Quella maledetta domenica non ho saputo resistere. Una sorta di figura mitologica ha iniziato a insultarmi con frasi molto volgari ed io non sono rimasto indifferente. Gli ho risposto per le rime alzando progressivamente il tono della voce e gesticolando. Il tipo, sempre più frustato perché nel frattempo la sua squadra aveva preso un altro goal, ha afferrato una sedia di plastica lanciandomela contro. Non mi ha colpito ma la situazione è precipitata. Io ho iniziato a chiamarlo animale, cavernicolo e poi cerebroleso. Un fiume in piena. Lui rosso come un pomodoro stava per saltarmi addosso quando è stato placcato e messo violentemente a terra come nel rugby da un gruppo di genitori che hanno cercato di calmarlo. Secondo me sarebbe stato necessario anche sedarlo con qualche potente sostanza chimica. Una scena vergognosa. A quel punto mi sono reso conto di tutta la tristezza della situazione e con la testa bassa sono andato via verso il bar, ad aspettare che finisse la partita. (continua)
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