Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. A volte le situazioni che si verificano tra mister e squadra o un singolo baby giocatore mi ricordano i tempi della scuola con luci ed ombre. Un mister dovrebbe essere prima di tutto un bravo formatore come un insegnante: non troppo amico dei ragazzi e neanche troppo rigido. Dovrebbe capire di calcio e questo non sempre è scontato. Il suo lavoro è contribuire alla crescita del singolo giocatore e della squadra nel suo complesso. Dovrebbe poi essere imparziale, non fare differenze. È giusto che usi la tecnica del bastone e della carota, purché agisca con cognizione di causa: la carota quando serve la carota e il bastone quando serve il bastone, altrimenti è un disastro. Non sempre ci riesce. Non è una macchina, ma un uomo e come tale è sacrosanto che possa commettere qualche errore. Come per un maestro di scuola, giriamola come vogliamo, anche il mister ha i suoi preferiti e quelli per cui invece nutre una certa insofferenza. Emozioni negative che a volte riesce a nascondere, altre meno. Il punto è che un ragazzo più cresce, più comprende cosa gli accade attorno e non c’è storia che tenga. Non c’è papà, ovviamente faccio riferimento a quelli che hanno almeno più di due neuroni nel cervello, che riesca a sdrammatizzare le situazioni spiacevoli. Capisce davvero tutto, anche quando un mister non gli dà fiducia e anzi alimenta a dovere certi processi negativi il cui unico scopo sembra demotivarlo e basta. È pur sempre la storia di un adulto “contro” un bambino, in cui il primo vince facile e il secondo perde. Situazioni queste che spesso sono la causa prima dell’abbandono del calcio. Alcune società, professioniste e non, si stanno attrezzando introducendo adeguate figure professionali, come formatori per adulti e motivatori per i ragazzi, che possono intervenire per arginare in tempo eventuali problemi. (continua)
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