venerdì 1 marzo 2013

Mamme, risse e altre catastrofi


È la finale del torneo. La squadra di Luca è imbattuta. I palchi sono pieni di genitori esagitati. C’è un rumoroso gruppo dell’altra squadra che improvvisa cori da stadio, un papà che ogni tre per due suona un’assordante tromba e, non molto distanti dalla mia posizione, tre mamme all'apparenza molto tranquille rispetto al resto della comitiva. Sono sedute sui gradini in silenzio tenendo le ginocchia congiunte con la borsa sopra. È iniziato l’ultimo tempo. Le squadre sono in una situazione di parità. Bisogna vincere per conquistare il primo posto. Luca segna il goal del vantaggio. La situazione si surriscalda. Una delle tre mamme si volta verso di me e gli altri genitori della Soccer Kids. “Certo che i vostri figli sono troppo aggressivi”. Nessuno le dà retta, pur provando un certo senso di fastidio, qualcosa che si muove nello stomaco. Lei insiste. “Il numero 10 è proprio un animale, dovreste mandarlo a fare rugby. È ovvio che con un fisico così nessuno riesca a fermarlo. Lo riempite di anabolizzanti?”. Sta parlando di mio figlio, ma faccio finta di niente. Non voglio cadere nella provocazione. Lei insiste. “Il numero 5 invece sembra un paraplegico. Guardate che impacciato, ci vuole coraggio a farlo giocare in una squadra”. Sta parlando di uno dei difensori della Soccer Kids, la cui mamma ha sentito tutto. Infatti, si volta verso di lei e le urla: “Brutta stronza, ripeti ancora quello che hai detto. Paraplegico ci sarà tuo figlio”. L’altra afferra la borsa come un’arma, la ruota nell'aria e la colpisce a un fianco. È la fine. (continua)

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