Ciao mi chiamo Greg e sono il papà di un bambino che gioca a calcio. Con la pausa estiva si pensa di uscire dal tunnel per qualche mese ma non si stacca mai veramente. La stagione calcistica del bambino è terminata, così come la scuola. Una famiglia dovrebbe godersi in santa pace la tregua di due mesi lontano dai terreni di gioco, dai genitori assatanati che fanno il tifo, dal grottesco circo in cui spesso gli adulti trasformano questo favoloso sport. Invece, è solo una tregua apparente. Si inizia nel centro estivo, dove i bambini trascorrono le prime settimane di vacanza. Inevitabilmente, tra le attività ricreative, è contemplata anche quella calcistica. In fondo, basta un pallone e un minimo di spazio per disputare una partita e se poi il centro è dotato di due campi di calcetto non si salva nessuno. Ed ecco formare subito squadre e tornei per passare intere giornate a tirare calci al pallone. L’unica nota positiva è che nel centro non ci sono i genitori e almeno in questo caso i bambini risolvono tutto da soli, dalle scaramucce alla gestione del gioco. Qualche scivolone, qualche battibecco e le solite mani alzate urlando a squarciagola “goal” quando si segna. Tutte le altre attività vengono dimenticate e in fondo per gli animatori del centro estivo va bene così: in un colpo solo si liberano di almeno venti bambini che per ore corrono dietro il pallone fregandosene delle alte temperature. (continua)
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