sabato 9 aprile 2016

Domande e Risposte

Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. L’altro giorno a fine partita un altro papà nel pallone, con gli occhi, il volto e soprattutto il cervello segnati da anni di allenamenti e partite dietro il pargolo mi ha fatto delle domande cui inizialmente non ho dato il giusto peso. Non gli ho risposto preferendo borbottare qualcosa per sviare il discorso e poi sono scappato subito via non appena il mio Luca è uscito dagli spogliatoi. 
Mentre ero in macchina guidando verso caso le domande mi sono tornate in testa e ho capito che erano importanti. 
Di cosa si tratta vi starete chiedendo? Adesso vi racconto tutto: l’altro papà mi ha chiesto prima se mio figlio si diverte ancora a giocare a pallone e poi qual è stato il momento più brutto in questi anni di dipendenza di genitore tifoso. Luca ha 12 anni ed ha iniziato a tirare calci a pallone dal primo anno di scuola primaria. Fare in pochi minuti il punto su sei anni di storia non è stato facile. Ecco che cosa ho pensato. Mio figlio è passato troppo presto da una squadra normale senza troppe pretese a una squadra più blasonata e competitiva e già dall’età di 7 anni, cioè da quando era ancora un microbo, ha dovuto fare i conti con selezioni spietate, ritmi elevati e dosi massicce di combattività iniettate nella corteccia celebrare dal modello di allenamento. 
Ricordo ancora con un certo stupore quando giunto al primo anno della categoria Pulcini sono stati mandati a casa 9 suoi compagni di squadra perché non ritenuti adeguati. 
Tradotto: non ci servite più, non siete abbastanza competitivi, toglietevi gentilmente dalle palle. In teoria tutto questo non potrebbe accadere ma l’Italia è il Paese dei se, dei ma e anche dei forse. Detto questo non posso negare che mio figlio si è comunque sempre divertito e le sue naturali doti naturali si sono raffinate nel tempo. (Continua)

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