domenica 30 marzo 2014

Fare squadra fuori dal campo

Avere un figlio che gioca a calcio significa anche imparare ad aprirsi di più, convivere non solo “obbligatoriamente” per ore con estranei in occasione di allenamenti, singole partite o interminabili tornei. La cosa migliore è cercare di instaurare un “minimo sindacale” di rapporto sociale, anche quando ci sono genitori che manifestano un’insana tendenza a creare dissapori. 
Nei giorni scorsi con altri papà abbiamo attentamente osservato i genitori di una squadra vicina alla nostra, il loro campo non solo ci appare più verde del nostro ma ci sorprende il buon livello di socializzazione che hanno raggiunto. 
Ai nostri occhi sembrano andare tutti d’amore e d’accordo e questo non può che riflettersi positivamente sui loro ragazzi. Forse esagerano un pochino, ma come “genitori nel pallone” sono riusciti a fare squadra anche fuori dal campo organizzando momenti conviviali, feste e perfino delle gite fuori porta. (Continua)

martedì 25 marzo 2014

L'erba del vicino

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Ricordando il detto “l’erba del vicino è sempre più verde”, che in questo caso ci azzecca tantissimo considerando che si parla di pallone, devo ammettere che spesso nella vita si fanno dei confronti. Per esempio, tra società di calcio per valutare come si comportano le dirigenze con i piccoli atleti iscritti e le famiglie oppure anche tra i genitori di squadre antagoniste o di annate diverse. In questa seduta mi voglio soffermare sul confronto tra i genitori. Vi ho già raccontato che il calcio è lo sport più democratico che esiste, unisce bambini e soprattutto adulti di diversa estrazione sociale ed economica che molto probabilmente fuori dal campo non prenderebbero insieme neanche un caffè. (Continua)

sabato 22 marzo 2014

È un mondo difficile

In campo la musica non è stata diversa. Allenatore e dirigente della società Tempesta hanno iniziato a offendere pesantemente i nostri ragazzi, a prenderli in giro a ogni occasione fino a quando il loro dirigente ha dato perfino del coglione al nostro numero cinque. Vi rendete conto che gentaglia si incontra nello stadio. Personaggi frustati, senza un minimo di senso civico, pronti a coprire di insulti i bambini della squadra avversaria. Questa vicenda mi ha colpito molto perché a volte basta uno stupido per rovinare tutto, ma quando gli stupidi sono tanti da formare un gruppo esagitato non c’è più speranza. La partita è finita con un pareggio. I nostri ragazzi si sono innervositi e hanno giocato sotto tono. Sono rimasti sconvolti nel sentire adulti offenderli senza ritegno.  Quello del calcio a volte è un mondo difficile. Alla prossima seduta vi racconterò altre storie, grazie per avermi ascoltato. Mi sono liberato di un peso e mi sento già meglio.

martedì 18 marzo 2014

Che stronzo quel bambino!

I bambini della Tempesta sono stati caricati in maniera eccessiva. Hanno fatto tutto, tranne che giocare a calcio commettendo falli pericolosi uno dietro l’altro e offendendo gli avversari incitanti da allenatore, dirigenti e genitori rabbiosi. Sono stati 45 minuti davvero terribili per la brutalità espressa da adulti che hanno condizionato negativamente una banale partita tra bambini. Un baby giocatore della Soccer Kids per aver reagito energeticamente all’ennesimo fallo, è stato subito apostrofato per ben due volte ad alta voce con un “guarda che stronzo questo bambino”. A questo punto sugli spalti gli animi si sono surriscaldati, anche perché i genitori delle due squadre erano seduti uno accanto all’altro. È iniziato un parapiglia che solo per un soffio non è degenerato in rissa grazie all’intervento pacificatore di qualche mente illuminata di entrambe le fazioni. (Continua)

