L’altro giorno ho parlato con Aldo, il papà di un ragazzino che ha la stessa età di mio figlio e che come lui da anni condivide la passione del calcio. L’ho trovato davvero molto esasperato. Mi ha tenuto più di un’ora al telefono per raccontarmi quanto è stata brutta la stagione sportiva per colpa di un mister poco professionale e amico degli amici. In sostanza in un anno ha fatto giocare di più i figli degli imprenditori che hanno fatto da sponsor alla società e quelli degli amici con cui è entrato in confidenza trascorrendo con loro serate nei pub del territorio a mangiare e bere fiumi di birra (ovviamente a sbafo).
Un rapporto sbagliato che ha avuto tutta una serie di effetti collaterali, per esempio gli amici degli amici sono arrivati a decidere la formazione di ogni partita, chi lasciare sempre in panchina e indipendentemente dalle condizioni fisiche, dal comportamento e dal talento.
Eppure il figlio di Aldo, gioca in una delle società più blasonate del milanese, che fino a qualche hanno selezionava e premiava solo in base ai risultati. Le cose cambiano e oggi basta qualche contributo economico e un bicchiere di birra per vedere il figlio giocare ininterrottamente, perfino quando ha una gamba spezzata o corre controcampo verso la propria porta. Il problema è che il figlio di Aldo, che adesso ha 13 anni, non si può "fregarlo" con qualche storiella per sdrammatizzare. Capisce tutto e dopo una stagione in cui è stato discriminato, lasciato ai margini per favorire gli amici degli amici, ha iniziato a perdere l’amore per il pallone. L’augurio di suo padre è di convincerlo a continuare in un'altra società e a trovare nuovi stimoli. Speriamo bene. (Continua)
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