giovedì 29 dicembre 2016

Il discorso del mister

Al mister ogni natale tocca fare il discorso. E il momento migliore è la cena natalizia che si organizza con i ragazzi. Sono presenti tutti, grandi e piccini, dirigenti e sostenitori. Si chiude la prima parte della stagione e si prova a tracciare il bilancio dei mesi trascorsi. Qualche ragazzo, per diverse ragioni, come da regolamento e nei termini stabiliti, può comunicare la volontà di lasciare la squadra per andare a giocare altrove. Qualcuno, invece, arriva. Nella squadra di Luca non è successo niente. La formazione resterà invariata fino a giugno 2017. Tornando al discorso, c’è il mister di poche parole che, solo dopo tortura e con l’ausilio di una tenaglia riesce a borbottare qualche frase, e quello logorroico che bisogna abbattere con una fucilata per fermarlo. Quest’anno mi sono sorbito il discorso di Lorenzo, il nuovo mister. Non è stato male. In pochi minuti ha fatto un resoconto puntuale del campionato e dei tornei disputati, dei punti di forza della squadra e di quelli deboli su cui occorre intervenire, ma soprattutto ha posto l’attenzione sulla formazione e la crescita dei ragazzi parlando di un gruppo responsabile e affiatato. Ho capito che ci tiene veramente alla squadra, ad ogni ragazzo. Non fa differenze di trattamento ed è molto equilibrato. Speriamo bene. È una fase tranquilla e normale, dopo tanti anni di situazioni grottesche. Non resta che trascorrere delle buone feste per poi tornare a gennaio a fare il tifo per i ragazzi. Alla prossima seduta.

martedì 20 dicembre 2016

La cena di Natale

Dicembre è il periodo delle cene natalizie, un appuntamento irrinunciabile anche per le squadre di calcio giovanile. In questi anni dietro il mio Luca ne ho viste di tutti i colori: dalle cene semplici a quelle pompose con giocolieri, nani e ballerine. Dalla cena con panino (hamburger semicrudo e di bassa qualità, patatine affogate nell'olio e bibita) alla cena ricca di succulente portate con musica e intrattenimento. Quelle migliori, ovviamente, sono una via di mezzo, le cene semplici ma dignitose. Si tratta soprattutto di un momento di aggregazione, che serve per fare trascorrere insieme e in allegria qualche ora ad adulti e ragazzini. La cena natalizia della squadra di mio figlio quest’anno si è tenuta nell'ampio salone della società, con annessi angolo bar e una grandissima cucina da fare invidia a quelle delle vecchie feste popolari dell’Unità. Adulti e ragazzi a prezzi convenzionati hanno potuto gustare un menu di qualità. La cosa più bella è stata la sorpresa che mister Lorenzo, con l’aiuto del suo staff, ha fatto ai ragazzi. La serata, infatti, è terminata con una piccola e divertente cerimonia. Per ogni ragazzo è stato letto un profilo descrittivo per esaltarne qualità sportive e comportamentali, con un sottofondo musicale dedicato e la consegna di un trofeo con nome, stagione, categoria e società sportiva. Il tutto sotto gli sguardi commossi dei genitori che a forza di applaudire si sono sbucciate le dita. E anche questa è andata. (continua).

martedì 13 dicembre 2016

Gli auguri di Natale

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Amici di terapia siamo giunti al giro di boa: è terminata la prima parte della stagione 2016 - 2017 e tutte le società sportive si preparano a festeggiare il Natale. Gli impegni sportivi si stanno esaurendo e poi inizierà lo stop di alcune settimane senza allenamenti e senza partite. Ragazzi e genitori potranno riprendere fiato. Il natale oramai è alle porte e ogni società di calcio che si rispetti organizza un incontro con tutte le famiglie, dirigenti, mister e i propri atleti per il tradizionale scambio di auguri. In questa occasione, a ogni ragazzo è consegnato un piccolo dono che può essere un panettone, un calendario o qualche indumento sportivo (vanno per la maggiore cappellino, sciarpa o scalda collo). Lo scambio di auguri nel 99% dei casi si svolge di sera e all’aperto. Ogni volta vedere centinaia di ragazzini sul campo è come osservare un esercito di pinguini su una lastra di ghiaccio. I genitori congelati sugli spalti, un microfono che gracchia uno dopo l’altro il nome di ogni ragazzo, squadra per squadra, affinché si avvicini al banchetto per stringere la mano del presidente, sorridere e ritirare il regalo di natale. E poi via di corsa verso il caldo focolare domestico. Oltre all'evento ufficiale, però, ogni squadra organizza la sua cena natalizia, un appuntamento immancabile. (continua)

mercoledì 30 novembre 2016

Quelli che mio figlio deve essere titolare

Cari amici di terapia, anche se questo tratto del tunnel del calcio giovanile che sto attraversando per seguire mio figlio Luca, non è particolarmente buio, c’è sempre qualche genitore fulminato che deve rovinare la festa. Tutto bene? I ragazzi si stanno divertendo? La squadra è di alto livello e molto competitiva? I genitori riescono ad andare d’accordo? Anche quando le risposte a queste domande sono tutte positive, ecco che spunta il genitore diversamente simpatico che ti solleva qualche problema, spesso di carattere personale. È successo domenica scorsa quando un papà nel pallone ha bloccato per oltre 30 minuti il povero mister, denunciando a suo avviso una grande ingiustizia: suo figlio per tre partite di seguito è stato fatto entrare in campo dal secondo tempo. A parte che il mister avrà avuto tutte le sue buone ragioni, il punto è che i ragazzi (ancora per un altro anno) giocano tutti lo stesso tempo e, di conseguenza, non ha nessuna importanza entrare in campo dal primo o dal secondo tempo. Tra l’altro, ogni tempo il mister cambia la formazione ma garantisce a tutti gli stessi minuti, salvo per quei ruoli in cui non ci sono sostituti. Il genitore pazzo, però, insiste e vuole che suo figlio comunque inizi a giocare nel primo tempo perché il primo tempo sarebbe quello dei titolari. Di che cosa sta parlando? Che cosa si è fumato? Secondo me dovrebbe solo cambiare spacciatore. Alla prossima seduta.