venerdì 14 marzo 2014

Casi di estremo cafonal

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Sono reduce da un week end da dimenticare. In occasione della partita di campionato degli adulti hanno di nuovo toccato il fondo. Un gruppo di genitori molto cafonal della quadra Tempesta ha passato il tempo a coprire di insulti i nostri ragazzi e tentato di scatenare più volte la rissa tra gli spalti. 
La Soccer Kids per la terza volta in poche settimane ha incontrato la Tempesta, che ha sempre perso e anche male. Forse per l’eccessiva voglia di rivalsa, i genitori sono arrivati in campo incattiviti e tesi come elastici, con l’unico obiettivo di vincere ad ogni costo e con ogni mezzo. 
L’ho capito subito incrociando i loro guardi e sentendo il modo aspro con cui genitori e dirigenti si rivolgevano ai loro ragazzi in procinto di entrare nello spogliatoio per cambiarsi. 
Prima che iniziasse la partita ho preferito allontanarmi per mettermi da solo vicino alla rete, cercare di seguire in santa pace il gioco e vedere da vicino il mio piccolo Luca. Non è servito a nulla. (Continua)

martedì 11 marzo 2014

Bambini che fanno sacrifici

Con il passare del tempo anche un bambino della categoria pulcini impara l’arte del sacrificio. Giocare a calcio comporta, oltre al rispetto delle regole, alla capacità di stare in gruppo e di mantenere un buon livello di performance, anche la volontà di rinunciare a qualche divertimento. Mio figlio Luca è ancora piccolo ma ha scelto un’attività sportiva che gli impone già di rinunciare a tanti eventi con gli amici. Spesso e volentieri deve saltare feste di compleanno, manifestazioni pubbliche per bambini, pizzate e simili perché gli orari coincidono con una partita o perché non può fare tardi dovendo giocare la mattina presto seguente. Non è facile, ma lui e tanti altri bambini ci riescono. Imparano a rinunciare a qualcosa. Altri genitori mi raccontano che il momento più critico per gli aspiranti giocatori si ha nell'adolescenza, quando iniziano i primi amori. Arriverà un momento in cui una ragazza potrebbe chiedere all'aspirante calciatore di fare una scelta molto difficile: o lei o il pallone. È ancora troppo presto per i pulcini che al momento preferiscono correre dietro al pallone piuttosto che alle ragazze. Ci aggiorneremo alla prossima seduta.

venerdì 7 marzo 2014

In famiglia il pallone ha la priorità

Avere in famiglia un bambino che gioca a calcio condiziona moltissimo l’organizzazione della vita dei singoli componenti. Tutto inizia a ruotare attorno agli allenamenti e alle partite dell’aspirante calciatore. 
Il pallone ha la priorità e così si impara ad amministrare al meglio il poco tempo libero che rimane nel week end per sbrigare tutte le altre faccende: dalla spesa settimanale alle relazioni umane. Fare una gita fuori porta o trascorrere una giornata con amici diventa un’impresa quasi impossibile. 
Ecco perché a volte i genitori con figli che giocano nella stessa squadra, un po’ per disperazione, ma a volte anche per reciproca sintonia e simpatia, iniziano a frequentarsi anche fuori dallo stadio. Condividono molte cose, in particolare la malattia del calcio e il grande impegno che occorre per seguire l’attività sportiva dei pargoli. (Continua)

martedì 4 marzo 2014

In arrivo il tour de force

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Il tempo è ancora instabile ma iniziano le prime giornate di sole che fanno pregustare la primavera. Per una famiglia normale questo significa poter uscire da casa per trascorrere del tempo libero all’aria aperta, magari immersi nella natura o comunque nelle aree verdi e attrezzate delle città. Non è così quando si ha un figlio che gioca a pallone. La prima aria di primavera significa soltanto una cosa: la stagione sta per entrare nel vivo e dopo il campionato si sprofonderà nel tunnel dei tornei con partite anche infrasettimanali. Un tour de force che metterà a dura prova la resistenza di tutti: bambini, genitori e allenatori. (Continua)