martedì 24 novembre 2015

C’è chi viene e c'è chi va

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Sono trascorsi sei anni da quando Luca ha iniziato a tirare calci al pallone. Si sono incrociate molte vite e molte storie. E inizio a non ricordare più tutti. Ogni anno, anche quando si rimane nella stessa società, le formazioni si rinnovano, si perde per strada qualche ragazzo perché ha deciso di cambiare, di smettere o ancora è stato cortesemente invitato ad andarsene. Ne arrivano dei nuovi con la propria chiassosa ciurma di sostenitori: genitori, nonni, zii e perfino vicini di casa. La bellezza del calcio giovanile è che ti fa incontrare tanti genitori, alcuni diversamente simpatici, altri con cui si innescano spontaneamente grandi amicizie. Non sempre però durano nel tempo, soprattutto a causa di forze maggiori. Luca, per esempio, aveva legato in particolare con tre suoi compagni di squadra che adesso non sono più in squadra: uno ha cambiato società e due si sono trasferiti altrove e precisamente in Germania e in America. Le loro famiglie per motivi di lavoro si sono dovute trasferire all'estero, sono emigrate. I social aiutano a mantenersi in contatto, a scambiare ricordi e nuovi momenti di vita ma non è la stessa cosa. Non si è più insieme campo dopo campo per i 10 mesi che dura una stagione calcistica. Non si è più insieme a condividere emozioni, birre e salamelle. Ma i contatti si perdono anche quando un ragazzo si trasferisce in un’altra società calcistica della stessa città. È inevitabile, si entra in un altro girone infernale che detta tempi e regole con nuovi ragazzi, dirigenti e genitori. (continua)

martedì 17 novembre 2015

Come ti drogo il pupo

Quando un ragazzo si infortuna ogni genitore reagisce in maniera diversa. Il denominatore comune, una volta assicurato che non si tratta di nulla di grave, è il dispiacere per il periodo di riposo forzato ma necessario. Si interrompono abitudini e tutto quello che ogni settimana riserva il pazzo circo del calcio giovanile. È vero che magari il ragazzo, se le condizioni lo permettono, potrà andare a seguire le partite e stare in panchina con i compagni di squadra. Ma non è la stessa cosa, anzi forse  è peggio. Lui freme, vorrebbe essere in campo, partecipare all’azione. Ci sono genitori che capiscono la situazione, rispettano le indicazioni del medico e cercano di rendere tutto il meno pesante possibile per il pargolo. Altri assatanati invece pur di fare tornare il più presto possibile il figlio in campo, in barba alle indicazioni mediche e soprattutto al buon senso, drogano il proprio figlio nel senso che lo riempiono di antidolorifici, creme, unguenti misteriosi, cerotti speciali e ricorrono anche a riti magici, benedizioni divine o a consulenze mediche dei marziani. Il risultato? Se va bene il ragazzo riprende l’attività normalmente, in caso contrario peggiora il suo stato con l’aumento del periodo di fermo questa volta obbligatorio di almeno un mese. È vero, certi genitori dovrebbero essere lobotomizzati. Vi ho detto tutto per questa seduta. Alla prossima cari amici di terapia.

giovedì 5 novembre 2015

Ecco i primi infortuni

In campo i bambini di 11 anni alti 180 centimetri fanno paura. Sembrano uomini ma hanno ancora la vocina. Qualcuno per fortuna ha una corporatura normale ma in ogni modo con questi scatti di crescita iniziano anche i guai fisici, gli infortuni in partita e durante gli allenamenti. Anche Luca ha avuto il suo primo infortunio in allenamento ed è rimasto fermo 20 giorni. Durante un esercizio si è stirato un muscolo della gamba. Stop immediato e serie di visite dallo specialista con esercizi progressivi per favorire la ripresa. Ho così scoperto che questa è una fase delicata per i ragazzi, il loro corpo è in continua crescita e soprattutto i più sviluppati si devono scaldare bene per non correre rischi. Il problema è tenere a bada un mostriciattolo di 180 centimetri abituato ad allenamenti intensi e partite ogni settimana. Il pupo a casa si sente in gabbia. Non scarica energia, diventa matto e fa disperare tutta la famiglia. Bisogna avere tanta pazienza e chiedere l’aiuto della Madonna e di tutti i santi per andare avanti e superare il periodo di riposo forzato. (continua)