mercoledì 16 novembre 2016

Entra in campo e inizia a correre

Mister Lorenzo tiene molto alla preparazione atletica e lo dimostra organizzando allenamenti sempre nuovi e intensi, in cui non tutto ruota attorno al pallone. Esercizi fisici, flessioni, corsa e tanto altro. A me che sono un profano del calcio hanno spiegato che un tempo i ragazzi iniziavano a giocare nelle società dilettantistiche dai 12 anni e che erano sottoposti ad estenuanti giri di campo. Oggi per assurdo la corsa è sconsigliata perché come hanno proferito più mister il regolamento stabilisce che è ancora troppo presto in questa delicata fase di crescita. Eppure la corsa è fondamentale nel gioco del calcio. Non capisco ma mi adeguo al parere degli esperti. A me da piccolo hanno sempre insegnato a correre: ogni giorno in un campo di calcio un giocatore al fischio dell’arbitro sa che deve correre più in fretta dell’avversario o verrà sconfitto. Non importa che ruolo riveste, l’importante è iniziare a correre. (continua)

mercoledì 9 novembre 2016

Luca è tornato a sorridere

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Il nuovo mister della Soccer Kids continua a sorprendermi. Ne ho incontrati tanti di allenatori in questi anni, buoni, cattivi e diversamente intelligenti ma Lorenzo e, questo il suo nome, ha qualcosa di particolare. In pochi mesi dall'inizio della stagione è riuscito a trovare un punto di equilibro permettendo ai ragazzi di tornare a vedere il calcio per quello che è, ossia un gioco in cui si devono alternare momenti di leggerezza che uniscono tanto il gruppo a momenti in cui deve prevalere la disciplina per apprendere tecnica e schemi ed essere squadra. La cosa più bella è che il mio Luca è tornato a sorridere, ad avere voglia di andare in campo e divertirsi con i compagni. In passato ci sono stati momenti in cui l’ho visto vacillare e quasi sul punto di mollare, in particolare a causa di un precedente allenatore poco professionale che aveva per diverse ragioni fortemente demotivato lui e altri componenti della squadra. A volte, per fortuna, le cose cambiano anche in meglio e tutto diventa più leggero e si riesce meglio a sopravvivere nel grottesco mondo del calcio giovanile. (continua)

mercoledì 2 novembre 2016

Ed è subito rissa

Ogni settimana in qualche campo di calcio della penisola italiana si scatena la rissa tra genitori. Uno spettacolo indecoroso davanti a baby calciatori. Cari amici di terapia, il problema sta diventando molto serio. Non c’è più tempo da perdere. Bisogna correre ai ripari. Aumentano le storie di mamme che si azzuffano a colpi di borsette e bestemmiando, papà che trasformano gli spalti in un ring di pugilato, allenatori che perdono le staffe e aggrediscono l’arbitro, il mister della squadra avversaria o peggio qualche ragazzino. L’ultimo episodio si è consumato nel cuore della provincia lombarda, in occasione della finale di un torneo della categoria Pulcini. Questa volta durante la partita i genitori hanno perso la ragione in massa, il tifo è degenerato in una mega rissa, neanche si trattasse di un girone dell’inferno. In campo i ragazzini si sono fermati a guadare il pietoso spettacolo e in molti hanno iniziato a piangere. Il torneo è stato interrotto e tutti a casa, interventi delle autorità a parte. Non è più possibile fare finta di niente. Alla prossima seduta.

martedì 18 ottobre 2016

C’è chi allena i genitori

Educare gli adulti che operano nel mondo dello sport giovanile dovrebbe essere la regola. Sono esageratamente troppi i danni formativi, educativi e sportivi che si stanno provocando ovunque a migliaia di ragazzini, che in fondo vorrebbero solo coltivare la loro passione sportiva in modo sano. Recentemente ho conosciuto Rocco Persampieri, ex calciatore e dirigente sportivo, ora formatore molto preparato che si sta muovendo nella giusta direzione in diverse società sportive e a livello nazionale. È perfino arrivato a “allenare” con successo un gruppo di genitori, proprio per contenere quei comportamenti che condizionano negativamente l’attività sportiva e la crescita dei loro figli. Sarebbe necessario diffondere questi modelli positivi in tutte le società, entrare nelle scuole, individuare e curare i tossici che stanno rovinando il settore del calcio giovanile in Italia.  (continua)

giovedì 6 ottobre 2016

Troppa pressione sui ragazzi

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. La scorsa settimana ho partecipato a un convegno sul controverso rapporto tra adulti e genitori nel mondo dello sport. Hanno partecipato genitori, allenatori e diversi dirigenti di società sportive. Davvero molto interessanti sono stati gli interventi dei relatori. Qualcosa inizia a muoversi e finalmente da più parti qualcuno si sta accorgendo che il bubbone è esploso e che occorre correre ai ripari iniziando a educare gli adulti a rispettare i ruoli, i sani principi dello sport e i ragazzi. Il problema, soprattutto nel mondo del calcio giovanile, sono gli adulti. Pretendono troppo per diverse e cattive ragioni ed esercitano una pressione eccessiva sui ragazzi. Più di una volta mi è capitato di vedere baby giocatori di dieci anni vomitare a bordo campo prima, dopo o durante una partita. Vi rendete conto che peso devono sopportare? È il risultato della tensione provocata da adulti, spesso frustrati e incapaci, che non dovrebbero mai varcare l’ingresso di una società sportiva. Il risultato è che sempre più giovani sportivi, non di rado anche talentuosi, alla fine si stancano e decidono di mollare tutto. È un vero peccato. (continua)

