potente destro in pieno volto stendendolo a terra. Solo quando sono intervenuti i carabinieri è tornata la calma. Tutto questo avrà delle conseguenze. Per i ragazzi non è stato un buon esempio di civiltà sportiva. Alla prossima seduta.

martedì 3 marzo 2015

Il volo fantozziano

La partita contro i Falchi Neri non è finita bene. Il loro mister di età avanzata al terzo goal segnato dalla Soccer è andato definitivamente fuori di testa e rivolgendosi all’altro allenatore ha gridato: “No! cazzo! Non si può giocare così. Siete troppo fallosi. E poi alcuni ragazzi sembrano maggiorenni. Fermiamo la partita. Voglio controllare distinta e carte di identità”. Il mister della Soccer senza battere ciglio gli ha risposto: “Pensa a giocare. I ragazzi sono in regola. Se non sai allenare la tua squadra e accattare le sconfitte vai a casa”. Apriti cielo! Il tizio dei Falchi è diventato rosso in volto per poi attraversare di corsa il campo come un bufalo inferocito, diretto verso il mister della Soccer Kids con la chiara intenzione di travolgerlo. Ad un certo punto tra gli sguardi esterrefatti dei ragazzi è inciampato su una zolla di terra facendo un volo fantozziano per poi atterrare e strisciare sull’erba fino a fermarsi con la faccia a pochi centimetri dalle scarpe del suo obiettivo. Ma troppo consumato e dolorante per portare a termine la missione punitiva. (continua)

sabato 21 febbraio 2015

Il mister che fa l’arbitro

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Non capitava da tempo: ho vissuto una di quelle situazioni che sconvolgono emotivamente mettendo in dubbio che l’uomo sia l’animale più intelligente del pianeta terra. La definizione di animale è certa, ma sull’aggiunta della parola “intelligente” è meglio lasciar perdere. Domenica i ragazzi della Soccer Kids, che stanno crescendo a dismisura in ogni senso, hanno disputato la prima partita del campionato primaverile giovanile, quello che terminerà ad aprile inoltrato. Grande tensione da parte di tutti, soprattutto nella teste dei genitori raccolti come un gruppo di criceti uno sopra l’altro in un angolo della tribuna centrale del campo. Il primo tempo è andato bene, con qualche momento di difficoltà e tante ripartenze, incitate a squarciagola dal mister, che sono state premiate da un goal fantastico di Luca all’angolino sinistro. Dal secondo tempo la situazione è cambiata perché l’allenatore dei Falchi Neri, la squadra avversaria, ha perso le staffe arrivando anche a improvvisarsi arbitro ma molto parziale perché ovviamente sempre a favore dei suoi. Nel calcio giovanile dovrebbero essere gli stessi bambini a regolarsi. Non è sempre così. (continua)

giovedì 12 febbraio 2015

Ciao pallone ciao

Il bambino che è pressato troppo dal padre inevitabilmente inizia a giocare male, perde la gioia di stare in campo con i suoi compagni e di correre dietro alla palla. L’attività sportiva inizia a diventargli troppo pesante e più il padre lo stressa, più lui vorrebbe appendere le scarpette al chiodo. Il ragazzino non vuole diventare un campione, non vuole essere perfetto. Al momento il suo sogno è divertirsi e se possibile ogni tanto riuscire a gonfiare la rete degli avversari. Certo il calcio, anche a livello giovanile, comporta dei sacrifici ma quando si ha sulla gobba un padre frustrato che vuole riscattarsi attraverso i successi del figlio, la situazione si complica e spesso si finisce con l’abbandonare il pallone. E questo succede anche quando si possiede un innato talento che un genitore dovrebbe lasciare crescere restando dietro le quinte, in silenzio. Il buonsenso non è una virtù diffusa. Adesso sono stanco, alla prossima seduta.

martedì 3 febbraio 2015

Cabbasisi crack

Il mister deve anche sopportare il genitore in crisi esistenziale e che vede tutto nero. L’allenamento non va bene, così come le partite, il sistema di gioco, la posizione dei giocatori in campo, il fatto che sia la terra a girare attorno al sole. C’è di peggio. Fino a quando il papà depresso e insoddisfatto rende partecipe delle sue paranoie il mister o altri genitori in qualche modo si riesce a sopravvivere. Il problema è quando prende di mira uno dei bambini o addirittura lo stesso figlio che ovviamente non è mai all'altezza delle sue aspettative. Uno di questi esemplari di papà l’ho incrociato lo scorso week end in occasione di una partita.  Per 45 minuti ha psicologicamente torturato il figlio rimproverando senza motivo: “Devi essere più deciso. Corri, scatta, fatti passare la palla e segna. No! Così non va bene, mister lo faccia uscire che me lo porto a casa”.  Un’insostenibile rottura di cabbasisi come direbbe il commissario Montalbano. (continua)

