lunedì 22 aprile 2013

Gli assenteisti e la squadra


Il calcio richiede molti sacrifici. Non bisogna esagerare ma nel rispetto della squadra è importante non saltare allenamenti, per affiatarsi, imparare, correggere gli errori e crescere insieme. Tutti devono mantenere lo stesso ritmo perché altrimenti l’effetto è quello del musicista che sbaglia nota in un concerto compromettendo l'esibizione dell'intera orchestra. 
Non sempre è possibile raggiungere questa armonia di gioco. E così, come spesso è accaduto in questi anni che seguo Luca, ci sono dei bambini che non hanno continuità. Spariscono per settimane, a volte per valide ragioni, altre semplicemente per noia o per evitare il freddo dell’inverno. Alla fine gli assenteisti ricompaiono (soprattutto con l’arrivo della primavera). 
Il punto è che gli altri nel frattempo sono andati avanti, hanno fatto progressi. Qual è l’effetto? La squadra ne risente, è costretta a rallentare per trovare un nuovo equilibrio e di conseguenza regredisce. Magari state pensando che sono un matto a raccontarvi queste storie. 
Credetemi, non è una questione di calcio. La squadra nel lavoro, nella vita, nello sport, è fatta di elementi che devono muoversi in sintonia, con un corpo e con una mente sola, contribuendo ognuno con le proprie qualità a raggiungere il medesimo obiettivo. Quando si raggiunge questo equilibrio si lavora bene e non ha importanza il risultato ottenuto in campo. 
La responsabilità comunque è sempre dei genitori. I figli sono piccoli e spetta agli adulti fare in modo che rispettino gli impegni con gli altri, con la squadra. In alternativa, ci sono sempre gli sport individuali. Adesso devo andare. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

mercoledì 17 aprile 2013

Un gioco di squadra

Il calcio è un gioco di squadra. Non bisogna mai dimenticarlo. Richiede il rispetto di se stessi e degli altri. Ho capito che i bambini devono fare non pochi sacrifici, seppur nel rispetto della loro età. Devono allenarsi all'aperto due volte a settimana indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, poi disputare la partita del week end ed essere pronti per i numerosi tornei di primavera che li impegnano giornate intere e per più incontri. Vincere non è importante ma è l’unica cosa che conta. Lo sanno i genitori e lo sanno i bambini. Nella pratica poi si accetta anche che, indipendentemente dal risultato, i bambini giochino bene, mettano a frutto tutto quello che hanno imparato negli allenamenti aggiungendo le proprie qualità individuali e tanta allegria. Quando questo non accade, in particolare nei momenti di bassa, non ha importanza se si vince con una goleada o si perde pesantemente perché comunque vada, si assiste solo a delle brutte partite. (continua) 

domenica 14 aprile 2013

Alti e bassi nel pallone


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Vi ho sempre raccontato che seguirne l’attività è davvero molto impegnativo ma tutto si dimentica in un attimo quando da dietro la rete, a ridosso del campo di gioco, vedi la squadra di tuo figlio crescere, giocare bene e divertirsi. Questa è la situazione ideale. Nel corso del tempo, però, alti e bassi si alternano. Ed è normale che accada così, altrimenti ci sarebbe qualche serio problema da risolvere. Per genitori e baby calciatori i momenti di bassa sono ovviamente i più difficili. Basta che un singolo giocatore o la squadra nel suo complesso non giri bene e magari anche un pizzico di sfortuna e mesi di allenamenti, sacrifici e progressi sembrano evaporare nel vuoto provocando uno sconforto generale. (continua)

mercoledì 10 aprile 2013

Ti faccio un provino

La famosa settimana grottesca di cui vi ho parlato, sono stato tempestato dalle telefonate in particolare di un osservatore. Un certo Alessandro Garavaglia. Aveva recuperato il mio numero di telefono privato. Voleva a tutti che Luca facesse un provino in un’importante società calcistica. Ho verificato. Era un personaggio affidabile. In genere è meglio fare attenzione ai talent scout perché ci sono in circolazione tanti millantatori che contattano le famiglie per vendere fumo e spillare denaro. Tornando a Luca, ho rifiutato anche questo provino. Ho risposto definitivamente all'allenatore di tornare a farsi vivo tra qualche anno per riparlarne. Luca è ancora troppo piccolo per certi discorsi. Garavaglia non l’ha presa bene ma sinceramente non mi interessa. Adesso devo andare. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.