mercoledì 28 settembre 2016

Addio weekend libero

La società ci ha consegnato il programma delle amichevoli e dei tornei. Si riparte a pieno ritmo e noi genitori possiamo dire addio ai weekend. È il gioco del calcio, bellezza! Chi ha un figlio che pratica questo sport deve mettere in conto che inevitabilmente di regola ogni sabato (e spesso anche la domenica)  c’è almeno una partita da disputare in qualche campo sperduto nel territorio a ridosso della grande metropoli. La categoria è quella degli Esordienti (secondo anno) e adesso meno di prima qualcuno chiederà di saltare la partita per fare il weekend in montagna o altrove. Non è possibile mettere in difficoltà la squadra, salvo le assenze giustificate. Il gioco si fa duro. Alla prossima seduta.

mercoledì 14 settembre 2016

Aprire bene i polmoni

I primi allenamenti di Luca sono stati molto intensi. È arrivato anche Lorenzo, un nuovo mister che sembra sapere il fatto suo anche perché ha giocato a livello professionistico fino a qualche anno fa. Ci tiene molto alla preparazione atletica. 
Sostiene che i ragazzi debbano aprire bene i polmoni, avere il fiato ed essere pronti ad affrontare le partite senza crollare fisicamente dopo i primi 20 minuti. Anche perché ne resterebbero da giocare altri 40. E allora vai con la corsa, esercizi e flessioni. 
I giocatori eseguono con la consapevolezza che questa preparazione atletica è fondamentale in vista del campionato che inizierà nelle prossime settimane. Essendo in maggioranza dei nuovi arrivi, devono anche conoscersi e fare squadra. 
Sembrano piccoli soldati che si preparano alla battaglia, ma il nuovo mister per fortuna gli permette di parlare e perfino di scambiare qualche allegra battuta per alleggerire la situazione. Meglio così. (continua)

lunedì 5 settembre 2016

Verso il calcio dei grandi

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. a scaricare le valigie dall'automobile al rientro delle ferie estive, che con Luca ci siamo immediatamente ritrovati in campo per la ripresa della stagione calcistica 2016 - 2017. Si riparte con entusiasmo e soprattutto con tante novità davvero inaspettate. 
La squadra è stata rivoltata come un calzino, della vecchia guardia ne sono rimasti soltanto quattro compreso il mio pargolo di 12 anni che sta per superarmi in altezza. Secondo me nel cibo della nuova generazione hanno messo organismi geneticamente modificati che li fanno crescere a dismisura, indipendentemente dalla corporatura dei genitori che di conseguenza non sono più un punto di riferimento per fare le solite stime (sbagliate) sulla possibile crescita degli aspiranti calciatori. 
Tornando alla squadra, è stata fatta una selezione molto rigida da parte della Soccer Kids, anche perché i ragazzi inizieranno a giocare a undici. Il campo si allarga e così la durata della partita (60 minuti). Servono tecnica e resistenza. È un ulteriore passo in avanti verso il calcio giocato dei grandi. E per noi genitori un passo in avanti in un tunnel sempre più nero e profondo che fa paura. (continua)

giovedì 21 luglio 2016

Se sbagli, ti riempio di botte

Il padre ha iniziato a picchiare Mario, a umiliarlo, a destabilizzarlo emotivamente. In molti nella sua squadra se ne sono accorti perché il ragazzo più volte è entrato in campo, magari tra una partita e l’altra di un torneo, con il segno rosso fuoco di una manata sul vivo. Nessuno però ha sentito l’obbligo di intervenire, di fare qualcosa e la situazione è andata peggiorando. Il genitore, sempre più frustrato e dopo una finale molto combattuta ma persa, lo ha perfino schiaffeggiato davanti a tutti all’uscita degli spogliatoi, accusandolo di non avere tirato fuori le palle e soprattutto di aver sprecato delle nitide occasioni da gol davanti alla porta. Solo a questo punto sono intervenuti altri due genitori che lo hanno ripreso in malo modo, spintonato e minacciato di denunciarlo se avesse continuato a trattare così il figlio. Il risultato è stato che il folle ha immediatamente lasciato la società. Il problema, però, non è stato risolto. Prima di settembre iscriverà il figlio altrove e continuerà a fargli del male. L’augurio è chi di dovere, partendo dalla nuova dirigenza che si ritroverà questo elemento, intervenga in modo drastico rivolgendosi alle autorità competenti. Alla prossima seduta

giovedì 14 luglio 2016

Confusione di ruoli

Il padre di Mario riprende con la telecamera tutti gli allenamenti e le partite. Qual è lo scopo? A casa, come mi è stato confermato da chi lo ha conosciuto, poi obbliga il figlio per ore a rivedere più volte tutti i singoli movimenti in campo per correggere errori, anche con il supporto di una lavagnetta, schemi tattici e altre amenità. Tutto questo anche al costo di sacrificare studio e tempo libero del ragazzo. È un padre padrone che sbagliando si sostituisce ad altre figure chiave di questo sport diventando all'occorrenza nei confronti di Mario il suo allenatore privato con stressanti sedute di allenamento extra, preparatore atletico, massaggiatore, medico, consigliere. La situazione è peggiorata da circa un anno, da quando il figlio anche per i normali disturbi legati alla crescita, ha iniziato  a non essere sempre in forma, a non rendere come il genitore avrebbe voluto. (continua)

