Cari amici di terapia, sono il papà di un ragazzo che gioca a calcio. Alti e bassi sono una costante in questo mondo e non faccio riferimento all'andamento del campionato, ma agli equilibri emotivi tra gli adulti.
I ragazzi come sempre si arrangiano da soli. A loro basta tirare calci al pallone, farsi due risate nello spogliatoio e sono contenti. Il dark side del calcio giovanile è sempre quello rappresentato dagli adulti, siano essi i genitori, dirigenti sportivi o gli allenatori.
I periodi di serenità sono l’eccezione, in un mondo dove gli eccessi comportamentali degli adulti la fanno da padrona. Anche adesso che i ragazzi sono cresciuti e spesso in altezza hanno ampiamente staccato i genitori, c’è sempre una mamma apprensiva e invadente o un papà grande esperto di strategie di gioco e dei misteri della vita, che deve fare le pulci su ogni cosa: dalla formazione alle tecniche di allenamento; dal ruolo dei singoli calciatori all'alimentazione sostenibile; dal colore dei fazzoletti di carta del mister alle condizioni meteorologiche. Il loro figlio casualmente è sempre quello perfetto che fornisce un apporto determinante alla squadra. Quando lui è in campo si ha a prescindere la migliore delle formazioni possibili e si vincono tutte le partite.
Come se non bastasse, poi ci sono mister malati di protagonismo o di grande creatività, quelli che dicono Arrigo Sacchi “me lo magno” a colazione e Antonio Conte a merenda.
E i dirigenti? Dovrebbero fare da ponte tra ragazzi, allenatori, società e genitori e, come nelle missioni dell’ONU, essere a prescindere portatori di pace con il ramoscello di ulivo in bocca. Invece, spesso tra i denti hanno il coltello e nelle mani una tanica di benzina pronta per incendiare ulteriormente situazioni già critiche. È un circo, uno spaccato sociale dell’Italia di oggi, un mondo grottesco da fare studiare nelle università. (continua)
Nessun commento:
Posta un commento