mercoledì 3 febbraio 2016

Genitori divisi in tribù

Filippo ha ragione. Bisogna farsene una ragione e accettare la “terribile” vita di papà nel pallone. Anche se la situazione diventa sempre più pesante, a tratti insopportabile. Se da un lato con la crescita dei ragazzi, il campo attua le sue rigide selezioni naturali, dall’altro l’agonismo, le pressioni, le cattiverie, le aspettative da parte dei genitori aumentano a dismisura. Trend questo che ogni tanto, purtroppo, si riflette negativamente in campo e negli spogliatoi anche tra compagni della stessa squadra. I genitori solitamente si dividono in tante tribù in competizione tra loro e di conseguenza lo dovrebbero essere anche i rispettivi figli. Quando questo accade, però, si rovina tutto. Un solo esempio: in campo la palla viene passata solo tra ragazzi che appartengono alla stessa tribù ignorando chi dovrebbe ricevere naturalmente un passaggio per fare gioco o infilarla in porta. Certo c’è sempre la possibilità di fregarsene, di lasciare il pargolo con il suo borsone davanti al cancello della società e andare via. Occhi che non vedono, cuore che non duole. La scelta drastica potrebbe essere di non seguire più allenamenti e perfino le partite per non avvelenarsi la vita. Ma solo il senso di protezione paterna ti porta ad essere presente, a sopportare. Alla fine, come mi ha detto Filippo, basta prendere atto della situazione, fregarsene un po’ e resistere, resistere, resistere. È tutto per questa seduta. Alla prossima.

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