venerdì 8 luglio 2016

Un padre molto violento

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. In questa seduta estiva, in cui la calura non perdona, vi voglio raccontare una brutta storia che mi ha profondamente sdegnato, quella di Mario, un ragazzino di 12 che da anni subisce violenze psicologiche e anche fisiche (continue percosse) da parte del suo genitore. Una storia che ho appreso solo per caso e che grida vendetta e sicuramente anche una denuncia alle autorità competenti. Il protagonista è un papà, uno stimato professionista milanese, che ha la fissa del calcio che ha praticato per tanti anni senza riuscire a fare carriera. Adesso, alla soglia dei 50 anni, sfoga tutte le sue frustrazioni sul figlio, un promettente attaccante che però rischia di disinnamorarsi di questo splendido sport e forse anche della vita. (continua)

giovedì 23 giugno 2016

Esseri diversamente intelligenti 2

Le cose si complicano e non poco quando il mister, per diverse ragioni, si schiera con un gruppo di genitori, anziché mantenere il suo importante ruolo di educatore super partes. Iniziare a frequentarne i membri in privato e casualmente anche a favorirne i figli in campo, per esempio facendoli giocare più degli altri o comunque valorizzandoli a prescindere. Quello del calcio giovanile è davvero un circo grottesco dalle mille sorprese. Mi vengono in mente i gruppi patinati dei genitori facoltosi, alcuni sempre con abiti griffati anche nelle situazioni meno opportune. Altri che invece ricordano tanto certi personaggi ricchi e buzzurri delle pellicole cinematografiche di Carlo Verdone o dei fratelli Vanzina. Sono questi ultimi che per conquistarsi le simpatie del mister, non lesinano favori, regali e cene in ristoranti di lusso. È la forza del denaro bellezza! E poi ci sono quelle poverette che, calpestando la propria dignità di donna e di madre, non esitano a provocare anche con imbarazzanti allusioni il mister, anzi qualcuna si spinge oltre pur di ottenere qualche favore in campo per il figlio. In fondo si tratta dell’antico e infallibile metodo utilizzato perfino dalla mamma di Forrest Gump. Accade anche nei campi di calcio, dove a giocare ci sono soltanto degli ignari ragazzini. Alla prossima seduta

giovedì 16 giugno 2016

Mio figlio non deve passare la palla al tuo

Il bilancio della stagione non è positivo. La squadra sia nel campionato invernale che in quello primaverile si è piazzata negli ultimi posti. Anche i tornei di fine stagione sono stati un disastro. Il mister ha abbandonato con due mesi di anticipo i baby giocatori. I ragazzi hanno perso fiducia e lo spirito di gruppo. In questi lunghi anni di tossicodipendenza di calcio ho imparato che quello che accade  in campo e negli spogliatoi è il riflesso dei comportamenti degli adulti. Se i genitori sono affiatati e senza esagerare fanno del loro meglio per garantire il benessere dei figli anche nello sport, dando buoni consigli, sdrammatizzando le situazioni spiacevoli, inculcando il concetto di unione per fare la forza, allora tutto fila liscio. Ma questo accade raramente e purtroppo non si vive nel mondo dei sogni. I genitori, in particolare quelli convinti di avere i figli campioni, spesso e volentieri si dividono in gruppi e sottogruppi che amano trascorrere il tempo a criticare anche pesantemente i figli dei restanti genitori che a loro volta si organizzano in più tribù e sottotribù fino alla scissione dell’atomo. Il risultato è che le divisioni tra genitori della stessa squadra poi si vedono anche in campo: il figlio di una tribù che non passa più la palla al compagno perché appartiene ad un altro gruppo; risse non solo verbali tra genitori di fazioni contrapposte; aumentano i casi di individualismo esasperato e alla fine si perde la bellezza del gioco.  (continua)

giovedì 9 giugno 2016

Stagione finita. State sereni

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Bambino per modo di dire mi ha quasi raggiunto in altezza e ha dei muscoli spaventosi. E pensare che alla nascita avrei voluto mettergli il nome di Marcantonio, poi come sempre ha prevalso la ragione e il parere della mamma che ha imposto Luca. Va bene così. È trascorsa un’altra stagione, ancora qualche torneo e poi si chiuderanno i battenti. Quest’anno in verità la Soccer Kids ha fatto il minimo indispensabile, iscrivendo la squadra ad appena quattro tornei contro le decine degli scorsi anni. Le cose cambiano. Tutto sembra più tranquillo e perfino le conferme per il prossimo anno sono arrivate in largo anticipo. Nessuno è stato mandato via. In teoria la selezione non dovrebbe esserci ma di fatto, anche nell'ultima delle ultime delle società calcistiche dilettantistiche, periodicamente qualche bambino, con più o meno tatto, viene accompagnato alla porta. Le conferme anticipate hanno evitato ai genitori di attraversare un lungo periodo di isterismo collettivo, notti insonni e soprattutto di spendere centinaia di euro in maghi imbroglioni per sapere il futuro calcistico del proprio pargolo. (continua)

martedì 31 maggio 2016

Esseri diversamente intelligenti

I ragazzi devono imparare, divertirsi, crescere e poter sviluppare in maniera sana emozioni e tecniche. I problemi sorgono, come mi ha confermato il mio amico, quando i mister indiavolati prendono di mira uno o più ragazzini. Non c’è storia che tenga, sono sempre degli adulti contro ragazzini di 12 anni. Come a scuola, se un’insegnante si fissa che un ragazzino vale 4 nella sua materia, anche se fino al mese prima con un altro insegnante aveva la media del 10, farà il possibile per distruggere l’autostima del ragazzo e portarlo come aveva stabilito al 4. Lo stesso nel calcio. Se un giocatore non piace perché non bravo o perché ha un carattere spigoloso poco accondiscendente, un mister diversamente intelligente invece di trovare il modo giusto per valorizzarlo inizia a demolirlo, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita. il modo per farlo sono tanti, con effetti spesso davvero devastanti per un baby calciatore. In questi casi la speranza è che i genitori e/o la società intervengano in tempo, prima che un ragazzo perda completamente la voglia di giocare e decida di abbandonare uno degli sport più belli del mondo. Sono un tantino stanco, ci aggiorneremo alla prossima seduta.