martedì 27 gennaio 2015

Un superboy in campo

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Non deve essere facile trovarsi nei panni del mister. Anche se le società sportive più serie impongono di limitare al minimo i rapporti diretti con i genitori dei ragazzi, non mancano occasioni di essere presi d’assalto dal genitore di turno, dalla madre o dal padre e perfino dal nonno bavoso. Vogliono sapere tutto ma proprio tutto sul loro campione in provetta. Ci sono genitori la cui esistenza ruota attorno alla vita del figlio, ogni suo respiro, ogni suo gesto è un evento unico da raccontare. Ho visto un papà puntualmente bloccare il mister per raccontargli le gesta del figlio che ovviamente è così perfetto che bisognerebbe clonarlo. Il mister, riuscendo a stento a nascondere l’imbarazzo, si assorbe la storia che il papà con voce calda e appassionata tiene a raccontare descrivendo una sorta di superboy: ogni mattina si alza e si veste in un attimo come un militare, a scuola studia tanto e ottiene ottimi voti, è molto intelligente, come lui non c’è nessuno, è un talento in ogni attività che svolge, è destinato a diventare anche un grande calciatore anzi è il futuro della nazionale italiana, anzi di più del mondo, anzi di più dell’intero sistema solare. Anche l’amore eccessivo per i figli, può rendere ciechi ma come spesso racconto in queste sedute di terapia bisogna portare pazienza, tanta pazienza (continua).

mercoledì 21 gennaio 2015

Godersi la pace

Cari amici di terapia, dopo sei anni a seguire il mio Luca, per la prima volta mi gusto un lungo periodo di serenità tra i genitori. È vero che quando le cose vanno bene, leggi si macinano vittorie una dietro l’altra, tutti sono contenti e buoni. Ma è anche vero che l’inizio della stagione 2014 - 2015 è stato fantastico. Spesso ci ritroviamo anche fuori dal campo, per una cena o per altri eventi. Tutte scuse per stare in compagnia. In fondo, quando si hanno dei bambini che corrono dietro ad un pallone, si diventa, se ci sono le premesse, come una grande famiglia. Le ore trascorse insieme per gli allenamenti, le partite del campionato o degli interminabili tornei aiutano a fare gruppo, soprattutto quando non ci sono elementi marci che seminano zizzania e la società impone un minimo di rispetto di regole e di buon senso. In questi anni ho imparato che tutto potrebbe cambiare rapidamente in negativo, ma preferisco godermi il momento. Alla prossima seduta.

martedì 13 gennaio 2015

Una squadra di orfani

Le soddisfazioni in campo sono tantissime e anche quest’anno la Soccer ha portato a casa il primo posto nel campionato invernale, stracciando gli avversari con tecnica e una pioggia di goal spinta da un mister veramente in gamba.  Per altri versi, continua a stupire la decadenza di molti genitori durante le partite, sempre più cattivi, arrabbiati e quasi con la bava alla bocca.  Forse complice la crisi ma sembra che cerchino ogni occasione, anche la più futile, per scatenare la rissa, per tirare fuori tutte le loro frustrazioni fregandosene se fuori e dentro il campo ci sono tanti bambini. Alcuni in evidente stato di alterazione, a causa di alcol o di qualche sostanza stupefacente, sono i più pericolosi pronti a scattare come una molla alla prima occasione che più essere un fallo, un goal subito, il commento infelice di un genitore dell’altra squadra. Ed ecco che iniziano a urlare, a minacciare, a dare calci, ad avventarsi contro, ad addentare la gamba di qualcuno come cani rabbiosi. Uno spettacolo indecente. L’ex giocatore Felice Pulici ha detto che il sogno di ogni mister è allenare una squadra di orfani. Per quanto possa essere assurda la sua affermazione ha maledettamente ragione: i genitori sono la rovina principale del calcio giovanile, la fonte di tutti i problemi. Dovrebbero introdurre dei corsi di formazioni intensivi per i genitori di bambini che giocano a calcio. Questa potrebbe essere una soluzione utile e saggia. (continua)

giovedì 1 gennaio 2015

L'intesa perfetta

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Durante le vacanze come sempre si ha più tempo per riflettere e si tirano le somme, anche sull’attività sportiva svolta dal proprio pargolo che continua a crescere a vista d’occhio manifestando tutti i sintomi positivi e negativi della preadolescenza. Lontano dai campi della Soccer Kids e in generale del campionato giovanile in pausa, superata non senza difficoltà la fase di astinenza di pallone, si torna a essere un tantino più razionali. Da sei anni sono diventato un papà nel pallone, un impegno non indifferente soprattutto all’inizio quando mio malgrado mi è toccato entrare in questo pazzo mondo del calcio giovanile. La cosa positiva è che Luca e i suoi compagni di squadra si sono legati molto fuori e dentro il campo, creando un’intesa perfetta che spesso fa la differenza. (continua)