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venerdì 29 agosto 2014

Il pallone in vacanza

Quando il centro estivo finisce si passa alle ferie vere e proprie e le famiglie si spostano in un luogo di villeggiatura, a mare o in montagna. Anche in questo caso all’interno delle strutture o nelle immediate vicinanze non manca mai un campo di calcio. E di nuovo ricominciamo le sfide, le partite interminabili che coinvolgono bambini ma anche adolescenti con un fisico così imponente da sembrare giocatori di rugby. In questo caso, purtroppo, i genitori possono assistere e creare scompiglio, le tipiche situazioni assurde cui si assiste durante le partite di campionato del mio Luca. Tradotto: tifo esasperato, scene ai confini della realtà, litigi e tanto altro ancora. (continua)

lunedì 25 agosto 2014

Non si stacca mai

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Con la pausa estiva si pensa di uscire dal tunnel per qualche mese ma non si stacca mai veramente. La stagione calcistica del bambino è terminata, così come la scuola. Una famiglia dovrebbe godersi in santa pace la tregua di due mesi lontano dai terreni di gioco, dai genitori assatanati che fanno il tifo, dal grottesco circo in cui spesso gli adulti trasformano questo favoloso sport. Invece, è solo una tregua apparente. Si inizia nel centro estivo, dove i bambini trascorrono le prime settimane di vacanza. Inevitabilmente, tra le attività ricreative, è contemplata anche quella calcistica. In fondo, basta un pallone e un minimo di spazio per disputare una partita e se poi il centro è dotato di due campi di calcetto non si salva nessuno. Ed ecco formare subito squadre e tornei per passare intere giornate a tirare calci al pallone. L’unica nota positiva è che nel centro non ci sono i genitori e almeno in questo caso i bambini risolvono tutto da soli, dalle scaramucce alla gestione del gioco. Qualche scivolone, qualche battibecco e le solite mani alzate urlando a squarciagola “goal” quando si segna. Tutte le altre attività vengono dimenticate e in fondo per gli animatori del centro estivo va bene così: in un colpo solo si liberano di almeno venti bambini che per ore corrono dietro il pallone fregandosene delle alte temperature. (continua)

domenica 6 aprile 2014

Sognando la Serie A

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. In questo periodo come sentivo dire una volta sono più confuso che persuaso. Questo accade quando mi trovo in una situazione poco comprensibile su cui poi il cervello inizia a lavorare per fare chiarezza. In questi anni di dipendenza dal pallone dietro mio figlio Luca ho visto proliferare un numero infinito di scuole calcio. È chiaro che sono prima di tutto un business anche in tempi di crisi, anzi sono in continua crescita perché riescono a coinvolgere ovunque migliaia e migliaia di ragazzini che sognano di diventare professionisti. Sono i potenziali Candreva, Immobile, Cerci o Marchisio del futuro. Loro ci credono ma i genitori di più. Ed è proprio su questo sogno che spesso si fa leva per fare funzionare “economicamente” le scuole calcio. Tutto legittimo, purché queste strutture garantiscono serietà e competenza, per consentire ai ragazzini che hanno qualche potenzialità di crescere e coltivare un sogno secondo sani principi sportivi ed etici. Non è sempre così, purtroppo. (Continua).

martedì 25 marzo 2014

L'erba del vicino

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Ricordando il detto “l’erba del vicino è sempre più verde”, che in questo caso ci azzecca tantissimo considerando che si parla di pallone, devo ammettere che spesso nella vita si fanno dei confronti. Per esempio, tra società di calcio per valutare come si comportano le dirigenze con i piccoli atleti iscritti e le famiglie oppure anche tra i genitori di squadre antagoniste o di annate diverse. In questa seduta mi voglio soffermare sul confronto tra i genitori. Vi ho già raccontato che il calcio è lo sport più democratico che esiste, unisce bambini e soprattutto adulti di diversa estrazione sociale ed economica che molto probabilmente fuori dal campo non prenderebbero insieme neanche un caffè. (Continua)

venerdì 7 marzo 2014

In famiglia il pallone ha la priorità

Avere in famiglia un bambino che gioca a calcio condiziona moltissimo l’organizzazione della vita dei singoli componenti. Tutto inizia a ruotare attorno agli allenamenti e alle partite dell’aspirante calciatore. 
Il pallone ha la priorità e così si impara ad amministrare al meglio il poco tempo libero che rimane nel week end per sbrigare tutte le altre faccende: dalla spesa settimanale alle relazioni umane. Fare una gita fuori porta o trascorrere una giornata con amici diventa un’impresa quasi impossibile. 
Ecco perché a volte i genitori con figli che giocano nella stessa squadra, un po’ per disperazione, ma a volte anche per reciproca sintonia e simpatia, iniziano a frequentarsi anche fuori dallo stadio. Condividono molte cose, in particolare la malattia del calcio e il grande impegno che occorre per seguire l’attività sportiva dei pargoli. (Continua)

lunedì 24 febbraio 2014

Non si investe sui giovani

Il problema dei giovani talenti italiani è che non sono adeguatamente valorizzati. Lo ha sostenuto pubblicamente perfino un personaggio del calibro di Arrigo Sacchi, attuale coordinatore tecnico delle nazionali azzurre. 
Ci sono tanti giovani promettenti ma si investe poco a differenza di quanto avviene all’estero. Non vengono aiutati a crescere e chi ci riesce è spesso per merito di volontari che hanno una grande passione per il calcio. Le squadre continuano ad essere imbottite di stranieri. (Continua)