mercoledì 18 maggio 2016

Come distruggere l’autostima dei ragazzi

Un amico mi ha raccontato che suo figlio per colpa di un mister ha perso l’amore per il pallone e l’autostima. Adesso ha paura di affrontare qualsiasi sfida. Mi ha spiegato che non è stato il solo. L’allenatore in un anno ha mietuto più della metà della squadra, nel senso che ha mandato in crisi un bel gruppo di baby giocatori. Il risultato è che perdendo completamente le motivazioni qualcuno ha perfino deciso di appendere le scarpette al chiodo, altri invece andranno avanti ma cambiando aria e spostandosi in un'altra società. Forse il figlio del mio amico verrà nella stessa squadra di Luca e la cosa mi farebbe molto piacere. Nella Soccer Kids si troverà bene. Resta da capire perché il mister che ha distrutto emotivamente metà della squadra sia rimasto al suo posto. Per curiosità sono andato anche a vederlo in azione, in occasione di un lungo torneo domenicale. Ha urlato ininterrottamente dal primo all’ultimo secondo di ogni partita per dare ordini, rimproverare spesso senza motivo, bestemmiare in aramaico. Muoveva i ragazzi come i giocatori della playstation. È un metodo che può funzionare, ma alla fine si inceppa qualcosa e si finisce a ramengo.  Nelle cose serve equilibrio. (Continua)

lunedì 9 maggio 2016

Bastone, carote e altri disastri

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. A volte le situazioni che si verificano tra mister e squadra o un singolo baby giocatore mi ricordano i tempi della scuola con luci ed ombre. Un mister dovrebbe essere prima di tutto un bravo formatore come un insegnante: non troppo amico dei ragazzi e neanche troppo rigido. Dovrebbe capire di calcio e questo non sempre è scontato. Il suo lavoro è contribuire alla crescita del singolo giocatore e della squadra nel suo complesso. Dovrebbe poi essere imparziale, non fare differenze. È giusto che usi la tecnica del bastone e della carota, purché agisca con cognizione di causa: la carota quando serve la carota e il bastone quando serve il bastone, altrimenti è un disastro. Non sempre ci riesce. Non è una macchina, ma un uomo e come tale è sacrosanto che possa commettere qualche errore. Come per un maestro di scuola, giriamola come vogliamo, anche il mister ha i suoi preferiti e quelli per cui invece nutre una certa insofferenza. Emozioni negative che a volte riesce a nascondere, altre meno. Il punto è che un ragazzo più cresce, più comprende cosa gli accade attorno e non c’è storia che tenga. Non c’è papà, ovviamente faccio riferimento a quelli che hanno almeno più di due neuroni nel cervello, che riesca a sdrammatizzare le situazioni spiacevoli. Capisce davvero tutto, anche quando un mister non gli dà fiducia e anzi alimenta a dovere certi processi negativi il cui unico scopo sembra demotivarlo e basta. È pur sempre la storia di un adulto “contro” un bambino, in cui il primo vince facile e il secondo perde. Situazioni queste che spesso sono la causa prima dell’abbandono del calcio. Alcune società, professioniste e non, si stanno attrezzando introducendo adeguate figure professionali, come formatori per adulti e motivatori per i ragazzi, che possono intervenire per arginare in tempo eventuali problemi. (continua)

giovedì 28 aprile 2016

I momenti più brutti per un papà nel pallone

Qual è stato il momento più brutto in questi anni di dipendenza di genitore tifoso? È una bella domanda e rispondo che ce ne sono stati diversi, tra questi ricordo: ogni volta che ho visto mandare via dalla squadra dei bimbetti perché non ritenuti abbastanza talentuosi; ogni volta che non sono stati motivati i ragazzi in difficoltà; ogni volta che un papà (o un mister) ha umiliato un piccolo giocatore; ogni volta che ho sentito adulti prendere pesantemente in giro e demotivare un singolo da loro eletto capro espiatorio delle sconfitte; ogni volta che non sono state riconosciute le qualità e l’impegno di un ragazzino, spesso a vantaggio di qualche altro meno talentuoso ma raccomandato o figlio di persone influenti e ricche. Potrei fare ancora mille esempi ma preferisco fermarmi.
In questi sei anni di dipendenza, comunque, c’è stato un momento più brutto degli altri: quando mio figlio per la prima volta si è infortunato durante gli allenamenti ed è rimasto fermo per cinque settimane. Può accadere e accadrà ancora ma non è questo il problema.
La cosa che mi ha fatto male è stato il comportamento di un gruppo dei genitori dei suoi compagni di calcio, meglio conosciuto come la “cricca”, che è stato davvero molto cattivo, non lesinando battute che tuttora non riesco a credere di averle sentite.
Battute che spesso sono state fatte davanti a mio figlio. Qualche esempio: “È proprio sicuro che Luca deve rientrare? Non è meglio lasciarlo a casa ancora un po’ così i nostri giocano di più?”; “Da quando è tornato dall'infortunio non ha ripreso subito il suo ritmo”. “Perché non lo porti in un’altra società oppure in oratorio oppure ritiralo che è meglio?”; “Mister! Luca non sta girando bene, tiralo fuori e fai giocare mio figlio che così vinciamo la partita”.
In realtà, dopo l’infortunio mio figlio, che all'epoca aveva 11 anni, ha impiegato solo due settimane di allenamenti e qualche partita per rientrare in piena forma. Nel frattempo, però, entrambi abbiamo dovuto subire continue e pesanti prese in giro che soprattutto al ragazzo non hanno fatto bene. Ha iniziato a perdere fiducia in se stesso, con tutte le conseguenze del caso. Si è bloccato e non è stato facile recuperare. Tutto questo, come se sempre, per colpa di adulti senza senno. È proprio vero che la mamma dei cretini è sempre incinta. Bisogna farsene una ragione. Alla prossima seduta.

mercoledì 20 aprile 2016

Il bimbo si diverte ancora?

