martedì 26 marzo 2013

Prima regola: non contraddire il papà di Yuri



Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Uno degli eventi più traumatici che ho subito in questi anni di dipendenza è stato causato da un altro genitore. Un tizio che rappresenta un mix perfetto tra l’uomo di Neanderland e il più cattivo stereotipo dello scaricatore di porto. Si chiama Lino, gestisce una piccola ditta di pulizie sfruttando immigrati irregolari e si presenta al campo durante gli allenamenti sempre con qualcosa di nuovo (e di dubbia provenienza) da vendere: notebook, cellulari, pentole e videocamere. Vi dico subito che abbiamo sempre ringraziato ma evitato di acquistare, anche per non correre il rischio di commettere il reato di ricettazione. Lino è pieno di tatuaggi, con una brutta cicatrice sul lato sinistro del viso e la barba spesso incolta. Insomma, è un tipo che è meglio non incontrare di notte per strada. Per una ragione a noi incomprensibile ha chiamato il figlio Yuri. È convinto che sia un campione, un bambino di sette anni destinato a giocare in Serie A. Noi non l’abbiamo mai contraddetto, anche se il piccolo in campo ci sembra un tantino impacciato. (continua)

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