domenica 7 aprile 2013

Quelli che ti selezionano i pargoli


Non sono un esperto del settore ma credo che sia sbagliato avviare una rigida selezione sui baby calciatori prima del decimo anno di età. Ci sono società che invece la fanno già a partire dai sei - sette anni. Non è troppo presto per prevedere future evoluzioni? Mio figlio Luca è stato già convocato da diverse società professionistiche, insieme con altri piccoli selezionati a livello provinciale e regionale. Non si è trattato di veri e propri provini, bensì di allenamenti particolari e intensi, probabilmente per vedere dal vivo chi magari è finito nel mirino di qualche osservatore. Queste situazioni per ora non mi piacciono, sia perché le ritengo premature, sia perché ho ravvisato che spesso una buona percentuale di bambini è selezionata per ragioni che palesemente esulano dalle capacità di coordinamento, tecnica e visione di gioco. Ma ci vuole pazienza, miei cari. (continua)

venerdì 5 aprile 2013

La spintarella nel pallone


Ciao, mi chiamo Greg e sono il padre di un bambino che gioca a calcio. Ricordo una settimana molto grottesca in cui il piccolo Luca era diventato oggetto del desiderio di diverse società. Immagino cosa state pensando: come si fa a contendere un bambino di sette anni che corre dietro una palla? 
Non sono rimasto felice per questa situazione. Mio figlio non è un fenomeno. In ogni modo, più tempo passa più comprendo che anche nel calcio diventa molto relativo essere bravo o averne tutte le potenzialità per diventarlo. Tradotto: fioccano le raccomandazioni. C’è chi riceve qualche calcio (non al pallone ovviamente) sin dalla categoria piccoli amici. Ci sono padri ricchi e influenti pronti a tutto per dare più opportunità ai loro figli nel dorato mondo del pallone. 
Agli altri, i figli di persone normali, per emergere non resta che essere dei fenomeni o se promettenti sperare in un pizzico di fortuna. Questa è l’Italia bellezza! E voi non ci potete fare niente. (continua)

lunedì 1 aprile 2013

Rissa nel post partita


Una volta dopo una partita ci siamo ritrovati in pizzeria. Al nostro tavolo si sono uniti anche Yuri e suo padre Lino. I primi 30 minuti sono filati lisci come l’olio. Soliti argomenti generali: dalla crisi economica mondiale alla classifica di serie A. Poi abbiamo iniziato a parlare della Soccer Kids, degli allenamenti, delle partite e dei bambini. 
Lino alla quinta birra media ad alta gradazione bevuta come se fosse acqua ha iniziato a dare cattivi segni di cedimento neurale, muovendosi a scatti e a parlare in maniera agitata. Molto agitata. “Yuri è troppo bravo ma in questa squadra non è capito. - ha tuonato - Non va bene. È tutta colpa di tuo figlio, il principino. Secondo me non vale un cazzo. Mio figlio è mille volte meglio del tuo”. Poi ha guardo con odio il mio Luca ed io ho provato un brivido di rabbia. A tavola siamo rimasti tutti interdetti. 
Da una tranquilla pizzata con moglie e figli nel post partita si è trasformata in uno sfogo contro mio figlio, colpevole di avere qualche qualità. Lui ha continuato: “Tuo figlio però piace di più e mette in ombra il mio che è più bravo. Quindi o lo porti in un’altra squadra o porto via il mio. Non possono più giocare insieme”. 
A questo punto del suo grande discorso ha iniziato a battere i pugni con forza sul tavolo e ad alzare la voce cercando la rissa con me. Sono dovuti intervenire il gestore, due camerieri e un nutrito gruppo di genitori per farlo uscire dal locale. Sembrava di assistere alla scena finale del film “Gli Intoccabili”, mentre in tribunale viene portato via con forza un agitatissimo Al Capone interpretato magistralmente da Robert De Niro. 
Non ho più visto Lino e il suo piccolo Yuri. Mi hanno detto che continua a comportarsi molto male e a cambiare società ogni tre mesi perché nessuno capisce il grande talento calcistico del figlio. Adesso devo andare. Buona terapia a tutti. Continuerò a raccontarvi queste storie alla prossima seduta.