È maturato molto, ha imparato cosa significa impegnarsi e lavorare in squadra e si è attaccato tantissimo ai colori della Soccer Kids. A Luca è sempre interessato solo giocare e poi ancora giocare a pallone e vincere. E devo dire che la sua squadra è stata nel tempo una macchina da guerra, anche quando si sono alternati mister e periodi non troppo favorevoli come la perdita di compagni che per diverse ragioni sono andati via. Le cose sono poi cambiate già dai 10 anni. I ragazzi di oggi sono più svegli e tecnologicamente avanzati e purtroppo  precocemente capiscono come girano le cose attorno a loro e al pazzo mondo del calcio giovanile. Si fanno delle idee ben precise sul comportamento degli adulti (genitori, mister e dirigenti vari). Non riesci più come padre a prenderli in giro, a smontare situazioni, comportamenti e decisioni non corrette che li hanno sorpresi o comunque emotivamente traumatizzati. In questo momento mio figlio di certo non si diverte più come prima ma l’amore per il pallone è ancora forte. (Continua)

sabato 9 aprile 2016

Domande e Risposte

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. L’altro giorno a fine partita un altro papà nel pallone, con gli occhi, il volto e soprattutto il cervello segnati da anni di allenamenti e partite dietro il pargolo mi ha fatto delle domande cui inizialmente non ho dato il giusto peso. Non gli ho risposto preferendo borbottare qualcosa per sviare il discorso e poi sono scappato subito via non appena il mio Luca è uscito dagli spogliatoi. 
Mentre ero in macchina guidando verso caso le domande mi sono tornate in testa e ho capito che erano importanti. 
Di cosa si tratta vi starete chiedendo? Adesso vi racconto tutto: l’altro papà mi ha chiesto prima se mio figlio si diverte ancora a giocare a pallone e poi qual è stato il momento più brutto in questi anni di dipendenza di genitore tifoso. Luca ha 12 anni ed ha iniziato a tirare calci a pallone dal primo anno di scuola primaria. Fare in pochi minuti il punto su sei anni di storia non è stato facile. Ecco che cosa ho pensato. Mio figlio è passato troppo presto da una squadra normale senza troppe pretese a una squadra più blasonata e competitiva e già dall’età di 7 anni, cioè da quando era ancora un microbo, ha dovuto fare i conti con selezioni spietate, ritmi elevati e dosi massicce di combattività iniettate nella corteccia celebrare dal modello di allenamento. 
Ricordo ancora con un certo stupore quando giunto al primo anno della categoria Pulcini sono stati mandati a casa 9 suoi compagni di squadra perché non ritenuti adeguati. 
Tradotto: non ci servite più, non siete abbastanza competitivi, toglietevi gentilmente dalle palle. In teoria tutto questo non potrebbe accadere ma l’Italia è il Paese dei se, dei ma e anche dei forse. Detto questo non posso negare che mio figlio si è comunque sempre divertito e le sue naturali doti naturali si sono raffinate nel tempo. (Continua)

sabato 2 aprile 2016

Verso il cambiamento

Quando le cose non girano o non sembrano girare nel verso giusto c’è sempre qualche papà simpatico che riesce a strappare un sorriso. A volte basta una battuta o una calorosa pacca sulla spalla e tutto si rimette in moto con ottimismo. Per qualche ora impegni e problemi si dimenticano e si riesce di nuovo a godersi fino in fondo le partite e gli allenamenti dei propri figli. Ancora qualche anno in compagnia e poi le selezioni si faranno più rigide. Aumenteranno pure le richieste da parte di altre società calcistiche antagoniste. Qualche ragazzo farà un salto di qualità in avanti, altri indietro. In altre, parole prima o poi inevitabilmente in molti prenderanno strade diverse e un po’ mi dispiace. Con alcuni sono stati condivisi anni di dura vita di papà nel pallone. Guardando le foto della squadra nelle diverse annate ci si accorge di quanto siano cresciuti i pargoli. Sono arrivati in campo a sei anni, qualcuno a cinque, e sembravano dei puffetti con le scarpette di calcio e adesso sono diventati dei giganti pur avendo ancora 12 anni. Questa seduta e finita amici miei. A presto.

mercoledì 16 marzo 2016

Non ci sono più soldi

Nei mass media si legge che l’Italia è in ripresa ma in molti non se ne sono ancora accorti. Quando accompagno mio figlio a giocare a calcio oltre alle classifiche e alle donne, si sta iniziando a parlare tanto anche di lavoro. Qualche papà l’ha perso e cerca disperatamente qualcosa per tornare a galla. Anche le società sportive sono in difficoltà e periodicamente si inventano qualcosa per ottenere qualche entrata economica extra. Perfino quelle che non hanno mai voluto avere più di due squadre per ogni categoria giovanile, adesso stanno iniziando a creare le quarte e perfino le seste squadre per ogni annata. Continuando così esauriranno tutte le lettere dell’alfabeto. Poi ci sono i genitori che non riescono più a sopportare i costi dell’attività calcistica del figlio. Tutte le spese dei baby calciatori ricadono sui genitori: abbigliamento, scarpette, trasporto, tornei, iscrizioni, contributi vari. In città le società calcistiche dilettantesche più blasonate solo di iscrizione annuale chiedono dai 400,00 ai 500,00 euro (kit compreso). Nella squadra di Luca per fortuna cerchiamo sempre di aiutare con discrezione chi sta attraversando qualche difficoltà ma a volte non basta e periodicamente qualcuno decide di andare via. In questi casi il figlio è ricollocato in realtà più economiche e anche meno distanti da casa, così in parte si abbattono i costi del trasporto per gli allenamenti. È anche vero che un tempo, i giocatori più bravi e "affamati" venivano dalla strada e dalle aree economiche più depresse. (continua)

mercoledì 9 marzo 2016

In campo il termometro della crisi

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. La crisi economica, vera o costruita che sia, sta cambiando le persone spesso in peggio. Oggi le difficoltà rendono più cattivi. Il campo è un ottimo termometro della situazione sociale di una comunità o addirittura di un Paese. Il calcio giovanile mette insieme, stretti l’uno all’altra, le più disparate categorie sociali, dall’avvocato al fabbro, dall’imprenditore al barista, dal chirurgo al muratore. E in questi tempi diversamente luminosi, i campi dove si allenano i pargoli sono diventati degli sfogatoi. Non si trova un solo papà, neanche pagandolo, disposto a dichiararsi soddisfatto del proprio trend lavorativo, qualunque sia il settore di riferimento. Anzi qualcuno è anche rimasto a spasso e non riesce proprio a ricollocarsi. Per il resto è calato per tutti il volume di affari. E quelli che una volta vantavano con orgoglio il posto fisso sono spesso esauriti come bestie in gabbia perché costretti a lavorare il triplo alle stesse condizioni contrattuali del passato. L’ente in cui sono impiegati non può fare assunzioni neanche per sostituire chi è andato in pensione e il lavoro aumenta per chi è ancora in servizio. Qual è l’effetto di tutto questo in particolare durante le partite? Molti papà sono più nervosi del solito, urlano come ossessi, litigano alla prima occasione utile che non manca mai. Perfino nella stessa squadra o nella stessa società si moltiplicano i battibecchi tra genitori. Intanto, in campo i ragazzi più o meno ignari se ne fregano delle paturnie dei genitori e si divertono ancora a tirare calci al pallone. (continua)

sabato 27 febbraio 2016

Le batterie di polli

C’è stato un tempo, così mi ha raccontato il vecchietto seduto con me nella panchina, in cui i genitori abbandonavano i figli davanti al cancello della società calcistica, con un panino ripieno di nutella o mortadella per poi ritirarli alla fine dell’allenamento o della partita (quando se lo ricordavano), altrimenti doveva pensarci qualche volontario o il mister a riportarli a casa. Era tutto più semplice e anche più slow. In altre parole, era tutto più genuino. I bambini non avevano ansia da prestazione. Correvano e si divertivano tirando calci al pallone. Ogni tanto arrivava qualche osservatore che spesso selezionava soltanto i ragazzi fisicamente più dotati, i più grossi e alti rispetto alla media. Tanto poi a tentare di farne anche un buon giocatore ci avrebbe pensato la società professionistica di riferimento. Oggi invece è tutto competizione, selezioni su selezioni secondo regole che possono cambiare dal giorno alla notte anche per questioni di censo e raccomandazioni varie, indipendentemente dalle qualità calcistiche individuali. A proposito di selezioni, ci sono quelli che vengono portati avanti solo perché figli di calciatori (anche ex va bene) o fratelli di ragazzi già selezionati dalle professionistiche o ancora di personaggi importanti e influenti.  In ogni modo, molte società dilettantistiche sono diventate delle grandi di batterie di polli. Il motto è: “Seleziona, cresci e vendi” più ragazzi che puoi alle professionistiche. Gli aspiranti calciatori devono dare il massimo già da sei anni, altrimenti sono fuori. Tutto questo è un tantino pazzesco. Alla prossima seduta.

mercoledì 17 febbraio 2016

Nessuna distrazione per i campioni

Rispetto al passato tutto è cambiato. Nel settore del calcio giovanile si scimmiotta quello professionistico degli adulti, soprattutto gli aspetti più negativi. I genitori sono dei pazzi indemoniati convinti di crescere un fuoriclasse. Per questa ragione lo seguono passo dopo passo in ogni momento della sua attività dentro e fuori dal campo. Un futuro campione non può permettersi distrazioni. Deve seguire una alimentazione sana ed equilibrata (e in questo senso ci sono società calcistiche che  forniscono spontaneamente delle diete preconfezionate a dei bimbetti). Devono studiare e limitare altre attività che possono stancare o fare nascere tentazioni, come una banale uscita con gli amici per prendere una cioccolata calda o partecipare a una festa serale. Anche le ragazzine, soprattutto ai primi segnali di tempeste ormonali, devono essere tenute a debita distanza, tanto quando giocheranno in Serie A, potranno avere le donne più belle del mondo (veline, attrici e sante). Il pallone prima di tutto.  (Continua)

martedì 9 febbraio 2016

Il calcio giovanile di una volta

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. L’altro giorno stavo seduto sulla panchina davanti al campo di allenamento, quando un signore molto anziano mi si è seduto accanto. Abbiamo iniziato a scambiare qualche parola e così ho scoperto che è stato un ex calciatore professionista, poi mister e adesso nonno a tempo pieno. Gli ho raccontato della mia terapia web per sopravvivere nel mondo del calcio giovanile e soprattutto per resistere ai papà nel pallone. Lui si è messo a ridere a crepapelle. Il vecchietto ha detto che molte cose sono cambiate nel tempo, in particolare dalla fine degli Anni Novanta. Il tifo esasperato tipicamente italiano c’è sempre stato anche nelle partitelle dell’oratorio. 
I genitori, però, non seguivano in maniera così assillante e squilibrata l’attività calcistica dei propri pargoli. Agli allenamenti non restava nessuno a guardare ed era perfino un evento eccezionale vederli tutti alle partite. Il mister e i suoi aiutanti in occasione degli incontri dovevano arrangiarsi, ossia trovare le auto necessarie per recuperare ragazzi e borsoni e portarli. Mi ha raccontato di vecchie utilitarie riempite all’inverosimile di ragazzi, palloni e borsoni. E di portabagagli stracarichi come quelli degli automezzi dei nomadi nel deserto. (Continua)

mercoledì 3 febbraio 2016

Genitori divisi in tribù

Filippo ha ragione. Bisogna farsene una ragione e accettare la “terribile” vita di papà nel pallone. Anche se la situazione diventa sempre più pesante, a tratti insopportabile. Se da un lato con la crescita dei ragazzi, il campo attua le sue rigide selezioni naturali, dall’altro l’agonismo, le pressioni, le cattiverie, le aspettative da parte dei genitori aumentano a dismisura. Trend questo che ogni tanto, purtroppo, si riflette negativamente in campo e negli spogliatoi anche tra compagni della stessa squadra. I genitori solitamente si dividono in tante tribù in competizione tra loro e di conseguenza lo dovrebbero essere anche i rispettivi figli. Quando questo accade, però, si rovina tutto. Un solo esempio: in campo la palla viene passata solo tra ragazzi che appartengono alla stessa tribù ignorando chi dovrebbe ricevere naturalmente un passaggio per fare gioco o infilarla in porta. Certo c’è sempre la possibilità di fregarsene, di lasciare il pargolo con il suo borsone davanti al cancello della società e andare via. Occhi che non vedono, cuore che non duole. La scelta drastica potrebbe essere di non seguire più allenamenti e perfino le partite per non avvelenarsi la vita. Ma solo il senso di protezione paterna ti porta ad essere presente, a sopportare. Alla fine, come mi ha detto Filippo, basta prendere atto della situazione, fregarsene un po’ e resistere, resistere, resistere. È tutto per questa seduta. Alla prossima.

martedì 26 gennaio 2016

Il calcio secondo Filippo

Nei giorni scorsi ho incontrato Filippo, un vecchio amico ed ex calciatore semi professionista, il cui figlio oggi dodicenne gioca in una rinomata società  di calcio della provincia. Lui ha le idee chiare e mi ha detto delle cose che mi hanno un po’ fatto riflettere: “Non c’è storia. Questo è il mondo del calcio. Lo devi accettare così. In campo i nostri ragazzi se avranno talento e anche un po’ di fortuna saranno ricompensati. Non ti devi preoccupare per questo. Ci sono i favoriti, i raccomandati, i sopravvalutati ma alla fine il campo sistema tutto anche per i ragazzini. Vedrai. Per il resto ti devi mettere l’anima in pace. In qualunque società giocherà tuo figlio, seria o meno, le situazioni negative potranno solo peggiorare nel tempo. Aumenta l’agonismo e di pari passo la stronzaggine dei genitori. Le rose dei giocatori sono sempre più ampie. Per questa ragione trovare un punto di equilibrio tra tante teste, spesso vuote, diventerà sempre più difficile, quasi impossibile. Fattene una ragione. Spera solo che a tuo figlio continui la voglia di giocare”.  (Continua)

mercoledì 13 gennaio 2016

Sempre più in basso

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Cari amici di terapia le feste sono andate, il circo degli allenamenti e delle partite ha iniziato a girare ai soliti ritmi ed io non mi sento molto bene. Il rovescio della medaglia del periodo di riposo appena consumato è che permette, ovviamente solo in caso di presenza di un numero sufficiente di neuroni in testa, di fare delle considerazione più oggettive sulla vita di un papà nel pallone. Che sia un mondo difficile lo sanno tutti. Il problema è che quando credi averci fatto il callo, di aver visto e superato tutte le avversità provocate da genitori indemoniati con gli occhi a palla infuocati e le fauci allargate a dismisura, si passa immediatamente ad un livello inferiore, sempre più in basso. (Continua)

giovedì 7 gennaio 2016

È difficile comportarsi da santi

Cari amici di terapia bisogna avere pazienza ed essere propensi alla santificazione per non reagire, per lasciare correre quando un altro genitore della squadra supera i limiti diventando insopportabile e criticando soprattutto con insistenza il gioco dei figli degli altri. Quando le cose vanno bene assumere questo atteggiamento è davvero molto facile, ma quando inevitabilmente la squadra attraversa una fase negativa le cose cambiano. I nervi salgono a molti dei genitori supertifosi che credono di avere figli campioni. In questa situazione un elemento come il nostro Ugo Grissino, che va in giro a buttare benzina del fuoco, provoca facilmente tensioni che alla fine rovinano il clima generale fuori e dentro il campo. Ho provato inutilmente a fare ragione questo soggetto. I problemi vanno eliminati alla radice o prima del nascere. Abbiate fiducia. Se vostro figlio volesse improvvisamente giocare a calcio in qualche squadra, dovreste glissare con eleganza e mandarlo subito a sfogarsi in cortile, prima che sia troppo tardi. Non iscrivetelo da nessuna parte. Ponete resistenza fino all’inverosimile. Nessun papà nel pallone esce immune da questa esperienza. Alla prossima seduta